Proseguiamo quel nostro discorso sul fumetto per arrivare, attraverso alcuni esempi concreti, a una definizione complessiva di quello che è il suo ruolo « politico » e a un giudizio, programmaticamente unilaterale e partigiano, sugli autori che esplicitamente politici sono o si dichiarano. Parliamo di Renato Calligaro. Non è notissimo, ma le sue tavole compaiono da molti anni, sia pure a periodi alterni, su Linus e ha al suo attivo due libri; il primo, edito da Savelli, è intitolato « Rosso e no », il secondo « Cambia o non cambia » è stato edito recentemente da Feltrinelli. Per motivare il giudizio che daremo su questo autore, una premessa è necessaria, anch'essa forzatamente unilaterale: noi crediamo alla funzione «pedagogica » e « politica » dell'intervento culturale attraverso la parola illustrata e la rappresentazione figurata dei concetti; crediamo enormemente ad esempio, nella funzione della grafica. Questo senza bisogno di scomodare Majakovskij, ma limitandoci a considerare l'uso che di questi strumenti fa la borghesia e alla possibilità quindi di rovesciarne il loro segno e i loro scopi. Detto questo, è conseguente il fatto che quando parliamo di fumetto politico pensiamo - in bene e in male - alla sua diffusione di massa, alla sua circolazione capillare e al fatto che esso costituisce, per larghi strati popolari, l'unica forma di comunicazione scritta. E' con questa ottica che consideriamo, quindi, i singoli prodotti: quelli diretFumetti Trai gruppei ilpartito nonmettereildito tamente antipopolari (e pensiamo da una parte, al Candido e dall'altra alla giungla dei fumetti porno-sadooscurantisti di cui in futuro diremo) e quelli, al contrario, che si collocano all'interno di un movimento culturale progressista e antifascista (ed è per questo che, prima o poi, tesseremo doverosamente le lodi del grande Forattini). Dunque, Calligaro. Non consideriamo qui i suoi passati; fino al primo libro erano sicuramente ottima cosa, ricchi di spunti e sorretti da un disegno per una volta finalmente originale (e sottilmente « latino americano »); ed è suo il merito grosso di avere illustrato l'antimilitarismo contemporaneo, di esser stato il primo pittore delle lotte dei soldati, riprendendo una tradizione gloriosa della satira italiana socialista e prefascista. Poi, con « Rosso e no », un mutamento nel suo lavoro e l'introduzione di alcuni personaggi fissi, degli stereotipi simbolici che tuttora costituiscono gli elementi dominanti del suo universo grafico: Oreste, operaio iscritto al Pci; Nicola, operaio extraparlamentare; Celeste, anziana votante Dc (per papa Giovanni); Gonzalo, farmacista che legge l'Espresso. Il motivo centrale delle sue storie è costituito dalla «querelle » tra Oreste e Nicola, dal confronto, quindi - in due personaggi emblematici e a tutto tondo - tra )a politica e la concezione del mondo del Pci e quella della sinistra extraparlamentare (e Calligaro pare collocarsi dalla parte di Nicola) . E su questa operazione politica, appunto, che non siamo d'accordo. Ci sembra, in sostanza, che - per la specificità del mezzo, caratterizzato dalla velocità e dall'essenzialità dell'espressione e per il modo di fruizione del « messaggio », anch'esso veloce e essenziale - il fumetto non possa essere oggi un adeguato veicolo di comunicazione della dialettica tra due forze e movimenti politici differenti, e anche antagonistici talvolta, ma omogenei (almeno programmaticamente e verbalmente) come ispirazione e riferimenti; e tali per il grosso pubblico, in sostanza, la complessità e la « raffinaL-'HASAPUTO..?. GLI AH~RICANI NON VOGllONOA~!,oUJTAM IL PCI AL G.OV~RNO ! 53 tezza » delle contraddizioni che separano due strategie che si dicono ambedue dirette all'edificazione del socialismo, non possono essere attendibilmente espresse dentro una forma che è interamente fondata sull'esasperazione e sulla forzatura ( sulla semplificazione, quindi) dei connotati, delle parole, delle idee; e d'altra parte, la distanza che separa il Pci dalla sinistra extraparlamentare non è antagonismo talmente acuto da potersi raffigurare col ricorso alla contrapposizione che è il modo in cui si manifesta la contraddizione nel fumetto. Il fumetto, in conclusione, ci sembra che possa e debba esprimere la « contraddizione principale » ( tra noi e il nemico) e non quella « secondaria » quella cioè, al nostro interno). L'espediente - peraltro intelligente - a cui ricorre Calligaro per sfuggire alla stretta è quello di spostare la « contraddizione secondaria » ( amplificandone la portata mentre ne riduce la dimensione direttamente politica) sul terreno del « privato » nel confronto, quindi, tra la vita personale del giovane operaio Nicola e la vita personale dell'anziano operaio Oreste. Ma la ambiguità di fondo resta, e resta poi l'interrogativo principale: se cioè, oggi, la contraddizione principale - quella, appunto, che oppone la sinistra al fascismo e alla Democrazia Cristiana - non sia ancora di tutto rilievo, meritevole quindi di essere affrontata anche con l'arma, sicuramente secondaria ma non superflua, del fumetto. Simone Dessì
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