Muzak - anno III - n.07 - novembre 1975

try, blues, rock e old time jazz. A volte ricrea l'aria delle migliori esibizioni dei Brothers ( la parte live del terzo loro Where we All belong ne è vivida testimonianza), altre preferiscono il country elaborato in mille maniere, altre colgono nella loro musica tutti gli standard propri al sud, da New Orleans alla bassa California. L'esordio The Marshall !ucker Band è già progetto realizzato ed il secondo A New Life splendido riassunto di ogni attitudine del gruppo. C'è differenza di mentalità fra Marshall Tucker ed Aliman Brothers: questi sono volutamente integrati nello show business, quelli preferiscono muoversi al di fuori di esso, ricevere stima e non plauso, non considerar in ogni opera il fattore commerciale. A New Life esplicita le reali possibilità del gruppo, creatore di uno stile personale in equilibrio fra termini. Where we Ali belong è punto di riferimento, in ogni caso, fa notare l'intima chiarezza dei brani, la resa dal vivo, i passi sicuri nel blues che di tutti i membri del gruppo fu prima forma in cui riuscissero ad esprimersi compiutamente. Ora, Searchin' for a Rainbow si mantiene vivace ed originale quanto la prima opera. Viene da pensare che la Marshall Tucker Band non sia che all'inizio della propria ricerca. Ogni episodio è connesso ali' altro, ed isoliamo Fire on the Mountain e Keeps Me from Ali wrong e Can't You see ancora dal vivo per dimostrare la potenzialità del gruppo. Dovrebbero esserci rivolgimenti, in futuro. Charlle Daniels Band Vecchio collaboratore di Pete Seeger e Bob Dylan, chitarrista e violinista, Daniels prepara nel '70 alcuni demotapes per la Capito! (pubblicati di recente come «Charlie Daniels »), si dedica esclusivamente al proprio gruppo, gira gli stati meridionali in piecoli teatri e locali di campagna. Raggiunge un ottimo affiatamento con gli altri membri della Band prima di incidere per la Kama Sutra Way Down Yonder, un album compatto e del tutto personale che ha il suono della Capricorn alle radici. Di altissimo livello professionale, il gruppo elabora country e rock e li arrangia in modi non effettistici, ma talora di facile presa, ritmici, lineari. Il seguente Fire on the Mountain è opera matura, di pretese identiche alla precedente. Ad alcuni mesi dalla sua pubblicazione, il gruppo viene riconosciuto e s'impone C.harlle o~nlels grazie alle splendide performance. In effetti, la Charlie Daniels Band è un gruppo da ascoltare dal vivo, magari in sale non troppo grandi e a diretto contatto con il pubblico: solo cosi riesce a colpire, al massimo delle sue possibilità. Fire on the Mountain è « disco d'oro». Night Rider, l'ultimo, è di certo l'album migliore, quello che spiega le idee più decise riguardo all'imposizione dei brani ed al loro conseguente impatto. Ora è gruppo d'estremo seguito negli Stati Uniti, e l'azione musicale non dovrebbe ripetersi con poca forza, o fermarsi nelle prospettive del « disco di consumo». Elvio Bishop Chitarrista californiano di adozione, impostosi con la Paul Butterfield Blues Band ai tempi del grande EastWest, ha formato nel 1973 il suo nuovo gruppo àedsnmente infatuato di sud, è passato alla Capricorn ed ha inciso un album, Let it flow, di poco effetto, quasi d'assestamento. Con Juke joint jump ci troviamo di fronte al pieno potenziale del gruppo ed Elvin Bishop, sempre confuso dopo i nomi dei grandi chitarristi rock bfues americani (Mike Bloomfield, Steve Miller, Jorma Kaukonen ed in minor misura John Cipollina), si è trovato di botto a dimostrare il suo solismo sanguigno e naturale a chi non lo conosceva o l'aveva dimenticato da anni. Un nome ed un gruppo da seguire assolutamente. Pronto è il terzo LP del «nuovo periodo». Cowboy Scioltisi nel '72 dopo le delusioni di due raccolte passate inosservate, si riformano nel '73 sotto pressione della Capricorn. Ristampati i due LP (Perché abbandonare quando state perdendo? Il titolo del repacking), incidono Boyer & Talton, di gran lunga superiore ai precedenti. Forse non hanno la personalità di altri gruppi «meridionali », ma possono migliorare ed imporsi in un prossimo futuro. Z.Z. Top Come la bravissima James Gang, dai primi album e dalle trascinanti esibizioni, sembrava che il trio (chitarra - basso - batteria) dovesse far leggenda in simili gruppi post Cream e Jimi Hendrix Experience. Tutto s'è dissolto nell'inutile durezza di Tre~ Hombres e Fandango, che li hanno portati all'apice delle classifiche americane. Z.Z. Top ha ritardato di un attimo la morte dell'heavy metal. Troppo poco. Vanno citati altri musicisti. Sulla West Coast, alcuni si rivolgono alla tradizione meridionale e la rielaborano: Ry Cooder, nel suo diretto ritorno al blues d'inizio secolo, Taj Mahal, prima a linee chiuse e sottili nell'album di esordio, poi in modi aspri ed ancora efficaci in A Giant Step ( notare le tracce vocali), e dichiaratamente i-1 Mo' Roots. Gib Guilbeau e Ger.e Parsons, ex batterista dei Byrds, nelle forme che sono a loro più vicine: il bl11tgrass ed il canjun, musica cresciuta in Louisiana. Little Feat fa passi di ricerca nel rock meridionale e ne assimila in parte il linguaggio. Doug Kershaw, violinista di Florida, rimane nel puro ambito del bluegrass. Curioso è riascoltare i primi approcci del rock al canjun, raccolti in un volume della Virgin/Opal: Another Saturday Night. Il movimento è in continua espansione. Non ha ancora raggiunto l'apice della « creatività collettiva », la situazione ottimale per cui le varie parti del movimento stesso si trovano in un fattivo stato d'interdipendenza. Sulla West Coast furono gli anni '67-'69. Nei Southern States potrebbe accadere fra un minuto. Mauro Radice

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