jazz come universo culturale e quella ispirata al jazz nei suoi aspetti linguistici ed estetici. ri in questione sono Boris Vian e Jules Cortàzar. Vian ha sempre accompagnato alla attività letteraria un interesse 3) La letteratura ispirata al jazz per i suoi aspetti linguistici ed estetici inq~ietudine, il gergo, la forza liberatoria, l'istintivo anarchismo e soprattutto l'illusione, un po' datata ma a tratti ancora oggi affascinante, di poter superare il ritmo della vita stessa in una delirante frenesia. Tutto ciò aveva il jazz come stimolante colonna sonora. 2) La letteratura ispirata al jazz come fenomeno verso il jazz da cronista e da critico. Per lui, quindi il jazz è qualcosa di più 'che una presenza occasionale· è un modello, un mondo da ~ui scaturiscono immagini surrealistiche, magiche, liberatorie; un alter-ego che è stato .spesso personaggio dei suoi romanzi. In "Sterpacuor~", .~no dei momenti più rtuscm del surrealismo di Vian, il jazz entra come elemento magico con un pianoforte-cocktail; un pianoforte cioè dalla sensibilità jazzistica che produce cocktails a seconda dell'intensità 9~esto terzo e ultimo punto e Interamente rappresentato da un gruppo di scrittori diversi tra loro ma accom~nati da una stessa filosofia di vita, normalmente conosciuti come « I beats ». e universo culturale Per questo aspetto del rapporto che stiamo analizzando è molto difficile limitarsi al confronto specificamente letterario. Basti pensare al cinema da "Hallelujah" di King Vidor a "Chappaqua" di Conrad Rooks: e cioè alle innumerevoli volte in cui il jazz è entrato nel cinema come personaggio, come atmosfera, o più semplicemente come ,:o. lonna sonora. Oppure nei fumetti ( v. Mio Mao ecc... ), nella pittura (v. Man Ray) e cosl via. In letteratura il legame è comunque molto complesso ed è impossibile ridurlo ad un comun denominatore. Più facilmente può essere spiegato attraverso degli esempi. Un tipo di adesione era quello degli esistenzialisti francesi per i quali il jazz post-bellico è stato un notevole polo di attrazione anche se difficilmente se ne può trovare riscontro nei loro prodotti letterari. E cosl anche per Scott Fi tzgerald, ad esempio, che pur non parlando esplicitamente di jazz, lo ha comunque elevato a simbolo di un'epoca per la sua nota raccolta di racconti « L'età del jazz ». (Ma mentre nel caso degli esistenzialisti si può parlare di adesione all'estetica del jazz fondata sull'improv11isazione e quindi sull' « essere nel momento in cui avveniva», nel caso di Fitzgerald è più esatto parlare di esaltazione del costume e dell'iconografia più che del messaggio specificamente estetico). Ma meglio ancora possiamo rifarci a due esempi, diversissimi tra loro, di legame diretto o, più precisamente, di elevazione a personaggio e protagonista del jazz nell'ambito letterario. I due scrittoe della bravura con cui vi vengono suonati i più famosi temi jazzistici. Lo scrittore argentino Julio Cor_tàzar ha scritto, tra gli altrt, un racconto intitolato « Il persecutore » in cui il jazz ~ttraverso la figura di Charl1e Parker è protagonista assoluto. Cortàzar con questo suo capolavoro dà un eccez!onale e~empio di comprenswne 1nd1retta, in chiave letteraria cioè, e non cri tico-analitica. Elaborando narrativa- ~ente alcuni dati biografici, ti racconto, molto più che qualsiasi analisi, dà un esatt~ quadro della personalità di C. Parker, visto come « Persecutore » di verità e non vittima della realtà. Ma soprattutto, centrando perfettamente il rapporto stravolto di Parker con la dimensione spazio-temporale dell'improvvisazione ( e quindi per allegoria, della vita stes'. sa), Conàzar riesce a comporre un monumento a quella che, al di là di ogni retorica idealistica, potrebbe essere l'essenza del jazz. Tutti questi esempi, per quanto staccati e lontani fra loro, possono contribuire a dare un'idea delle possibilità che il jazz ha di configurarsi come fenomeno culturale dai mo!teplici aspetti e dalle enormi, ancora indecifrate possibilità di interpretazione e di elaborazione. 30 Il jazz, per gli scrittori beat è stato un modello continu~ ma anche uno specchio su cui poter leggere il proprio ritmo vitale._Non a caso si è parlato d1 vero e proprio « cedimento culturale », avvenuto su due piani distinti ma ambedue importanti e ricchi ~i implicazioni: quello specificamente linguistico e quello della « visione delle cose ». Per quanto riguarda il linguaggio le analogie sono tante, ma prima fra tutte l'attitudine all'improvvisazione dei poeti beat che necessariamente doveva fare a capo r. quella jazzistica, non avendo in America, altri punti di ri'. ferimento. Lo stesso Ginsberg ha teorizzato questa ricerca definendo il suo stile « prosodia bop », e cioè linguaggio immediato, torrenziale, collegato al ritmo della respirazione, e soprattutto emotivamente coinvolgente. Analogamente Lawrence Ferlinghetti ha previ~to un accompagnato jazzistico per alcuni. ~uoi lunghi monologhi poetici. Quello che interessa ai poeti beat è ritrovare, con l'esempio vivificante del jazz, uno spazio magico in cui la poesrn, confondendosi in parte con la musica, possa svolg_ereil suo ruolo di guida nel nto della comunicazione corale. Di appena qualche mese fa è un nuovo esperimento di Ginsberg che ha musicato alcune poesie di William Blake e le ha registrate insieme ad alcuni musicisti tra cui Don Cherry. Ma l'identificazione dei bears nel jazz non si limita ad una ricerca linguistica, rivelandosi come una adesione estetica e filosofica insieme. Del jazz del dopoguerra i beats coglievano l'antifascismo, la « On the road », il più noto romanzo di Jack Kerouac è un continuo susseguirsi di' riferi_mentie citazioni. Da ogni rad10, da ogni giradischi da ogni locale notturno esce 'i.izz q_uasicome in un dialogo continuo. Le descrizioni dei concerti sono simboli di liberazione totale, i jazzisti hanno già addosso il velo del mito. Ma non sono solo episodi. Il ritmo stesso del libro è quello travolgente e inarrestabile del bebop. Quella stessa corsa continua che è diventata il simbolo 'di una generazione, è strutturata come un assolo, con la sua stessa logica irrazionalità. Unica differenza, anche se fondamentale, ed è per questo che si parla di « cedimento c~It_ural_e», è che per i jazZ!Stl d1 colore la disperazione, la droga, il delirio e t~tto il resto erano imposizioni della società mentre per i giovani beats erano scelte culturali. Un abisso quindi che le più raffinate magie della letteratura hanno cercato in tutti i modi di annullare. Il modo migliore per concludere mi sembra questa poesia di Gregory Corso dedicata a Miles Davis: « Il tuo suono è perfetto I puro e rotondo I sacro I quasi profondo I Il tuo suono è il tuo suono / sincero e dal didentro I una confessione / leggiadra e appassionata / Poeta il cui suono è interpretato I perduto o registrato I ma udito / rammenti quella notte del '54 all'Open Door I quando tu e Bird / suonaste alle cinque del mattino una stupenda / e incredibile musica? ». Gino Castaldo ( 2 - fine)
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