di passaggio si può fermare, può suonare ed avere tutto ciò che gli occorre. Organizza folk festival alternativi agli ultimi riservati avvenimenti a Newport. Si apre a chiunque gli parli. Per lui far musica è chiarezza d'intenti, introspezione, ed anche se parla di specchi, riflessi e cambi si fa comprensibile perché semplice nei presupposti « Ramblin' Conrad ha una canzone per ognuno che voglia prestargli orecchio», e le vite di Conrad e Zentz s'intrecciano, aumenta l'armonia e la possibilità di vederla nella gente e descriverla. Cosl ci è giunta la Ramblin' Conrad Story, che da sola occupa un lato dell'unico album reperibile dell'artista, Mirrors and Changes. Come Guthrie cantava This Land is your Land, Zentz canta la sua opera: l'uno incita alla presa di coscienza esterna, l'altro prosegue il discorso, prende tutto quel che è rimasto e non ancora raggiunto, lo fa interno, raccolto ma egualmente fruibile. Non è presente la forza nuova di Woody Guthrie, né la convinzione ferrea ed un poco oltranzista di Pete Seeger, poi va lasciato ogni parallelo con gli innovatori (o interpreti, in senso più largo). Zantz è personale. Rimane solo da far notare quanto egli sia più vicino alla tradizione di Bob Dylan ed epigoni. Questi ultimi hanno rubato a larghe mani, poi sono rivolti al rock, al country ed ancora alle origini, quand'erano vicini al fallimento. Hanno saputo cogliere l'ingenuità di un decennio, e basta. Bob Zentz non insegue sogni di gloria, né quand'è ciucco dice di aver suonato con nomi leggendari, né voleva incidere un disco. Mirrors & Changes è un documento preso e pubblicato dalla Folk Legacy con la parola che nulla fosse tolto o aggiunto all'originale, e con la ferma volontà da parte di Zentz di non rifare le parti dell'incisione. Come ogni altro artista che svolge la propria opera con mezzi tradizionali (chitarra, voce) e con essi può dimostrare la compiutezza della propria scelta ed espressione, Bob Zentz va accettato per intero. E' fra i nuovi folk singer che più hanno fatto e meno preteso in cambio. Fra gli unici che meritano stima, e molto altro. Per chiunque volesse scrivergli, o trovarlo: Bob Zentz • Ramblin' Conrad Center, Hampton Boulevard, Norfolk Virginia (U.S.A.). Dischi: Mirrors and Changes (Folk-Legacy, 1974). ]acques Barelli GaetanoLiguori L'eccezionale interesse che il jazz è capace di risvegliare oggi in Italia ha un'importanza chiaramente giovanile e quindi di massa,anti-élitaria ( ...per la prima volta). con tutte le implicazioni politiche che questa situazione comporta. Come ovvia conseguenza, a questo allargamento della diffusione e della recettibilità del jazz corrisponde una crescita tecnica e culturale dei mus1c1st1 italiani, in particolare di quelli più giovani. Alcuni di questi, emersi negli ultimissimi tempi, hanno già la grinta e la maturità artistica per essere dei leaders con tutte le carte in regola. E' il caso di Gaetano Liguori, pianista venticinquenne di estrazione napoletanomilanese ( ! ? !), e leader del gruppo « Idea Trio ►>. Come raramente accade in Italia, Liguori ha avuto la sua prima scuola musicale in famiglia essendo il padre, Lino Liguori, un affermato percussionista che ha militato a lungo nel gruppo di Giorgio Buratti. La seconda scuola è il conservatorio dal quale esce nel 1972 con solidissime basi tecniche (come sueGaetano llguori Agorà 47 cede a chi riesce a non esserne castrato per sempre ...), e cosl tra jazz e musica classica, come di re tra sacro e profano e cioè con un occhio a Schonberg e uno a Ceci! Taylor, il nostro, non mancando di dare una guardata anche alla musica elettronica, inizia la sua carriera attiva e si getta, con grinta precocemente professionista, nel giro dei concerti ottenendo subito un lusinghiero successo al festival jazz di Verona del '72. Dopo due anni (1974) il primo disco ·realizzato per la PDU: « Cile libero, Cile rosso », e tutti cominciano a notare questo pianista nella cui musica, a questo punto, sia il sacro che il profano hanno raggiunto considerevoli vette di maturità. (Qualcuno è anche infastidito da questo musicista che cosl giovane si permette già di suonare roba cosl impegnativa, ma poi si tranquillizza sapendo del conservatorio). Il sacro e il profano sono la complessità unita all'intensità: il feeling e la forza del linguaggio jazzistico, quindi, unito alla dimensione dell'avanguardia, se volete, oppure (come proiezione) all'asprezza dei suoni « urbani». Ma non è solo questo pianismo moderno e stilisticamente spregiudicato ad infastidire i puristi. C'è anche il problema principe: quello della politica, che è parce integrante del discorso di Liguori, vissuta "insieme" ai problemi musicali e non "sopra", come succede a chi certi atteggiamenti se li impone senza convinzione. E non a caso Liguori, lavora quasi esclusivamente per i circuiti politici: sia per la caratterizzazione ideologica del contesto in cui avviene la musica, sia per il carattere non specialistico e settoriale delle platee ( ...lontano dai templi del jazz). Ma è lo stesso Liguori a chiarirci il senso politico della sua musica: « c'è sempre stata una musica alternativa a quella borghese, musica attraverso la quale la gente poteva esprimere i propri stati d'animo, le proprie lotte, le proprie conquiste, per questo posso affermare che la mia musica, legandosi direttamente alla musica popolare, può esprimere i problemi e le contraddizioni della nostra società. Ho scelto il jazz come tecnica espressiva, perché nato dalla rabbia di un popolo sfruttato e perché dà ampia libertà sia estetica che formale al musicista: non a caso la componente determinante di questo tipo di musica è l'improvvisazione, nella quale l'artista riesce ad esprimere la parte più vera di se stesso. ...l'arte per l'arte, l'arte al di sopra delle classi, l'arte al di fuori della politica o indipendente da essa, nella realtà non esiste (Mao Tse Tung) ». Impossibile aggiungere altro, dopo le parole del Presidente. Solamente, e con un fil di voce, che è uscito in questi giorni il secondo LP di Gaetano Liguori, dal titolo: « I signori della guerra». Roberto Renzi Agorà Agorà ha un anno di vita, è nato quando l'immobilità di molte formazioni e la frustrazione di altre hanno lasciato libero il campo della sperimentazione e della ricerca, quando la nostra musica popolare ha subito una evoluzione costruttiva. Agorà sono il frutto di questa scossa, pure se nella loro espressione non esistono barlumi rivoluzionari od abbagli di avanguardia. Fanno del jazzismo molto aperto e pianificato, sulla via dei Weather Report, ma né dalla scuola « Davis », nè da Corea o altri attendono qualcosa, perché la loro musica va incattivendosi progressivamente, logorandosi anzitempo nella semplice « ritmica», sfrenata e disinibitrice di matrice funky. Agorà supera d'un balzo il primo ostacolo: dello stile davisiano e reoortiano raccoglie le tracce di « I Sing » e di « Bitches Brew », nelle uscite più dolci, nelle atmosfere più pacate. Ne esce una ➔
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==