(segue da pag. 45) glio più esecratorio verso l'opera « cosl com'è scritta e vorrebbe esser interpretata dall'autore » e ha trasformato la Eight Miles High dei Byrds, in un periodo marginale per l'evoluzione del country rock americano. Nell'attuale Chewing Pine, egli si diverte con la country music da classifica (leggi Marty Robbins) e si compiace addirittura di una canzone eseguita con grazia dai Procol Harum ai tempi del 1971. Ecco che ho da rimproverare al Kottke d'oggi: egli è talmente personale da poter essere considerato un genio affatto determinante l'evoluzione della country music e dello stile chitarristico di questi anni. Ma ciò che lascia per lo meno contrariati è il tentativo di render Kottke un « numero di successo», con brani ed arrangiamenti che minano la sua vera identità. Che sia un'idea della Capito) o convinzione intima, poi, non sta a noi scoprirlo. Perché, ad esempio, la seconda facciata è di certo un capolavoro, se non altro a piani di creazione, linguaggio e stile; ed invece la prima si fa triste specchio di una voce inconcludente (quella di Kottke), abbellita dai soliti interventi alla chitarra. La sua durata - quattordici minuti circa - dimostra quanto l'autore non abbia idee a proposito. Che ciò sia decadenza, non siamo ancora tenuti a pensare: le prove sono nel disco stesso, nei recenti Ice Water e Dreams & ali that Stuff. Certo, è difficile trovar di meglio ai giorni nostri. Ma Kottke è musicista d'eccezione e se cosl continuasse, aumenterebbe il numero dei grandi innovatori - nel suo ambito lo è stato - da ricordare esclusivamente al passato. Harry Belafonte Pure Gold (RCA) M.R. Lo scopo di un disco di revival dovrebbe essere quello di fornire all'ascoltatore la base per ascoltare poi più coscientemente gli sviluppi successivi di un certo tipo di musica, se poi il disco è valido di per sé tutto di guadagnato. Questo « Pure Gold » di Harry Belafonte soddisfa in pieno entrambi le esigenze e ci ha anzi appassionato al punto tale da guadagnarsi questo mese un PUREGOLD posto un po' speciale nella nostra stima. In un momento in cui il « reggae » giamaicano si sta guadagnando sempre più spazio nelle colonne dei giornali di music.1 di tutto il mondo questa esplorazione nel mondo del « calpiso » di Belafonte chiarisce tutta una serie di interrogativi circa la tecnica e l'ispirazione della musica di Giamaica. La voce alta e accorata, chiara ma con la raucedine che è caratteristica di altri artisti di oggi nel campo del reggae come Bob Marley. Dalla fa. mosa « Day O (Banana Boat) » alla stupenda «Jamaica Farewell» c'è la tradizione della musica <li una gente oppressa, una musica di protesta anche quando la forma è come in questo caso gentile e pacata e magari anche infior~ttata da molte concessioni al 6 um> dell'epoca in cui Belafonte cantava. Anche nei brani più leggeri come « Sweetheart From Venezuela », « Angelina » o « Coco- '!lut Woman » c'è una gioia, una energia che vi trasporterà in 11n clima differente, in una geografia dai colori tropicali. La Storia Del Rock L'Era del Beat e D.M. Il Folk Americano (CBS) A cura di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni esce in questi giorni una « storia del rock » in dischi pubblicata oalla CBS italiana. Il titolo già da solo potrebbe far nascere delle contestazioni perché nella stessa serie vediamo un disco dedicato al rhythm'n'blues che col rock ha poco a che fare. Evidentemente qui rock è inteso in senso lato in alternativa al termine pop che noi in genere preferiamo. A parte queste considerazioni il volume che stiamo osservando ci sembra un po' ambizioso nel proposito di voler far fuori in dodici solchi l'argomento « era del beat e folk americano ». Nella mancanza di spazio i due compilatori, che del resto non sono mai stati amatori sfrenati di questi due generi musicali, hanno incluso anche brani come « Hang On Sloopy » di Ramsey Lewis o « The in Crowd » che non ci sembrano troppo rilevanti al fine di una descrizione èonvincente dell'epoca. D.M. 49 Leo Sayer Another Year (Chrysalis) « Another Year », un altro anno per Leo Sayer e un altro cantante all'inglese definitivamente sistemato nell'area delle pop star per noi. Leo è un tipico prodotto di un mercato, quello inglese, che ha un grande bisogno di ontautori che diventino beniamini di un pubblico sempre più vasto. Nato sull'aria di uno o due pezzi di un certo impatto « The Show Must Go On » e « One Man Band », Sayer ha affinato non poco il suo stile di compositore e la propria tecnica vocak La capacità di scrivere « singoli » di successo assieme ali'amico e compositore Frank Farell è pure aumentata e in questa ultima opera troviamo la gustosa « Moonlighting » per la qu~lc non è difficile prevedere un l::~l successo di vendite. Ascoltat~ ora un po' più attentamente la voce e il modo di porgere i brani di Leo e vi accorgerete che lo « stereotipo Elton John » ha mietuto un'altra vittima. Peccato perché la voce di Leo se nel cambiamento acquista in « professionalità » perde molto in energia e freschezza. D.M. Man: Slow Motlon (United Artlsts) Una spartana ed inutile copertina toglie il gusto di riconoscere i Man, perché di questo album indica nomi e titoli, niente altro. Rock-blues libero, su ritmi sottili dolci duri spigolosi intelligenti graffianti, su di un palmo di mano come ogni loro concerto, happening ed apertura alla gente, immediatezza e sincerità. L'attuale formazione vede Terry Williams, Ken Whaley, Deke Leonard e Michy Jones, con l'aggiunta di quel John Cipollina, americano tra le luci del vecchio Quicksilver Messenger Service e senz'altro tra i grandi chitarristi della rock scene californiana, con Garda e pochi altri. Il suono dei Man ha subito un certo ingentilimento, evoluzione che ha portato dal caldo blues aperto di matrice bianco-anglosassone alla tinta più acustica e distesa, priva di strozzature rock. La splendida «Grasshoper» e «Day And Night» sono esempi di freschezza che viene da Londra; una nuova via popolare imboccata da Man e da Hawkind, su diversi indirizzi musicali, ma nel medesimo intento, autogestirsi nel possibile, lasciare alla gente la sua parte di creazione. Una nota, non riesce di scorgere Cipollina tra i protagonisti, probabilmente « Slow Morion » è stato registrato qualche tempo prima del suo innesto. M.B. Janis Joplin Janls Joplin Originai Soundtrack (CBS) Sta per esplodere in grande stile il « mito Janis »: un film sulla sua vita è già pronto e intanto ci arriva questa compilazione in album doppio. Il disco è articolato in due parti, una prima, con brani tratti dai suoi Lp « Cheap Thrills » e « Pearl » e da alcuni concerti dal vivo, che illustra la piena maturità di questa grande cantante di blues scomparsa e la seconda con incisioni che risalgono fino al '63 che vede J anis nelle prime esibizioni con la Dick Oxtot Jazz Band in giro per gli Stati Uniti. Per questa caratteristica l'album sarà utile sia a chi già conosce Janis e potrà attraverso la seconda parte seguire lo sviluppo del suo stile, sia a chi userà questa occasione per fare la conoscenza con lei. D.M. Erlc Clapton: E.C. Was Bere (RSO) Ma perché il buon vecchio Eric non si calma un attimo e non prova a meditare i suoi dischi un pochino più a lungo? Non abbiamo avuto ancora il tempo di assorbire in pieno la botta di « There's One In Every Crowd » ed ecco immediatamente un « live » che una volta di più ci fa rimpiangere l'era dei Cream. Nel corso dei sei brani, tra cui le ennesime versioni di « Presence Of The Lord » e « Can't Find My Way Home », la chitarra di Eric ha tutto lo spazio per sbizzarrirsi e non si sbizzarrisce neanche un po'. Fatta eccezione per un intervento acustico su « Drifting Blues » le « improvvisazioni » dell'ex Cream sono all'insegna dello scontato, della stanchezza di idee. Rivedremo ancora il nostro eroe
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