Muzak - anno III - n.06 - ottobre 1975

Libri Signoramiacrociana eunpo,cretina Noi, è cosa ormai nota e persino banale, siamo contro ogni distinzione meritocratica. Ci fa dunque piacere che un beota, come si dice, scriva un libro e il medesimo abbia successo. Ecco dunque che ora, forte di un nome esotico ma ben conosciuto dai padroni del vapore abituati a passare veline, ci solleva e fa ricredere sulla dialettica dell'universo, una certa Vittoria Ronchey. La quale con artifizio degnissimo (che tuttavia pensavamo abbandonato all'incirca dai Promessi sposi) finge di ritrovare ( nuova questa! ) il diario di una professoressa beota, appunto, la quale piombata a dir fesserie in una Roma dove c'è sempre il sole e ( immancabile) nessuno lavora, si . stupisce che la scolaresca non la accetti e la rispedisca con tanti auguri a Bergamo a scriver beotaggini. Qui l'avvincente trama di « Figlioli miei marxisti immaginari ». Lo stile è, come dice chi se ne intende, dimesso e familiare, cioè, se ci capi te, s{\ritto coi piedi. Sentite come ci appare subito afflitta da dubbi cosmici « ... l'analisi di un problema, magari di un problema non filosofico ma solo, diciamo, politico, è difficile ... » E persa dunque nel problema ( solo politico) la cui analisi ella ha scoperto essere difficile, vedete un po' come lo supera, come la sua problematica, il suo dubbio cartesiano, la sua tensione husserliana alla conoscenza, si rafforzino e trovino nuova linfa « ... la sera leggo l'Animale malato di Lanfranco Orsini, anche lui professore, a Napoli; la pubblica istruzione / muore fra Cicerone / e la contestazione / sulla sua tomba ingrassa / la cultura di massa '. Riesco persino a divertirmi ». Eccola qui la vestale della cultura con la C maiuscola, che dice anche lui dove, la sintassi insegna, si dovrebbe dire anch'egli ( almeno finché la distinzione del soggetto e complemento oggetto rimarrà una regola della lingua). Ma come ci dice poco prima « il rigore comporta per l'insegnante fatica molta e soddisfazioni poche » e infatti Beozia Ronchey l'ha studiata con fatica molta la sintessi, ma ancora sono, come si vede, le soddisfazioni poche. Ma a parte questo incidente, ci pare molto carino che ella si diverta a leggere scemenze di quel tipo, ci sembra, così a occhio e croce, che abbia le carte in regola per insegnare in un unico liceo sperimentale. E visto che ha in odio la cultura di massa (la poesia sopra riVITTORIARONCHEY FIGUOLlMIB,MARXJSTl IMMAGINARI Mortee trasfigu'azione del professore """" 52 portata è chiaramente, se non l'avete capito, cultura vera e Lanfranco Orsini è pseudonimo di Th. S. Eliot) la nostra professoressa afferma perentoria e con l'aria di averci pensato a lungo « ... questa scuola è diventata fatale alle élites dell'intelligenza pur essendo, nell'intenzione, diretta solo contro le élites castali e i privilegi di censo. Nessuno stato democratico ha il diritto di far ciò ». E' noto infatti che le élites dell'intelligenza sono un fatto metasociale, non corrispondono affatto a quelle di censo e castali: tant'è che gli intellettuali nostrani ( ammesso pme che siano intelligenti) son tutti figli di braccianti pugliesi e pastori sardi. Ma la nostra, evidentemente, a scuola non solo non c'è andata da bambina, ma nemmeno da grande come insegnante. Sentite se è possibile (ma che siamo nel foyer della Scala? ) questa descrizione di un'insegnante << La collega aveva una mantella rossa che voi teggiava nell 'inchino e per cappello una morbida boule di pelo di nylon bianco ». Ehi, siamo impazziti? E il preside che indossava, Io stiffelius, e per cappello aveva un innaffiatoio rovesciato? E la boule che d'è? La borsa dell'acqua calda? Aveva mal di testa? Non c'è detto. Comunque questa scuola è impossibile. Non solo i professori interpretano la Lucia di Lammermoor, ma, indovinate un po' che fanno gli studenti? Naturalmente puzzano ( « aggredendo la cattedra ancora ansimanti e purtroppo in traspirazione »). E sarebbe peggio se non traspirassero, ché traspirare è una funzione fisiologica, si doveva quindi dire « per fortuna in traspirazione » e non « purtroppo ». Ma andare a cercare tutte le idiozie e le carognerie che la nostra professoressa dice, ci porterebbe lontano. Alcune perle: « la cultura non è né dei ricchi né dei poveri, ma ai poveri serve, e molto »; « la verità si sa, non è rivoluzionaria » ( Gramsci diceva il contrario e con qualche argomentazione più esauriente che. non un icastico « si sa»; « in fondo i nostri ragazzi vogliono autorità » (la scuola secondo Sade); « livellare, ecco quello che vogliono, e sul livello più basso » ( la scuola secondo l'Anas); ci dice che è « di mentalità non eccessivamente sindacalizzata o corporat1v1st1ca» ( la scuola secondo la Cisnal). Ma del resto basta una frase per svelarci il vero volto della maestrina dalla penna nera: il vice-preside durante gli scioperi si comporta così: « affinché chi vuole entrare possa farlo liberamente, lui ( cioè, come al solito, egli - n.d.r.) se ne sta li a prendere gli spintoni ... penso che se non è fascista lo voterò ... ». Domanda: uno che impedisce gli scioperi è fascista? Ma che scherziamo: è un sincero democratico, come Valletta ai tempi della repressione antisindacale alla Fiat. Ma si sa, scrivere un brutto libro sulla crisi della scuola giocando sulle frustrazioni di migliaia di insegnanti che non riescono a tenere il passo e avere la faccia di portarlo da un editore non è da tutti, ma si può fare. Ma almeno, in nome della cultura, si salvi la sintassi; che non sarà né dei ricchi né dei poveri, ma non si capisce perché se i ricchi non ce l'hanno fanno i soldi Io stesso, e i poveri possono avercene da vendere che sempre poveri rimangono. A un certo punto la nostra si chiede « che io sia quello che dicono di me i miei allievi con una parola che non oso riferire ma assai usa ta a Roma persino in ambienti più che distinti»? Ebbene signora sciogliamo il suo dubbio e ci permetta quindi di chiamarla, più che distintamente, « stronza ». G.P.

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