Muzak - anno III - n.07 - novembre 1975

Dischi Crosby & Nash: Wind on the Water (ABC) Già con il precedente David Crosby and Graham Nash, i due notissimi interpreti dell'America post sessantottesca avevano perso i contatti con la West Coast più avanzata, proponendo musica e testi riflessivi ma di puro svago, arrangiamenti di altissimo livello tecnico. La metodologia non cambia all'uscita di Wind on the Water. E, sinceramente, non aspettavamo di meglio. I limiti di Nash compositore sono risaputi e il fare da entertainer di Crosby si è fatto evidenza innegabile. Nella sua estrema scorrevolezza, l'opera pos• siede una convinzione insolita alla scena attuale. Crosby non ama nasconder canzonette nel gioco degli abbellimenti: le ·sue Carry Me, Bitterswett, Homeward through the Haze, To the last Whale... A criticai Mass sono opere di un uomo che ha in parte cambiato il suo modo di vivere e pensare. Nash s'è reso cosciente del pericolo di farsi un giullare del sistema e qui presenta le migliori intuizioni della sua un po' infantile vita. Parlo di Fieldworker e Wind on the Water, che dicono della realtà in modo favolistico e meno acerbo, con le idee di chi ha trovato la chiave personale d'interpretare gli avvenimenti ed esporli. Ma quel che importa è che Crosby ha rifiutato la sua mitica figura di « sballato a vita » per diventare un individuo esattamente consapevole di ciò che gli accade intorno. Ed ha preceduto ancora una volta i cantautori più giovani di lui, che vogliono passar la vita per un baraccone da circo nel quale, affatto di loro scelta, si trovano immersi. M.R. Ron Carter Spanish blue (CTI-CBS) Ron Carter è uno dei più famosi contrabbassisti di tutta la storia del jazz, per essere stato uno dei componenti di quello che è stato definito il miglior quintetto di tutti i tempi: quello di Miles Davis negli anni che hanno preceduto la ormai leggendaria svolta rock.elettronica del. grande trombettista. E non è difficile capire la decisiva importanza di questo celebre gruppo. Basta ricordarne i componenti: Ron Carter, Miles Davis e Tony Williams, Wayne Shorter, Herbie Hancock. Tra questi giganti dell'ultimo jazz, Carter è quello più rimasto in ombra, oscurato dalla prepotenza innovativa dei suoi ex-partners. E questo LP serve, in parte, a riscattarlo, a ricordare come, anche al di fuori dell'ala protettiva di Davis, egli rimanga uno dei migliori bassisti del mondo, oltre che ottimo leader e compositore. L'ombra di Davis è, però, egualmente presente. Tra i quattro brani del disco c'è infatti quel « So what » che è uno dei massimi capolavori milesiani (appartiene al celebre « Kind of blue » del '59) recuperato da Carter con piena presenza di significato. E anche a Davis possono essere ricondotti due degli altri brani composti da Carter, quelli che danno la chiave poetica ed espressiva al disco: « El noche sol » e « Sabado sombrero » ispirati a quella stessa cultura spa• gnola che è più volte comparsa nelle composizioni di Miles Da. vis. Paolo Pietrangeli I cavalli di Troia I dischi del sole DS 1057/59 G.C. Pietrangeli, scrive Giovanna Marini nella presentazione del disco, « vive, soffre, analizza fino all'estremo ogni sua esperienza, proponendocela per questo con già implicite le premesse della sua negazione, del suo superamento. E le immagini grottesche, cattive, le musiche violente, pregne di insofferenza e di doloro. sa distruttività, l'uso ossessivo degli stessi accordi, gli permetto45 no di comunicarci appieno il suo messaggio ». Che è poi quello della difficoltà di trovare nuovi sbocchi al processo cominciato nel sessantotto e impantanato tra repressione politica e limiti, egoismi personali che ne sono poi il riflesso individuale. Cosl la satira politica si intreccia alla ri• cerca dei rapporti fra la propria crisi e quella del movimento. In un momento in cui si riapre il discorso del rapporto tra personale e politico, l'ultimo Pietrangeli (come anche Della Mea) è una voce da ascoltare attentamente. Il disco poi è interessante anche per gli arrangiamenti, quasi rutti di Giovanna Marini, che tendono a sottolineare le matrici formali della musica di Pietrangeli, « tenendo conto anche di che co• sa esse esprimono, ossia delle esperienze tratte dal mondo della odierna borghesia viste in una luce critica, indignata o ironica o dolorosa, sempre esasperata » per cui « gli arrangiamenti si propongono inoltre di sottolineare gli incisi musicali consueti in Pietrangeli... che riconducono al filone tradizionale della musica italiana, dal melodramma della scuola napoletana alla canzone degli anni Venti. C'è nelle canzoni di Pietrangeli il divertimento degli incisi elementari di Rossini (tonica dominante in continuo crescendo), ricorrono continuamente seste napoletane alla Jommelli, si raggiunge spesso un'ampiezza melodica verdiana». S.P. Todd Rundgren: lnitiatlon (Wamer Bros) Compositore, musicista, alchimista, iniziatore tra piccole smorfie al sistema e calci alla canzonetta: prima con Nazz, poi alla guida di grossi acts americani, poi il sinth, tra simboli e decadenze, tra tec• nica e delirio. Rundregen ama lo strumento in quanto capace di dar voce alle sue idee, e la sua è oggi una voce metallica, lontana ed alla Kubrik, perché il canto della città, il culto della megalopoli lo inghiottono ed il fatto comincia a preoccuparlo. Dopo molti albums belli e completi, Todd si lascia un po' andare nei luccichii di paillettes e nelle ambiguità violente di cui l'America va morendo, Tubes e Dictators, Blue Oyster (segue a pag. 49) Cult e Sparks. Rundgren sembra voler reggere al ciclone imminente, al crollo dei miti, e per resistere usa gli stessi metodi degli assassini del rock: Initiation né è un chiaro esempio, quando è « The Death Of Rock & Roll » a parlare o quando l'artista si muove ambiguamente in «Eastern Intrigue », una denuncia ad ogni esotismo, al culto dell'Oriente. Todd sbaglia: condanna il mistero e rinuncia a quella gran parte del nostro cervello che non utilizziamo, per ebetismo, per fascismo, rifiuta un mondo « diverso » per il solo fatto che non lo conosce. « Initiation » descrive invecela sua realtà, fatta di « serpenti della danza di fuoco », di « love » ed altre diavolerie, insomma una realtà personale e chiusa che affiora nei testi, un narcisismo che porta l'artista all'esaltazione del sé e quindi alla propria non realizzazione. Gli resta la forza dell'alchimia, le posizioni musicali sono sempre aperte in miscele dove il pop e la sua cu'itura, la sua sottocultura si crogiolano grassamente, gio• cando con i ritmi duri e le frasi elettriche ... Todd nato per sintetizzare: ·« Born To Synthesize » è un grido od un'allegoria, no piuttosto una gelida conferma. Lennon, Hendrix, Morrison sono nomi che vengono cancellati con un colpo di spugna e Rundgren è in una parabola discendente, che guizzi di ancora altissima poesia non riescono del tutto ad allontanare. M.B. Leo Kottke Chewing Pine (Capito!) Kottke è un musicista tradizio• nale neU'accezione più larga del termine. La sua opera non s'è mai confusa agli stilemi in voga, ha tracciato un'evoluzione indipendente da ogni fenomeno culturale o politico, non ha legato il suo nome ad avvenimenti né a sessions con musicisti « importanti » o più facilmente compromessi. Del primo periodo, rimane il culto smoderato della velocità e della mera intricatezza formale, due atti che di un artista possono segnare la fine, vedi Mc Laughlin', vedi i suoi immaturi discepoli. Delle sue attitudini ad arrangiare partiture tradizionali o stese da altri, ha serbato il pi-

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