mica, poi ancora l'esame di coscienza e quindi questo nebuloso « Tale Spinnin ». Una prima parte che fa il verso a se stessa in ogni dove, nelle ritmiche, tenute insieme dalle percussioni e dalle tastiere, nelle idee plateali e macchinose... l'ingranaggio si spezza in più punti ed è la mancanza di un bassista del calibro Vitous a farsi sentire, Shorter sotto tono e Zawinul scomposto. Miracoli ne accadono, e molti, nella seconda parte, aperta dalla magia liquida di « BADIA », gli echi romantici e spaziali di «Unknown Soldier» e « Second Sunday In August », capolavori che il Weather Report di oggi ritrova anche in « Freezin Fire » e « Five Short Stories », il primo nella sua colorazione accesa e virulenta, il secondo dolcissimo esempio di jazz puro ed aperto. La copertina non ci rivela chi siano i partecipanti nè dice nulla degli accompagnatori, abitudine di ridurre all'osso lavori che avrebbero bisogno di maggiore spiegazione anche tecnica oltre che di immagine, comunque lo spirito del Weather resta intatto, nonostante i mutamenti di organico ed una prima parte che è l'immagine di un Barry Whi te meno grasso e più uomo di jazz. Rod Stewart: Atlantlc Crossing (Warner Bros) M.B. Era al fianco del chitarrista Jeff Beck in una delle più spinte band degli ultimi anni' 60. Rimangono Truth e Beck-Ola, di un impatto fisico che Stewart non arriverà mai a ricreare. Si dice miglior cantante della seconda generazione, e ancora a lui si devono opere di rispetto, quali An old Raincoat won't ever Jet You down, Gasoline Alley. Con i Faces ha inciso poche buone tracce. Poi, l'enorme successo l'ha infiacchito. Questo suo album americano con Booker T. & the MG's ed i session men degli studi Musde Shoals dimostra ancora una volta il suo amore per la musica nera, e Stewart riesce a fare cose apprezzabilissime (Three Time Loser, lt's not the Spotlight) senza eccedere in novità d'idee, nè in classe. Di tutto Atlantic Cros- ,aocOL'S NINfH. sing, com'è ormai sua abitudine, ha composto solo due pezzi. M. R. Jean-Luc Ponty: Upon the Wines of Muslc (Atlantic) Formatosi nel jazz piuttosto tradizionale, si è presto dedicato alla sperimentazione, ha preferito il violino elettrico all'acustico, lavorato in gruppi a suo nome od arrangiato opere di altri (famosa e geniale la versione del King Kong di Zappa). Con Zappa ha suonato per certo tempo, nel periodo più felice. Poi, è scomparso in dischi inutili (Open Strings) e nell'orrenda ultima Mahavishnu Orchestra, dove purtroppo rimane. Upon the Wings of Music è certo l'album migliore che Ponty ha inciso da anni, ci sono parti di vera perizia in Waving Memories, Echoes of the Future ma altrove è ancora il chitarrista Mc Laughlin' (fortunatamente non presente ali'incisione) a dettare le frasi. A Ponty rimarrebbe da fare solo un passo: allontanarsi da Mc Laughlin, e non imitare più una battuta della sua musica. M. R. Steppenwolf: Hour of the Wolf (Eplc) . Interpreti dell'America p1u violenta nelle reazioni, autori di aspre denunce alla vita di quei posti (The Pusher, Monster), hanno il primo buon singolo nel '67, Born to be Wild, l'ingenuità è specchio di quegli anni e li sentiamo cantare « una corsa sul tappeto magico », « più veloce del ritmo della vita », « non camminare sull'erba, Sam », inni spensierati agli allucinogeni ed alle droghe leggere, poi viene Monster e con leggerezza chiamano « suicida » la società americana. Gli anni migliori. S'eran sciolti dopo For Ladies Only e ricomposti con un bruttino Slow Flux, album del nuovo esordio. Hour of the Wolf non presenta nuove soluzioni, ma è compatto, vivace, al punto di dover dire che è un'opera riuscita, riafferra l'heavy metal che quasi per primi gli Steppenwolf hanno fatto conoscere in America. E' ancora reazione, anche se indifferente, esiste ancora quel 48 senso di liberazione e non di oppressione che i vari Aerosmith stanno propagandando come unica via d'uscita dall'heavy, mitra in mano del cantante e paranoia nera in tutta la loro musica. Stcppenwolf non è cosl, si mantiene ancora ingenuo ed un po' compromesso, vedi Carolinc, Two for the Livc of One, Mr. Penny Pincher, ma vogliamo accettarli in questo modo, piuttosto che farci ingannare dai loro epigoni che, ora come mai, stanno avendo un successo immeritato e bugiardo. Lo1gins & Messina: So Fine (Columbia) Cosl non dovrebbe esser fatto il country rock: arrangiamenti in serie, accordi che non esulano dal solito giro, monotonia professionale. Tutto ciò è abilmente rinchiuso in Loggins & Messina, figli degeneri di Buffalo Springfield e Poco. C'è chi li esalta in patria, l'America più imbecille, e chi in Italia. So Fine, in particolare, segue e risegue gli schemi di tutti gli altri loro lavori. Che la principale funzione di tracce quali Oh, lonesome Mc, A Lover's Question ed altre a caso sia quella di distendere, è fuor di dubbio. Danno, infatti, un leggero senso di sonnolenza. Lynyrd Skynyrd-Nuthin' Fancy MAPS 7884. Nulla di nuovo dai sudisti Lynyrd Skynyrd. Il messaggio più compiuto che il cantante Ronnie Van Zant riesce a portare è quello di essere un ' beone ' amante del rock' n' roll, ma questo l'avevamo già capito nell'album precedente. Nonostante nella produzione di questo gruppo ci sia sampre lo zampino di Al Kooper, figura a noi molto cara per motivi sentimentali, dobbiamo lire che gli Skynyrd non riescono proprio ad andarci né su né giu. E' appurato che si tratta di gente che sa suonare, che riesce a creare anche una certa atmosfera nell'ambito di un rock blues che con questo album si sposta più che nei precedenti due verso la campagna. Quello che manca, qui come negli altri, è una idea di una certa consistenza. D.M. Flock: Inslde Out (Mercury) Tornano i Flock nella formazione che li vide protagonisti di episodi di splendida musicalità fu. tura, ma con la mancanza di quel Jerry Goodman a lungo impegnato con la Mahavishnu Orchestra di John Mc Laughlin. Ed è un ritorno strano, per nulla vitalizzato dal silenzio d!scografico, quattro anni che avrebbero dovuto portare al gruppo moltissima dell'esperienza fatta parallelamente da formazioni consimili: cd invece il suono appare involuto, lunghe parafrasi alla Mahavishnu che l'innesto del nuovo violinista Mikc Zidowsky e del tastierista Jim Hirson non cam• biano positivamente: è insomma un ricollegarsi in pieno al suono roboante di qualche anno fa, all'eccesso della grossa elettrificazione. In effetti è bene chiarire come Flock voglia dire tutt'ora « ricerca ,., ma di una musica mal definita, raccogliticcia, priva della forza di un « Dinosaur's Swamp » ad esempio, l'album che meglio descrisse lo schiudersi dell'orizzonte chitarra-violino-tastiere sulla scena del rock progressive. Elettricità ne circola ancora in abbondanza e non mancano i momenti di chiarezza, come in « Backk To You" o in « Mctamorhosis », ma spesso il ripiego è duro e tagliente, « Music For Our Friends », dove riffs ossessivi spezzano le gambe alle migliori intenzioni. La seconda parte vive di jazzismi sparati a zero confusamente, tranne che nella conclusiva « Straight Nome », ultime frasi dominate ancora da violino cd elettroniche varie per un album che avrei sperato più creativo e vivo, se non altro per un passato davvero straordinario. Fleetwood Mac Fleetwood Mac (Reprise) M.B. Vengono dal blues e sono legati al nome di Petcr Green, chitarrista fra i migliori d'Inghilterra, hanno suonato capolavori tali « Mr. WondecfuI ,. « Oh Well ,., « Then Blay On», con tutt'altra formazione. Si sono ri-
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