Interviste MikeOldfieldhafattoundisco:ommadonna! Una casa in campagna, i piedi scalsi e molta fiducia nelle sue future produzioni; Mike Oldfield, al suo terzo album, Ommadawn parla con Muzak Chi ha già provato a intervistarlo sa bene come con lui sia estremamente difficile, se non impossibile uscire dalla routine di: « mah ... beh, non so... credi? mm... » Oldfield è oggi una delle fi. gure più autorevoli della scena musicale internazionale con un disco, da più di un anno nelle classifiche americane, che, dopo essere stato numero uno per molti mesi, è ancora numero dodici oggi. Il successo di Mike Oldfield ha consentito, tra l'altro, alla Virgin, l'unica casa che al tempo si fidò Mlke Oldfleld di incidere e distribuire Tubular Bells, di entrare nel novero delle case discografiche più grosse, partendo da una situazione spiccatamente « artigianale ». Oggi Oldfield è ancora l'uomo di punta della Virgin e non a caso per lui si prenotano servizi fotografici con il grande David Baley, mentre il resto della produzione è ancora curata in modo pressapochista e con mezzi modesti. I capelli tagliati con la « tazza », la maglietta bucherellata, i jeans stinti e i piedi scalsi, Mike Oldfield stupi26 sce tutti quando sale sulla sua lussiosa Mercedes bianca. Pare al di sopra di ogni sospetto, per chi lo conosce, la sua buona fede, l'ingenuità e la freschezza che fanno perdonare alla sua produzione un certo tecnicismo, e alla sua vita privata parecchie incongruenze. Mentre Oldfield, col suo recente Ommadawn va rinforzando il personaggio musicale messo in forse dall'uscita del poco efficace Hergest Ridge, Muzak lo ha intervistato a Londra, perché fosse lui stesso a raccontarne la storia. Parla Mike Oldfleld Avevo detto già dopo Hergest Ridge, che non avrei più fatto lavori epici e invece eccolo qui, il mio ennesimo ( il terzo veramente) lavoro di largo respiro: cosl va il mondo. Ommadawn, il titolo, non significa proprio niente. L'ho trovato scritto da un mio amico su un pezzetto di carta in studio quando già avevo iniziato a incidere l'album: liberi tutti di dargli il significato che preferiscono. Il lavoro vero Note su Mike Oldfield Le prime cose vengono da Kevin Ayers, cui Oldfield deve certo amore per la chitarra elettrica ed un po' di pazzia « outer London ». In più, Oldfield partecipa alle registrazioni dei primi albums di Kevin, che ritroverà poi in occasione di « June '74 r,, durante la registrazione del concerto « emarginato » più famoso d'Inghilterra. Nel contempo Mike lavora allo sviluppo tecnico di strumenti tradizionali della storia europea e non tradizionali della scuola indiana, più propriamente legata al buddhismo Mahajano - ed allo uniformarsi di certe matnc1 rock contemporanee con studi sinfonici di origine classica (tedesca). e proprio, quello mass1cc10, e cominciato a gennaio. Tutto è partito, come spesso capita alla mia musica, da due pezzetti che già da qualche tempo andavo suonandomi con la chitarra acustica, stavano così bene insieme che... Come di consueto (mi era capitata una cosa analoga mentre incidevo Hergest Ridge) non ho avuto eccessiva fortuna nel lavoro in studio tanto è vero che mi è toccato di incidere il primo lato due volte. C'era qualcosa che non andava col nastro. Non so, probabilmente l'avevo mandato troppe volte avanti e indietro fatto sta che quando ho risentito la cosa finita era tutto rallentato. Sono rimasto scioccato perché avevo deciso che quella prima incisione doveva essere quella buona e cosl sono uscito e mi sono ubriacato. Del resto esco e mi ubriaco anche quando non mi capita nulla e incidere il lato « A » due volte è stato tutto sommato un bene perché la seconda volta è venuto molto meglio. Ho preso l'abitudine di speculare a posteriori sul mio laAl di là del creare nuovi « moti wagneriani » Oldfield esordisce con Tubular Bells, dove i caratteri predetti trovano terreno fertile nella felicissima e strana struttura suitistica condotta dal dialogo e l'interazione continui d'ogni strumento interprete. Le magie che ne escono vengono poi riprese, sviluppate e forse cristallizzate nella seconda opera, « Hergest Ridge », dove Oldfield si morde un po' la coda, ma con molta eleganza. Il terzo solo « Ommadawn » la riedizione di « Tubular Bells » nella versione condotta da David Bedford, amico e maestra ( insieme a Riley forse), un quarantacinque « St. Alfonso », chiudono una discografia fondamentale per la nuova musica inglese.
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