Muzak - anno III - n.06 - ottobre 1975

Licola non è stata una festa senza contenuti, né soltanto un'esplosione di gioia e di voglia di divertirsi. Ma non è stata nemmeno la noiosa sommatoria di comizietti e dibattini, di parole d'ordine e slogan. E non è stato, infine, nemmeno un ferreo e militaresco contarsi delle forze rivoluzionarie, una semplice constatazione della forza del movimento degli studenti. Per quattro giorni, e chi s'è impegnato nell'organizzazione lo sa bene, a Licola s'è mosso qualcosa che, nelle feste precedenti, non era stato capace di mettersi in movimento: un'unione stretta fra soddisfazione dei bisogni e lotta. Una lotta, cioè, che s'è inserita con piena dignità nei bisogni dei giovani, non s'è posta come momento separato ma come momento interno, come tensione reale e non posticcia. Per quattro giorni il campo, sabbioso e particolarmente difficile da vivere per disfunzioni organizzative anche gravi, è stato invece « vissuto» con intensità, e non solo in funzione del concerto serale. Forse, per la prima volta, una festa giovanile « non è stata palcocentrica » come ha detto uno dei partecipanti per definire il fatto che non si aspettava soltanto la musica e basta. Il proletariato giovanile è riuscito a vivere - ha aggiunto - momenti reali di socializzazione, mangiando, dormendo, cantando, ascoltando, dibattendo: lo spettacolo musicale della sera era importante, ma non esauriva la fe. sta » Molti episodi hanno dimostrato, mi sembra, la verità di questa affermazione. La disposizione delle varie aree, prima di tutto. Estremamente decentrata, la festa di Licola, offriva, in contemporanea, molte attrazioni oppure la possibilità di starsene soli. Il palco, posto dietro le stru ttu re centrali ( radio, direzione, cucina, infermeria), non imponeva la sua presenza, come invece è accaduto, a Parco Lambro. La musica, non di altissimo li_- Contrappuntia fatti Datecipane,madateci ancherose Giaime Pintor vello e, soprattutto, senza grossi nomi è stata vissuta ugualmente in modo critico (a volte persino troppo) con partecipazione e voglia di confrontarsi. La radio interna non è stata una semplice sequela di musica e annunci ma si è articolata in dibattiti, iterventi, notiziari. Il palco libero, dapprima solo timidamente calcato da qualcuno più sicuro, è stato poi assalito, da cantanti dilettanti, che volevano intervenire nella festa con la loro musica. I dibattiti, come quello sulla musica, che per la prima volta hanno funzionato realmente non limitandosi ad essere il palchetto privato di comizianti smaliziati, ma coinvolgendo centinaia di persone nel tentaLlcola • lo spulo libero per I dibattiti tivo di far chiarezza su questa « nuova cultura » che vorremmo si creasse: musica, droga, femminismo, sessualità, condizione giovanile, il problema di Napoli, scuola, etc. Gli stand e la cucind (che sembrano problemi marginali e che invece sono forse una spia della diversa concezione su cui Licola è nata ed è cresciuta), i primi non aggressivi e folkloristici ma discreti e di « riferimento » ( con mostre fotografiche, materiali, informazioni, etc.), la seconda centralizzata, cosl che anche mangiare diventa, anche se la fatica non era poca e le code lunghe, un momento comunitario, di vita insieme per qualche migliaio di giovani « stanzianti ». Una festa perfettamente riuscita? Un antifestival dell'Unità? No di certo. Le disfunzioni, non solo organizzative, ma politiche, sono state molte, anche se non tali da pregiudicare la festa. Soprattutto non s'è tenuto conto, e forse non si poteva, del tipo particolare di richieste che il pubblico( cioè i protagonisti della festa) avanzava. Richieste di partecipazione a tutti i livelli, di maggiore scambio, di maggiore gestione di base. Non s'è tenuto conto che chiamare musicisti a casaccio, senza un discorso chiaro, avrebbe provocato qualche incidente. Non s'è tenuto conto che non è più possibile fare una festa realmente liberata con musicisti pieni di sé e della loro arte, convinti che il loro discorso debba prevaricare i bisogni del pubblico, le sue richieste, la sua voglia di partecipazione: un Canzoniere del Lazio con atteggiamenti divistici, un Sorrenti provocatorio, dove non era affatto il caso di esserlo, un Venditti che all'ultimo minuto avverte che sceglie una manifestazione radicale sul 20 settembre, sno gente che con queste feste, a meno di un'autocritica seria, non ha molto a che fare. Non può esistere, e s'è detto, un musicista che creda di poter venire cinque minuti prima, suonare un quarto d'ora e andarsene. O comunque non è più questo il livelol di coscienza del proletariato giovanile: i bisogni di quest'ultimo sopravanzano di gran lunga dubbie qualità artistiche, dubbie specializzazioni, dubbi divismi. Ci si è, inoltre, trovati « spiazzati » rispetto a una serie di problemi che non erano previsti: la circolazione di un « acido » cattivo, il nudismo, la relativa subordinazione del palco 2 rispetto al palco 1, alcuni incidenti pratici. Ma una cosa è uscita fuori con chiarezza: per le feste come per tutte le manifesta_. zioni politiche bisogna partire dalle esigenze reali e dai bisogni reali del pubblico. •

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