Muzak - anno III - n.07 - novembre 1975

Intervista Fradonne è bello E' uscito il disco del collettivo femminista bolognese « Alle sorelle ritrovate » interpretato da Antonietta Laterza (autrice di quasi tutte le canzoni) e da Nadia Gabi. Siamo andati a intervistare Antonietta a Bologna, nella sua casa, perché ci raccontasse questa esperienza. Muzak: Come nasce questo disco? Da un'idea tua, del collettivo, del movimento, da cosa? Antonietta: E' molto difficile da spiegare. Nasce da un'interazione di tutte queste cose. Da una parte ci sono io che come Antonietta ho sentito bisogno di esprimere cose; ho sempre avuto velleità creative. Cioè, nella misura in cui in quel momento mi sentivo presa da certi problemi, da certe sensazioni, cercavo di esprimerle con la canzone. Il che è un fatto anche abbastanza occasionale. Non ho mai avuto aspirazioni da canzonettista. Solo cose così, in generale, mie, come lo scrivere. Non avevo mai pensato alla canzone nella sua specificità. Ma è chiaro che quando uno sa fare quattro accordi ci gioca anche: così nascono le cose. Poi esisteva anche da parte del movimento delle donne l'esigenza di stare insieme in un modo diverso, tutto da inventare, che non fosse solo il rapporto politico, del discorso, ma che fosse proprio il divertirsi assieme, viversi in modo più immediatamente emotivo, quindi, per esempio, cantare. E' stato un fatto fondamentale, una scoperta: tra donne ci si diverte, si sta benissimo, il recupero della simpatia su un piano completamente diverso da quello tradizionale. Queste canzoni sono state usate in piazza, nelle manifestazioni. .. M: Quindi hai cominciato facendo canzoni femministe. A: Ne avevo fatte alcune tanto tempo prima, una o due, poco più che esperimenti. Capitava, invece, che alle feste si cantassero canzoni note, da ballare, tipo l'Uva fogarina, Sebben che siamo donne, ecc. Era proprio una esigenza. C'era anche un legame con l'intervento politico: da una parte l'esigenza di stare tra di noi in un modo diverso, dall'altra il desiderio di comunicare con le altre donne in modo che non fosse il solito intervento tra virgolette: io vado ll, faccio il discorso politico e lei si deve mettere a lottare. No, prima di tutto il comunicare, prima di dare de!Je soluzioni o fare proposte precise alle altre donne, tipo avanguardia politica, perciò il fatto di comunicare era legato al fatto di capirsi, di stare bene, di divertirsi: immediatamente un'alternativa, no? Cioè, nel senso che si stava bene. Di qui il disco. Ma prima c'era anche la piazza: stare bene assieme ci dà più potere rispetto ai maschi, o all'esterno. Certo un momento di confronto e di gioia. Poi una produzione culturale abbastanza nuova: le donne sono sempre state fuori dalla cultura, e quando ci sono entrate è sempre stato in modo emancipazionistico, mai in modo proprio, autonomo, partendo da se stesse. C'era bisogno di confrontarsi. Guarda, infatti, tutto il discorso della poesia femminista che in altri paesi, Stati Uniti, Francia, ha uno sviluppo grossissimo: tutta una letteratura, una poetica nuova, e comunque nostra, per la prima volta. M.: La corrispondenza tra la tua espressività e l'espressività femminista è davvero cosi immediata? A: All'inizio non sentivo assolutamente questo tipo di problema. Quando ho fatto le prime canzoni trovavo piena corrispondenza, dovevo dimostrare che una canzone è divertente, tra il mio modo di comunicare con le donne e il tipo di emotività che vivevo: in effetti la mia emotività, allora, era molto su questo livello. Questa ideologia, ché in effetti è diventata una ideologia, all'inizio era un parto estremamente spontaneo di tutte le analisi che facevamo, del livello oggettivo del movimento in quel periodo; non ho mai vissuto le canzoni come conflitto. Poi che è successo? Quando ho sentito il disco ho avuto una specie di shock. Non mi sono riconosciuta per niente sotto molti punti di vista. Anche il tono delle canzoni, adesso, lo trovo abbastanza rivendicativo, non avevo certo la sensazione di fare questo quando l'ho fatto. M: Ma dici che è il disco che ti riproduce così, che limita le tue storie, o è piuttosto il fatto che eri tu, in quel momento, piuttosto rivendica· tiva? A: Tutti e due, è chiaro, però forse più il disco. M: Infatti sei troppo spesso dura, aggressiva, non trovi quasi mai momenti di vera dolcezza e tranquillità. A: Abbiamo commesso un unico vero errore: abbiamo permesso che il disco venisse registrato in un concerto che ammetteva anche la presenza di maschietti. Un conto è cantare tra donne, il clima è completamente diverso. Mi ricordo che a Pinarella di Cervia, durante il convegno nazionale dello anno scorso, c'era una festa. Eravamo centinaia di donne. A un certo punto mi hanno chiesto di cantare alcune canzoni. Allora ho fatto Simona ed ero stanca morta, senza voce, e le ragazze hanno co· minciato a piangere, è stata una cosa terribile. lo che volevo dire: « Ma non volevo suscitare questo». Non so, per dire il grado di coinvolgimento, l'atmosfera di dolcezza e solidarietà. Così anche se canto la canzone un po' oscena c'è un grado di ilarità che non è mai aggressività fine a se stessa. Il pubblico misto di Quarto Oggia· ro (dove ho registrato il disco) mi ha condizionato terribilmente. Doveva essere un concerto per sole donne, invece, casini organizzativi. Insomma non abbiamo potuto. E' un po' come adesso, se ci fosse una donna a intervistarmi sarebbe tutto diverso. Immediatamente mi sento in una situazione di difesa e si evidenzia, come nel di~co, un tono di aggressività anche abbastanza esaspe-

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