Muzak - anno III - n.07 - novembre 1975

pevole tolleranza? Come al solito la risposta non è una sola. La conflittualità è tra l'autonomia delle federazioni locali nelle scelte artistiche e il grosso onere manageriale svolto verticisticamente dal Partito attraverso l'associazione «Amici de l'Unità», emanazione della sezione « Stampa e propaganda ». Ed è per l'appunto dagli « Amici de l'Unità », che è partito un interessante espe• rimento che in un certo senso è nato in opposizione alla linea generale del decentramento organizzativo: quello del festival di Salci, minuscolo paesino umbro in cui da Roma, nella totale assenza di strutture locali, è stata organizzata e gestita una manifestazione a carattere musicale e teatrale durata due giorni, allo scopo di creare uno stimolante rapporto, partendo praticamente da zero, tra i pochissimi abitanti del luogo e i compagni dei dintorni, accorsi con entusiasmo e partecipazione. Il festival nazionale di quest'anno ha clamorosamente evidenziato pregi e contraddizioni interne al circuito dei festival del PCI. Ha mostrato da un lato la imponente capacità di mobilitazione del Partito e, allo stesso tempo, ne ha denunciato i pericoli di gigantismo: « La dimensione mastodontica del Nazionale di questo anno richiede un ripensamento organizzativo: una manifestazione di quella portata rischia di diventare una realtà difficilmente controllabile. Pone, per esempio, dei gravi problemi di territorialità, cioè di rapporti con la gente e i luoghi in cui si svolge il festival », dice Riccardo Donnini, segretario dell'Arei di Firenze. Una frattura è stata notata anche nel settore culturale. In quest'ultima edizione, la dimensione fortemente legata alla sagra paesana e l'apertura culturale, sono coesistiti: senza trovare un punto di fusione. Abbiamo lottato per una forma complessiva di proposta che ha avv1cmato musica classica, jazz, canzone politica ecc. ... cercando la massima apertura dei generi espressivi: una rassegna dell'esistente con criteri selettivi molto ampi e generali. Ma questa ampiezza selettiva non significa mancanza di scelte. E' risultato evidente lo spazio egemone che è stato dato alle nuove generazioni e quindi al « nuovo » che ha decisa~en~~ emar~inato gli aspetti pm tradizionalisti della cultura » ha detto Donnini. Molti sono i dati emersi: la conferma della dimensione diffusamente popolare che si sta creando intorno al jazz, per esempio, e più in generale, la constatazione di una domanda perfettamente rispondente all'offerta. Anzi, su un dato gli organizzatori sono stati concordi: « Più veniva offerto, più ci veniva chiesto ». G.C. Cultura intrn istr Ilteatro?Unmisterobuffo « Si crede che » il teatro sia recita;:ione, ma non è vero - ci dice Dario Fo uomo di teatro e uomo di sinistra - teatro è rappresentazione. Qui sta la differenza fra il teatro popolare e quello borghese: uno è epico, cioè racconta, l'altro è naturalistico, cioè l'attore esegue e lo spettatore viene relegato nel ruolo di voyer. Alcuni dicono che basta scrivere in stampatello su un pezzo di cartone « poliziotto », appenderselo al collo e farsi vedere dalla gente. Altri sono convinti che ci vuole la musica, la luce soffusa, il sipario, il palcoscenico, la voce impostata, le poltrone di velluto e la magia. Altri ancora sono convinti che l'avvento dei mass media, capillari come penetrazione e osDarlo Fo sessivi come metodo, l'abbiano definitivamente soppiantato e che sopravviva soltanto come status simbol, privilegio inutile, vetrina sciocca per signore eleganti e finti intellettuali. Ma che cos'è il teatro? Arte, prodotto culturale, spettacolo, rito o insopprimibile bisogno di comunicazione e coinvolgimento, necessità organica alla natura umana e al suo essere

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