Osiamo l'inosabile: parliamo male di Alfredo Chiappori. Nella precedente rubrica elevammo le lodi più sperticate per Hugo Pratt e il suo Corto Maltese e dicemmo che quest'ultimo è, indubbiamente, il personaggio del fumetto italiano che esprime la più salda ispirazione antifascista. Intendiamo, a partire da quella affermazione, affrontare il tema scabroso del fumetto politico ed esplorare cosa c'è oggi in Italia. Del fumetto politico la satira è solo una parte anche, se, attualmente, quella più ricca e feconda; e questo sarebbe già sufficente a far giustizia di un antico lugo comune, molto diffuso tra gli addetti ai lavori, secondo il quale non esisterebbe una tradizione italiana di satira politica; per cui, dopo l'ambigua fine de «L'Asino» e la distruzione da parte del fascismo di ogni residua ' vis comica', l'unico esempio di satira, in questo dopoguerra, sarebbe quella del giornale qualunquista-fascista, « Il Candido». Per dimostrare l'erroneità di una simile ipotesi è sufficente notare come la nostra cultura dominante, saldamente anticomunista per trent'anni, difficilmente si sarebbe potuta accorgere, ad esempio, di tutta una produzione satirica che necessariamente anticlericale e antidemocristiana fioriva in Italia negli anFumetti RidepocochirideChiappori ni '50, nella stampa comunista e non ufficiale. Questo, semplicemente per rilevare come la satira politica, che oggi ha un suo spazio e un suo ruolo, nell'Italia che si avvia ad essere post-democristiana, non viene fuori dal nulla, ma ha, al contrario, sue precise ( e talvolta inconsapevoli) radici. E parliamo di Chiappori. Il suo lavoro, a nostro avviso, non arriva mai alla satira; si ferma al di qua. Sempre. Noi riteniamo, infatti, che la satira debba necessariamente essere costituita di due parti: una, didascalica, di illustrazione dei meccanismi e dei personaggi che si deridono, e l'altra, beffarda, di ' distruzione ', attraverso il riso di tali meccanismi e personaggi. Ecco, questa seconda parte è completamente assente nelle strisce di Chiappori. Chiappori, in sostanza, NON FA RIDERE ASSOLUTAMENTE. Illustra le trame nere, ne denuncia mandanti, esecutori e complici; attacca Fanfani e tutti i fanfanidi, ne svela le malefatte e le congiure; spesso si fa disegnatore di controinformazione e di scandalo e le sue tavole settimanali su Panorama sono icastici contrappunti ai nostri fatti e misfatti quotidiani. Questo, con un segno caricaturale e deformante. E va bene, ma siamo ancora ben lontani dalla capacità di provocare il riso. Forse, qualche volta, ci scappa un sorriso o uno sguardo divertito, ma la risata dissacrante, il ghigno beffardo, la derisione aperta e fragorosa non vengono mai, dico mai, sollecitate da quelle strisce monotonamente bianche e nere di Chiappori. E' colpa anche del suo disegno, indubbiamente uno stereotipo buono per tutti i personaggi, le facce e le fisionomie ( la faccia di Fanfani è uguale a quella di tutte le al tre, con dei segnetti - i baffi - sotto il naso) e questi stereotipi si limitano a interpretare le loro parti, come in una volenterosa rappresentazione didascalica in cui, con discezione e misura, si illustrano le colpe e i mali, ma - beninteso - a scopo ' puramente scientifico ' oppure, come un clinico illustre che diagnostica una malattia ma, naturalmente, con intenti puramente pedagogici e nell'aula della lezione di anatomia. Pare quasi che emerga dalle strisce di Chiappori - e qui sappiamo di esagerare e, comunque, di attribuire un'intenzione soggettiva laddove si manifesta semplicemente una debolezza o un errore culturale-indulgenza o distacco; il distacco del sociologo, dell'osservatore oggettivo che può giungere fino a sfiorare la radice dei mali, per poi ritrarsene, credendo di avere esaurito il proprio compito. Nulla a che fare, quindi, con quella famosa definizione di Umberto Eco che, per quanto ci concerne, utilizziamo come criterio per separare quella che riteniamo autentica satira politica dalle sue pallide o irriconoscibili copie; e la prima ha nel riso una sua decisiva verifica: « ( ... ) dal momento che di un ordine esistente si ha certezza e corresponsabilità, dal mom-::nto che vi si assente dogmatk1Jmente o vi si aderisce consusrnnzialmente, quest'ordine non può essere messo in dubbio, e il primo modo per credervi è non riderne. Il riso, .:!ice Baudelaire, è proprio dei pazzi: di coloro che non si integrano nell'ordine, dunque. Per colpa loro, nel caso dei pazzi; ma nel caso sia colpa dell'Ordine? Chi sarà allora il Ridente? Colui che ha avuto coscienza della caduta, e quindi della provvisorietà dell'ordine dato. Chi ride è malvagio solo per chi crede in ciò di cui si ride ». Simone Dessì ;~NOR CrlUDICE, UNAcrE. -rE DELLAPOLIZIA / FERROVIARIA DIMllANGHAUCCISOCONUN COLPODIPIS10LAUNRAGAZZODl22 ANNI CHECERCAVA DI 0O1'1RARSI ALL'ARREs~ro. 53
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==