Muzak - anno III - n.06 - ottobre 1975

Viaggi Leila prendi ilfucile I viaggi non sono soltanto parentesi della vita attiva, sono anche esperienze, politica vissuta, cultura. E' il caso del viaggio in Palestina di Goffredo Fofi di cui pubblichiamo alcuni appunti. Nelle straducole miserabili dei campi dei profughi palestinesi a Beirut, a Balbeck, a Sidone, negli uffici disastrati delle loro organizzazioni politico-militari, sono decine e decine di manifesti lutto al cui centro campeggiano foto tipo tessera di combattenti morti nella lotta. Sono facce di giovani; di giovanissimi, facce aperte, pulite, di gente che non c'è più. Quasi ogni giorno se ne aggiungono di nuovi, ma immagino che in questi giorni di metà settembre, mentre la battaglia infuria per le strade delle città libanesi, il flusso si sia fermato, perché i morti sono troppo e c'è altro da pensare che a commemorarli. Sono stato in Libano alla fine di luglio, due settimane dopo gli scontri tra i fascisti libanesi e i profughi palestinesi dell'Olp, la organizzazione della Resistenza palestinese. Poi, un mese dopo la mia partenza, gli scontri sono ricominciati. Ma in realtà non c'è sosta da anni nella lotta che viene condotta contro il popolo palestinese in esilio dagli israeliani e dai fascisti libanesi. I primi con attacchi aerei e navali e con incursioni di commandos, in particolare in quei campi più vicini ai loro confini. I secondi con le loro truppe armate (dagli americani e indirettamente' dagli stes• si israeliani), e con l'azione di cecchini e squadracce. I palestinesi nel Libano sono circa duecentomila, insediati in una dozzina di campi il cui territorio è rimasto quello assegnato loro tramite l'ONU dopo l'esodo del 1948, cioè dopo la loro cacciata da Israele. Ma da allora la popolazione è cresciuta, per il regolare aumento delle nascite e perché nuovi profughi sono venuti ad aggiungersi ai vecchi. I palestinesi sono accolti in campi anche in Siria e in Giordania, ma mentre la Siria è un paese progressista che tratta i palestinesi alla pari con i suoi abitanti (come ho potuto constatare coi miei occhi nel proseguimento del viaggio, da campo a campo: i campi siriani sono dei veri e propri villaggi, con le loro autonomie e le loro forme associative particolari, diverso è il caso del Libano e della Giordania. Il regime di Hussein in Giordania è un regime assolutista e reazionario; quello fintamente democratico lei Libano - un paese che concentra i peggiori difetti dell'Occidente, alternando grattacieli a baracche, zone ricchissime a zone poverissime, e che è completamente controllato dal capitale americano e auropeo, - vive contraddizioni fortissime, tra una destra potente e una sinistra abbastanza forte. Qui i conflitti economici e politici tendono spesso a mascherarsi da conflitti religiosi. I libanesi sono di varie sette cnsnane e di varie sette musulmane; e ci sono « destre» e « sinistre» all'interno di ogni religione, ma alcune, come è il caso dei cristiano maroniti, sono sette che raccolgono la borghesia che rifiuta la solidarietà araba e ha scelto decisamente la europeizzazione e l'occidentalizzazione con una « filosofia », per intenderci, alla Pino Rauti. Cosl la sinistra è prevalentemente musulmana, anche se ci sono socialisti cristiani che negli scontri di questi giorni si sono schierati decisamente con i musulmani proprio perché hanno capito che il conflitto è di classe e non religioso. Tutti sanno, o dovrebbero sapere, che lo stato di Israele è nato dai convergenti interesi imperialistci nell'area medio-orientale, a cavallo tra Europa-Asia-Africa; che lo stato di Israele è uno stato colonialista; che nel 1922 gli ebrei sul territorio palestinese (oggi chiamato Israele) erano trentamila e che nel 1948, al momento della proclamazione dello stato d'Israele, erano meno di 650.000 fatti immigrare massicciamente dall'Europa e da altri paesi. E tutti sanno, o dovrebbero sapere, che è ridicolo accampare pretese su un territorio da cui un popolo è assente da circa duemila anni! Allo stesso modo, con la stessa logica, gli arabi potrebbero richiederci la Sicilia, o via di seguito! Il popolo palestinese è stato cacciato dall'imperialismo dalla sua terra; la parte che è rimasta è appesa dai coloni israeliani e tratta come un sotto-popolo da tenere alla fame, a cui rubare i suoi averi, da utilizzare al massimo come mano d'opera da sfruttare a basso costo. Tutto questo il popolo palestinese non l'ha accettato, e si è dato da anni un'organizzazione politica e militare ef. ficiente, l'Olp (di cui fanno parte tre « partiti »: Al Fatah, Al Saika e il Fronte Po60 polare), ai cui margm1 esistono anche altre organizzazioni, che sono poi quelle che hanno scelto la strada, giudicata dall'Olp sbagliata, del terrorismo, esportato anche in altri paesi. O I tre a difendere i diritti del popolo palestinese all'ONU e con gli altri paesi arabi, l'Olp è anche un organismo di direzione politica e amministrativa del popolo, ed è presente in tutti i campi. Ma mentre in Siria ha la possibilità di organizzarsi seriamente, grazie all'aiuto del popolo siriano e alla protezione militare siriana, il Libano e in Giordania deve agire tra difficoltà di ogni sorta. Che vanno da quelle militari, preponderanti, a quelle più spicciole e quotidiane: i problemi della salute, della istruzione, del lavoro, e cosl via. E tutto questo in un continuo stato di guerra. Quello che fa più impressione nei campi che ho visitato è lo stato di « precarietà stabilizzata » cui ci si trova di Campi profughi palestinesi

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