Pop italiano Lapenisoladiniente Un movimento pop, in Italia ha cominciato a far le pr~ve quasi quindici an~i f~. E le nuovissime generaztom, che s'affacciano adesso alla musica, si trovano ormai un fatto culturalmente conformato, un fenomeno frugato e analizzato a lungo. E anche cresciuto. E non hanno più, è indubbio, il gusto di questa crescita da seguire passo passo: il più è fatto. Da una parte è l'establishment riconosciuto (PFM, Banco, Area e sempre più giù), dall'altra si chiama con nomi nuovi e per lo più sco· nosciuti o appena conosciuti ed è una creatività che tenta almeno, di porsi come n~ova e autonoma. Caduti i miti, ridemensionati i divi, finiti i concerti, inavvicinabili i dischi, la musica di massa in Italia ha invece nel pubblico nuovo l'unica possibilità di salvezza. Dicevan ch'eri matto ... Ma di fatto, protagonista, il pubblico lo è sempre stato. Anche quando, nei primi anni '60, cantautori e isolati imitatori a buon prezzo del rock'n'roll monopolizzavano il mercato « alternativo » del1ll canzonetta. Nulla di everEqurpe sivo, beninteso, in Gino Paoli. Nulla di rivoluzionario nelle basette di Dallara. Nulla di musicalmente nuovo nella Zebra a pois. Era solo una riconversione del mercato. Che però per la prima volta opponeva, in modo rozzo e strumentalizzato ai fini del ~ommercio, le nuove alle vecchie generazioni Da Il nasce il pop? Molto più tardi, in realtà. Quando boom economico e centro sinistra cominciano a dare i loro fru t· ti culturali. Cioè quando cominciano a essere un modo di essere globale: piccola permissività, consumi di massa di beni culturali, circolazione delle idee. E arrivano insieme capelloni e Beatles. Il relativo benessere della piccola e media borghesia ha cominciato a permettere l'acquisto (e dunque la produzione) di beni culturali di massa. La musica seria se ne torna zitta, zitta nei conservatori ad essere conservata sotto formalina, com'è giusto per i fantasmi della cultura d'élite. La morale dell'efficienza e la morale toutcourt hanno bisogno di cam· biamenti: la borghesia italiana si europeizza. Eccoli i capelloni a Piazza di Spagna e i $iornali fascisti a invitare i giovani con sfumatura alta al pestaggio. Ed ecco i Beatles e il commercio all'ingrosso della musica, e, contemporaneamente il grande fenomeno di massa. I Beatles sono tante cose: nuova cultura e nuova morale, nuova musica e nuova sprovincializzazione. Soprattutto moda. Ma le mode, si sa, non sono mai un'astratta imposizione dell'establishment. E cosi su· perando i Beat!es (con un dribbling tipico del pubblico « pop » di tutti i periodi) i giovani in Italia cominciano quella stagione di creatività, di balbettamenti a imitazione, di complessini e cantine. Poca cosa: ma l'inizio vero. I Beat!es rompono con ogni tradizione perché si pongono come sistema cultura!· mente definito: totalizzante. Non contano tanto l'Equipe o i Nomadi. O magari le prime affascinanti dylanate di Francesco Guccini. Conta che ci si è appropriati di una musica che è insieme comportamento, moda, atteggiamenti e morale. E che sembra rompere in modo eversivo con la generazione passata. La società del benes· sere crea gli anticorpi a se stessa. Musicambiamento E gli anticorpi in Italia esplodono qualche anno dopo: ed è il '68. Troppo si ~ detto, forse, su questo episodio. Ma riportato al già nato movimento pop crea curiosi fenomeni. La temperie culturale dell'era dei Beatles ha trovato i suoi sbocchi poJ 8 Premiata Forneria Marconi litici: la confusione è massima e la creatività sembra andare alle stelle. La socia· lizzazione è, addirittura, centrale nelle prime lotte studentesche. E se l'ingenuità del primo '68 fa pensare più a uno strano miscuglio di hippy-maoismo di stampo olandese, la subordinazione totale della musica, i nuovi miti e nuovi riti sostituiti al complessino e alla festicciola, segnano una maturazione sostanziale di questo pubblico: ancora una volta in avanti a superare il dato musicale bruto, la moda, la sottocultura (o il pericolo che quel fenomeno divenga tale). Per due anni la musica rientrerà perfettamente nei ranghi: ma ormai s'è visto qual è la novità di questo movimento. Non evasione ma impegno, non divertimento ma rispecchiamento. ...Che viene dall'America Ma la cultura di massa, aspettava il mercato culturale. E invade rapidamente il mercato. Cinque, quattro anni fa ormai la musica aveva· ripreso il suo posto preminente. Concerti e dischi, di· schi e concerti. Giornaletti e libri. -Dall'America e dall'Inghilterra decine di gruppi, buoni, modesti, mediocri a invadere un mercato che sembrava non saturarsi. In questa condizione di euforia del capitalismo culturale nasce, fino in fondo, la musica pop italiana, e muore il movimento. Musica imitativa, musica d'importazione, musica che mostra sempre di
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