Miti&riti Dont'bogart thatjoint myfriend Si svuotava piano piano la Marlboro, facendola scorrere fra due dita. Poi con questa cannuccia vuota con fil. tro s'iniziava l'opera contraria: riempirla attentamente. Un po' di tabacco, un po' di hashis bruciato nella carta argentata per ridurlo in piccolissimi frammenti, quasi in polvere. Poi togliere, con delicatezza, il filtro, sostituirlo con nn pezzetto di cartoncino arrotolato. Il capolavoro era fatto. Non c'era abilità particolare, solo pazienza ( la virtù dei forti). Ecco, cosl è il mio ricordo dei primi spinelli sessantotteschi. I cannoni, quelli fatti con tre cartine, due parallele e una perpendicolare, son venuti dopo. Il rito si consumava in fretta. di nascosto, con l'aria che hanno in genere gli adolescenti quando fumano la prima nazionale. Forse più il senso del proibito che il gusto reale della « droga ». Forse nemmeno sostitutivo del vino che il sabato sera bevevamo nelle orribili pizzerie dove tentavamo, inutilmente, di ricostruire una socialità che non era certo facilitata da quel morire dell'esperienza comune del '68. Si sfasciava una stagione della nostra crescita, se ne apriva un'altra: ma all'hashish non davamo certo un valore risolutivo. Un fenomeno da élite studentesche, da medio-piccola-borgresia cittadina. Un fenomeno marginale. Nessun paradiso artificiale. Una dolcezza, piuttosto, una pacatezza tutta particolare che non era freno né alle parole né alla vita normale. Potevi parlare con tua madre an58 che strafatto, al massimo si stupiva degli occhi un po' arrossati, ma andare in motocicletta poteva essere un alibi. Nessuna mistica: l'america non era ancora arrivata che per pochi. C'era o non c'era la « roba » non cambiava il nostro modo di stare insieme o da soli. Non ci si vedeva per fumare, non si discettava con competenza su libanesi, marocchini e afgani di colori variabili, come le poche lire che avevamo in tasca non ci permettevano di scegliere fra il barolo e il frascati. E non era nemmeno un modo di stare insieme, si faceva quando si stava insieme, punto e basta. Poi il quadro mi cambia rapidamente sotto gli occhi. Molti di noi allontanati da quell'esperienza, magari per la pigrizia di procurarsela, per occasioni mancate più che per scelta consapevole. Altri invece passati da quelle sigarette svuotate e riempite, piano piano con mostruosa escalation, a siringhe riempite e svuotate. Alcuni in galera, pochissimi, forse nessuno, a continuare con quel ritmo pigro e distaccato dei nostri primi spinelli tutti storti e mezzo-vuoti. Una domanda che ci colse impreparati e ci angosciò quella escalation era un processo naturale? E noi perché ne eravamo rimasti fuori? Una domanda che oggi mostra le conseguenze del fatto di non essere stata soddisfatta con una risposta. E la risposta c'era. Il salto era stato « culturale ». In noi legati, bene o male, alle grandi lotte di quegli anni, qualcosa s'era rifiutato di costruire un'ideologia di fuga, un minimondo a nostra (povera) immagine e somiglianza. In altri più deboli, scacciati dalla progressiva chiusura dei « gruppi » dalla politica, più bisognosi di trovare punti certi, fossero anche piccoli momenti di euforia che costruivano poco a poco la morte. Sullo scoglio della droga il '68 si infranse, lasciando passare il moto dell'onda in chi lo superava, ma lasciando anche molti di quei frammenti di acqua a evaporare sulle rocce. E anche il rito dello spinello, con quel tanto che reinseriva di abilità e concorrenzialità, di esperti e inesperti, di strafatti e pivellini, divenne la brutta copia delle buone vibrazioni. Sostitul la comunicazione, non con affetto o comprensione ma con un nulla a cui restava (ultimo appiglio alla realtà) una sigaretta che passava di bocca in bocca, in una socialità che si faceva il verso, incapace di divenire nuova comunicazione. « La marijuana non fa niente - dice un manifesto per le vie di Milano - chissà se si annoia ». La marijuana probabilmente no, perché le cose non si annoiano. Ma gli uomini si, e sarebbe veramente noioso se la marijuana invece di essere una cosa come tante, un piccolissimo piacere di ogni tanto, fosse il centro della nostra vita, la sostituisse, fosse l'unico sistema per stare bene e vivere con gli altri. Giacomo Marana
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==