Muzak - anno III - n.06 - ottobre 1975

no superstellc. Ne uscirà un film più confuso di quello dei Merry Pranksters, alcune fotografie ed una raccolta formato 4.5 giri, poi messa in album con altri loro singoli già editi. E' il passo fi. nale della psichedelia inglese, John canta: « Lascia che ti porti con me, vado nei Campi di Fragole. Non c'è nulla di reale e nulla per cui stare in ansia. Campi di fragole per sempre. E' facile vivere ad occhi chiusi senza capire ciò che vedi. Diventa difficile esser qualcuno. Ma poi tutto si risolve e non me ne importa molto » fino alla confusione apparente, i « Campi di Fragole, nome del cortile del manicomio più duro d'Inghilterra,. danno lo spunto per una « pazzia da acido», John ancora dirà: « Guarda come volano, guarda come corrono come Lucy nel cielo (LSD) ... Sto piangendo», e da quell'attimo penserà ai suoi atti più in• comprensibili con Yoko Ono; Two Virgins, Life with the Lions, Wedding Album. Paul Mc Cartney va lontano nei ricordi e stende l'ingenua ma bella Penny Lane, poi si fa grande in The Fool on the Hill: « Fermo in mezzo alla strada, la testa fra le nuvole, quell'uomo dalle mille voci parla forte. Ma la gente non vuole ascoltare le sue parole e lui sembra non accorgersene » e sprofonda nei motivi da « rientro dal viaggio», gli anni '30 dettano Your Mother should know. Paul è un ragazzetto semplice, e ben lo dimostra in questo periodo. George Harrison porta i Beat!es al « guru » Maharishi, il meno convinto pare ancora Lennon, si sente « penso che non ci sia nessuno sul mio albero; voglio dire cioè che deve essere alto o basso, cioè non puoi, lo sai, metterti in sintonia ... penso di sapere, voglio dire un si, ma è tutto sbagliato ». Harrison è chiaro, e fra le note ed il sitar profondo di The Inner Light egli dice: « Senza oltrepassare la soglia di casa posso conoscere tutte le cose della terra. Senza guardare fuori dalla finestra posso conoscere le vie del cielo. Più si viaggia lontano, meno si conosce ». C'è troppo movimento, e non concentrato ad uno stesso punto. L'azione s1 perde come è nata, e dopo il Magica! Mystery Tour i Beatles capiranno che qualcosa sarà passato, enorme nelle premesse ma carente di risultati pratici. Il « Magico viaggio misterioso aspetta di portarti via / soddisfazione garantita », e le soluzioni vengono, ma a piani individuali. Non si respira aria di rivoluzione in un mondo irrisolto come quello di Lennon o nella fuga dalla realtà contingente che Harrison ha deciso. Peggio è considerare fattiva la teatralità di Paul Mc. Cartney o Ringo Starr, e Magica! Mystery Tour è l'ultimo atto dei Beatles che ci ha spinto alla novità, ed alla ricerca del « da farsi ». Poi, ci sarà solo entertain• ment, figure di buona musica. « Ma va tutto bene. Voglio dire cioè che non va troppo male». ]acques Bore/li PaoloConte Paolo Conte, avvocato trentottenne di Asti, è il personaggio più anomalo ed eterodosso della musica leggera italiana. Il suo passato, prima di essere arrivato al disco, è un misto bizzarro di pratiche legali e attività jazzistica di vario genere. La prima fondamentale scoperta della sua vita è stata quella di rendersi conto di riuscire a comporre canzoni; e lo ha fatto, per gli altri prima di tutto, con fantasia e intelligenza non comuni nel nostro costume canzonettistico. Tanto che le sue cose ci sebbrano oggi tra le meno offensive ed irritanti che siano uscite dallo squallido panorama del « bel canto» all'italiana. Sue composizioni erano « Azzurro » (portata al successo dal Celentano meno bieco), « Messico e nuvole» (Enzo Jannacci), « Una giornata al mare» (Equipe 84), e Paolo Conte Beatles • Maglcal mvstery tour tantissime altre. Ma a questo punto avviene la seconda fondamentale scoperta: le canzoni bisogna interpretarsele da soli, altrimenti rischiano di perdere il loro spirito originario. Conte capisce che le sue canzoni sono un fatto personale di comucazione e che solo la sua interpretazione le può contraddistinguere inconfondibilmente come un fatto creativo; come in quei rarissimi casi in cui la canzone esiste come « discorso », malgrado tutto. Ma Conte è stonato, avrebbe potuto obiettare qualcuno; e che importanza ha, rispondiamo noi; se uno ha da dire qualcosa a suo modo, ce lo dica anche con la stonatura. E cosl l'avvocato trentottenne, evidentemente d'accordo con noi, inarrestabile in questa voglia di percorrere per intero quel ciclo che porta alla figura del cantautore, entra in sala d'incisione e ne rira fuori (siamo alla fine del '74) un disco eccezionalmente stimolante. Certo le stonature sono rimaste, ma anzi, non solamente sono un male necessario; sono perfettamente funzionali al mondo di Conte che finalmente, senza essere « rivisitato» commercialmente da altri esecutori, trova la sua piena e felice espressione. Prova ne è la grande differenza che corre tra le « sue » interpretazioni e quelle fatte da altri degli stessi pezzi. « Onda su onda », per esempio, e « Una giornata al mare », incise anche rispetti vamente da Lauzi e dall'Equipe 84. Per non parlare, poi, di « Questa nostra vita » ( ... Se non avessi questa vita morirei...) che Silvie Vartan ha avuto l'inaudito coraggio di interpretare. Le canzoni di Conte, al di là di questi confronti, sono molto diverse tra loro, con atmosfere e personaggi apparentemente molto lontani, ma alla base di tutto c'è l'eco di una provincia spogliata e sprovveduta, anche goffa talvolta, nelle sue esplosioni di comicità macchiettistica; di « pessimo gusto », secondo i ribaltamenti gozzaniani e gli stilemi del « varietà » di una volta. A questo mondo appartengono le fisarmoniche, gli scapoli, le puttane, i tinelli marron, i bar « Mocambo » e tutti gli altri personaggi di una malinconia da outsiders della vita, da sottocultura da balera. Il tutto condito con musiche che anche dalla balera si ispirano principalmente, insieme con un gusto tutto ironico del revival macchiettisticocanoro in stile anni 30-40. Il secondo album di Paolo Conte è in preparazione in questi gioni, e lo aspettiamo come un secondo capitolo di questa storia amaramente ironica della cultura periferica. Roberto Renzi TimBuckley Nato a Washington nel 1947, vive a New York e, all'età di quindici anni, va sulla costa occidentale, con Woody Guthrie nella mente e la voglia di diventare un folk singer, vero. Dal '63 frequenta da musicista (chitarravoce) i circuiti folk di Los Angeles e della Bay Area. Nei testi, viene coadiuvato dall'ex compagno di scuola Larry Beckett. Al Troubador di Los Angeles trova l'ambiente a lui ideale, stende i primi pezzi personali e poi i capolavori. Negli anni '70 partecipa a numerosi film, interpreta una commedia di Sartre, No Exit e scrive il soggetto della pellicola Fully Airconditioned Inside, mai girata. Nel 197.5 muore per una sovradose di morfina cd eroina. Stava rinnovando la propria musica, partecipava ai corsi di ricerca dell'Uda, scuola di musica a L.A. L'ultima sua opera, Outcast of the Islands, traeva spunto da un racconto di J oseph Conrad. L'album è incompleto, e la parte di Woody Guthrie nel film biografico Bound for Glory non verrà svolta da altro, di uno spirito che solo Buckley, di recente, pareva saper cogliere. -+

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