Muzak - anno III - n.08 - dicembre 1975

Note su Robert Wyatt Alcuni accenni sulla vita di Wyatt: nel 1963 inizia con i Wilde Flowers quel movimento di ricerca musicale che viene erroneamente definito «scuola di Canterbury », sperimenta la simbiosi fra jazz, musica elettronica e concreta, elabora studi sul be bop di Thelonius Monk e Charlie Parker in particolare, sulla possibile compenetrazione della musica nel colore e da ultimo nella luce ( « flusso d'energia immateriale », nelle sue parole), sulla conseguente ricezione e risposta immediata del pubblico. Dal 1967 suona con la Soft Machine in centri di ricerca, in galleria d'arte, accompagna in tournée Jimi Hendrix e si associa nell'esperimento visivo a Mark Boyle, creando uno spettacolo « totale » chiamato Sensual Laboratovinzione, evitano in ogni modo la disfatta. Roek Bottom è un altro atto essenziale al progresso della musica contemporanea. Vogliamo sottolineare l'importanza del Wyatt più recente, l'uomo che ha stima incondizionata per il gruppo Henry Cow, l'autore di Ruth is stranger than Richard, il collaboratore di Carla Bley, Mike Mantler e Edward Gorey in un lavoro di prossima pubblicazione: egli si è staccato dalla pura ricerca per adeguarsi a canoni da lui sperimentati. Alle sonorità ry. I tempi del « diverso a tutti i costi » hanno punto nel 1967 all'avvenimento globale di Saint Tropez. Ma la ricerca di uno sbocco musicale oltre il « jazz » e il « country rock », se con i termini intendiamo l'aspettare canonizzato di tali « generi », è appena iniziata. E Bob Wyatt sarà un passo avanti agli altri. Poco prima di collaborare al quarto album della Soft Machine, Wyatt realizza da titolare End of an Ear, sul quale appare una autodefinizione: « Cantante di pop disoccupato ». Sono presenti all'incisione amici di Canterbury e svariati nomi del jazz inglese, fra cui Phil Miller e Nick Evans. Alla fi. ne del '71, Wyatt forma Matching Mole, con i quali incide due LP. Il gruppo, ad organico aperto, vede inizialmente l'apporto di David Sinclair alle tastiere, poi sostituito da Dave Mc Rae, 21 Bill Mc Cormick al basso e Phil Miller alla chitarra. Appena iniziata la stesura del terzo album, con Gary Windo al sax e Francis Monkman a chitarra e sintetizzatori, Wyatt cade dal balcone di una villa, perdendo quasi completamente l'uso delle gambe. Il Wyatt di ora è diverso, più maturo, evoluto. Non sta a noi entrare in merito alla sua personalità, non abbiamo nè il diritto nè la pretesa di farlo. Solt,mto che la sua opera, dall'angoscia intellettuale degli inizi, si è trasformata. Wyatt è consapevole del suo stato, e da tale continuerà a comporre e a suonare. E' ancora fra i massimi artisti contemporanei in grado di comunicare alle masse, anche se l'ultimo album da titolare, Ruth is stranger than Richard, appare come il più sofferto e radicale dell'intera sua produzione. inusuali preferisce comunque il timbro di un pianoforte, segno di maturità acquisita, all'impazienza di progredire sostituisce una seria applicazione. Ci si trova di fronte a un Wyatt costante, almeno nella scelta dei metodi da adottare. Egli ha svolto le intuizioni geniali connesse al « momento » e le ha fatte logica. La sua musica s'è rivolta di conseguenza: dal jazz e dal pop seguita a trarre il proprio linguaggio pur mantenendosi al di fuori di essi. Questo non significa indecisione, ma reale impegno, impossibilità da parte di Wyatt di rimaner legato all'uno o all'altro aspetto musicale, sia nella forma che nei contenuti che man mano gli si crede di attribuire con esattezza. Ruth is stranger than Richard è opera di non minor valore delle altre e la propria intima coerenza è effettivamente più sottile, più difficile da cogliere. Fra le parti di pianoforte e voce, fra un'indicativa Song for Che scritta dal jazzman Charlie Haden per la sua Liberation Music Orchestra, fra Solar Flares ed un brano ispirato dal compositore Offenbach, si coglie la volontà di una po9izione intellettuale. Non più il Wyatt « alla ricerca di una nuova terra », dunque anche se, di tanto in tanto, ama ancor la beffa e la dissacrazione, ama ancora distruggere e osservare senza aver voglia di costruire. Mauro Radice

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