Muzak - anno III - n.07 - novembre 1975

« Sono nato in un ghetto e mio padre non voleva che io diventassi un musicista professionista perché vedeva la cosa connessa con la droga, e mia madre invece pensava che io dovessi imparare la musica e mi comprò lo strumento. Quando tu vieni dal ghetto e cominci a suonare non è come un hobby. Per avere un hobby devi prima avere un lavoro, e cosl cominciai a suonare in una band per sopravvivere e lavoravo duro suonando e ballando cose del tipo rock and roll. A quel tempo andavano molto i Platters e cose del genere, e così noi suonavamo questo. Poi cominciai ad interessarmi al bebop e mi sviluppai nella tecnica e ascoltavo C. Parker, Fats Navarro, Bud Powell, Thelonious Monk, e cosi imparai a suonare il bebop e cominciai a suonare nelle jam session. Poi venne Omette Coleman e mi disse: « Fino ad ora non hai imparato nulla ». Ho cominciato a lavorare con Omette nel 1958 e abbiamo suonato nella West Coast e in Canada. Insieme venimmo in Europa e poi di nuovo a New York. E poi dei brutti momenti perché sono stato in prigione per droga. Poi di nuovo in Europa e al ritorno a New York feci il gruppo insieme ad Archie Shepp col quale tornai in Europa. In America, dopo, ho incontrato Albert Ayler e anche con lui ho fatto un giro in Europa. In seguito ho viaggiato nel Nord Africa facendo l'autostop, in tutto questo periodo ho sempre vissuto in città, e poi per la Europa, viaggiando in tutti i modi possibili e anche in autostop aspettando a lungo che le macchine si fermassero. Poi sono andato in Estremo Oriente e dopo ancora ho vissuto in Svezia, nella Repubblica Socialdemocratica, vivendo per la prima volta in un tipo di sistema politico diverso. Dopo ho lavorato in gruppo con Gato Barbieri, nuovamente in città. Molti mi chiedono la differenza tra DonCherry Self-portrait E' ormai un personaggio familiare anche in Italia. Semplicità, immediatezza, ritmi coinvolgenti. Tutta la carica aggregante del jazz, combinata con la cultura orientale e quella indiana, niente retorica esotica, ritmi positivi. Con Muzak Don Cherry ha tentato un autoritratto. vivere in America e vivere in Europa. La vera differenza è vivere in città o in campagna, non vivere qui o lì, perché le città sono tutte uguali. Per questo preferisco vivere in campagna. C'è quella concentrazione di cui si ha bisogno per imparare la musica. C'è voluta molta concentrazione per imparare il bebop e ce ne vuole molta per imparare qualsiasi musica e specialmente quella indiana, per imparare la dimensione del « tono » che è una cosa molto diversa dalla musica occidentale ed è molto importante. La cosa più importante nella musica oc:identale è suonare nelle orchestre, insieme, e cosi uno diventa molto « sensitivo », e una delle più apprezzabili qualità della musica orientale è che questa sensitività viene determinata dalla tonalità, non dalle note. Come quando nel jazz, con il tuo « feeling » riesci ad ottenere un « sad blues ». Oggi io lavoro indistintamente su tutti i generi musicali cercando di armonizzarli tra di loro, e sento che oggi c'è bisogno di fare musica sociale nel senso che faccia stare la gente insieme. E per questo nei miei concerti uso i disegni e le tappezzerie colora te; per rendere anche visivo quello che avviene nella musica e facilitarne la comprensione. E' molto importante per un musicista comunicare con la gente, ma è difficile, ed è raro che la gente « viva » realmente un concerto, ma bisognerebbe riuscirci sempre. Per questo è importante lavorare insieme agli altri e a contatto con le esperienze più diverse. In questo senso è stata decisiva per me l'esperienza della « Cupola » a Stoccolma: una cupola trasparente in cui ho vissuto per settantadue giorni con tutta la mia famiglia e dove si faceva sempre arte con gente che veniva da tutte le parti e si inseriva in questa creazione continua. In futuro mi piacerebbe lavorare in una struttura « totale » in senso architettonico e acustico, dove fosse possibile fare concerti, non nel senso. tradizionale, ma diciamo in quello dell'evento. Una struttura dove sia possibile incontrarsi, fare cose insieme ecc... e penso sia possibile dovunque. Per questo avevamo pensato di fare una « Cupola volante » trasportabile in vari posti per cercare spazi dove si dia la possibilità alla gente di stimolare la propria fantasia». e

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