Muzak - anno III - n.07 - novembre 1975

Davanti a questo la democrazia si ferma. Del resto, io credo, democrazia non vuole dire non avere dei nemici. Io la penso così: il diballito continuerà sul prossimo numero con un'inchiesta sulla violenza e, spero, altre lei/ere. Lidia Ravera Leggo con un certo stupore nell'articolo su Licola (Muzak 6) otto righe che mi riguardano e che riporto integralmente: « dal palco centrale Tony Esposito risveglia gli entusiasmi sopiti da Pierino Nissim del Teatro operaio autore ed esecutore del volenteroso quanto ridicolo « Tié Fanfani » ( il verso seguente suona circa così: « affanculo ti manc1erò » ). Rispondo brevemente (sul primo non lo volevo fare} perché mi sono sentito offeso. Offeso! ullallà, parole grosse. Certo, offeso e anche amareggiato (umiliato no, se no scriverei un romanzo peraltro già edito) per la maniera scorretta, gratuita e anche superficiale con la quale vengo criticato, se di critica si può parlare. Tanto per cominciare questo sopore generalizzato durante le mie canzoni sinceramente non mi risulta (e chi canta è il primo che si accorge della attenzione o no di chi l'ascolta, della « presa » sul pubblico, se ne accorge come percezione fisica, palpabile). A meno che l'articolista distratto non abbia preso l?er sonnolenza il silenzio rabbioso della gente durante canzoni che parlavano di due compagni morti (ci sono anche loro, certo, e sono morti scomodi, ma per i padroni non noi. Mai, in nessuna circostanza credo, nemmeno a Licola). Quanto alla canzone « Tié Fanfani » è una canzone nata durante la campagna per il Referendum e faceva parte dello spettacolo « Processo alla DC » che il Teatro Operaio ha portato in giro nei paesi del sud in quel periodo. La canzone chiudeva lo spettacolo sintetizzando un po' i temi toccati. Le strofe (perché ci sono anche le strofe - qualcuno dirà: « volenterose quanto schematiche - ») suonavano pressapoco cosl: « La DC deve pagare sei milioni di emigranti / li ha divisi tutti quanti senza farli divorziare » ... deve pagare per la violenza che subiamo, per lo sfruttamento, la miseria, insomma la DC deve pagare. Il ritornello poi era appunto « tié Fanfani affanculo ti manderò » che piaceva molto, ma proprio molto, tutti ridevano, lo cantavano, lo scandìvano con le mani, bambini, vecchi braccianti, donne proletarie, e tutti avevano l'aria divertita e soddisfatta perché ascoltavano da noi quello che volevano esprimere loro (eh, purtroppo il popolo è fatto così, facilone, ci metti la parola un po' azzardata, un po' sconcia e ride subito, come per le barzellette ...). Non vedo in tutto questo, né nella canzone, niente di velenoso né tantomeno di ridicolo, a parte il personaggio - Fanfani -, ma non era a questo che Muzak alludeva. Purtroppo. Dunque una canzone datata, che ha avuto una sua « funzione » e una sua storia e in questo spirito l'ho presentata e cantata· a Licola, ma nell'articolo questo non compare. Un'aggiunta per gli - esperti: la canzone in causa non l'ho seritta io, ma Enzo Del Re. Io la sottoscrivo, come la sottoscriverebbe il compagno Fortunato, di Ururi, se non fosse morto pochi mesi fa. ~Chi era Fortunato? Un compagno eccezionale, un giovanotto di settantadue anni, sveglio, tenace, proletario comunista. Fate bene attenzione, non una Luigina da mitizzare e imbalsamare, ma un rivoluzionario, militante di Lotta Continua, alla testa delle occupazioni delle terre nel dopoguerra, poi emigrato in Francia (ha vissuto pure il Maggio), e che si alzava all'alba per andare con i compagni ai picchetti davanti alla Fiat di Termoli. Sono stato a ritrovare Fortunato nell'aprile scorso, ma purtroppo per la malattia e per l'età non si ricordava più di me. Ma un po' alla volta si ricordava delle nostre canzoni e gli ribrillavano gli occhi e me le ricanticchiava con gusto: « ministro dei trasporti è Guido Corbellini / se magna li binari, la stazione, i treni e tutti li traversini » (le aggiunte sono sue: l'aveva rimpolpata ...) e poi ancora: « Tiè Fanfani, referendum voterò no! ». Come vedete non ho seri 110 una arringa, una difesa strettamente personale, ma una « difesa » del mio lavoro, delle cose che faccio e soprattutto di coloro che di questo lavoro fruiscono, migliaia di proletari, giovani e anziani, che hanno assistito in decine di paesi ai nostri spettacoli, attenti, critici, ora commossi ora divertiti. In verità mai sopiti. E sinceramente non ritengo giuste 7 che su tutto questo, su me e su loro, ci sputi sopra con tanta leggerezza in otto righe uno scribacchino anonimo (o l'articolo è del collettivo redazionale? Nel qual caso « affanculo anche Muzak »). Piero Nissim La lettera di Piero Nissim giunge a proposito. Sul prossimo numero di Muzak, infatti, ci sarà un ampio dibattito sullo stato e le prospettive della canzone politica. Il nostro disaccordo, comunque, con l'ultima produzione di Nissim è, ci spiace dirlo, totale. E ci sembra un excusatio non petita, come si dice, ricordare l'importanza squisitamente politica della tournée meridionale del Teatro Operaio in occasione del referendum sul divorzio. Conosciamo Pierino da tempo e sappiamo quanto egli ha dato al movimento come militante e come cantante di battaglia prima del Canzoniere Pisano, poi con con il Teatro Operaio e in generale nella milizia politica nella sinistra. Tutto ciò, tuttavia, non ci impedisce di affermare che le canzoni da lui cantate a Licola sono decisamente e senza speranza quantomeno arretrate e al limite della dignità musicale e politica. Troviamo indegno, per esempio (e proprio per il rispetto di quei morti che Nissim mette a paravento delle critiche), rifare l'elenco sbiadito e umiliante degli ultimi compagni assassinati sulla musica di Morti· di Reggio Emilia, sostituendo meccanicamente un nome con un altro quasi che questi compagni non meritino una creazione artistica originale. Troviamo scorretto il riferimento al proletario Fortunato, maschera troppo comoda, vecchio vizio da combattere e sradicare in tanta sinistra perché dietro c'è solo il populismo e fra populismo e disprezzo delle masse il passo è breve. « Il popolo è fatto così, facilone, ci metti la parola un po' azzardata, un po' sconcia, e ride subito ... » Scrive Nissim. Una frase scivolosa, che vuole ironizzare e i:zvece scopre il vero gioco: non far crescere questo mitico « popolo », non farlo maturare ma continuare a dargli la peggior sottocultura da caserma, quella sottocultura che la borghesia gli ha imposto per secoli. Se questa, secondo Nissim, è la funzione de/l'artista allora il nostro non è solo disaccordo ma antagonismo. Se poi egli è solo un comiziante con chitarra, crediamo che anche la maturazione politica passi per altre prese di coscienza che non la battuta (diciamocelo ormai scontata e fatta propria anche dai qualunquisti) contro Fanfani. Né musica, né politica, dunque: da qui la nostra non critica (per questo solo poche righe...) ma la nostra profonda insofferenza. o c ~ Q) ~ c ·- - - «i "C Q) .e o c ns a> U) o 0. o "C ns :a c - - Q) a>- ~ C) nsc c N •- •- N ·- c C•- .,2 o o-e oc ns .. .. Q) ~ cu "C c cu ~ ~ ~ c a> Q) cu > ~ o o "C ·- "C c f6 c ~ o= oc ns c ~ ~~ ~ Q) a,_ a,m 0. C) 0. ·- w z o :::e c.. o >< e :i:

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