Muzak - anno III - n.06 - ottobre 1975

servita nella scuola è che ho imparato a stare con la gente, è una piccola società, nel bene e nel male: se da grande vuoi fare il pescecane, a scuola ti puoi benissimo esercitare e truffare il prossimo, se vuoi fare carriera cominci a esercitarti a scavalcare difficoltà e aggirare ostacoli. Ma soprattutto ti impari che al mondo ci sono le gerarchie: se non avessi avuto i professori prima, davanti ai padroni non sapresti comportarti. In positivo la scuola è anche il posto dove ti fai le amicizie, tutti ce li hanno gli amici di scuola, anche il più sfigato. Magari per me no, ma per tanta gente non andare a scuola potrebbe voler dire star sempre soli. lo infatti l'anno scorso ho chiesto al preside un'aula al pomeriggio aperta tutti i giorni, per metterci un giradischi, e starci (a lui ho detto anche per studiare in gruppo, tanto nessuno veniva a guardarci) tanto siamo tutti uomini, gli ho detto, e anche volendo non si può fare niente di male. Non me l'ha data, mica per niente, per burocrazia. Tipo « chi è responsabile se vi fate male » e roba cosl. O forse aveva paura che facessimo riunioni politiche... io politica ne faccio poca, cioè vado agli scioperi anche perche questo è comodo, infatti agli scioperi ci vanno sempre tutti (quelli stessi che poi se vuoi fargli fare un collettivo al pomeriggio si danno tutti quanti e non ne vedi uno) . Ma non ci puoi credere a quella gente, forse non siamo maturi. A me piace un po' vivere, non mi piace stare a sedere. Più di sette io condotta non ho avuto quasi mai... la scuola è una presa in giro, è tutta una guerriglia, per dire e non dire e non far capire che non sai e non far capire quello che pensi. .. come nella vita. Ma un amico mio, Claudio che è un po' pazzo, quando gli fanno un torto, s'alza in piedi, dice bastardi e gli tira una sedia, cosl riesce solo a farsi odiare. Ci vuole un po' di diplomazia, nessuno ti chiede di credere nelle cose che fai, ti chiedono solo di non dargli fastidio. Infatti i primi da riformare sarebbero i professori: oggi fa il professore chi non ha voglia di far niente. Gente che ci tiene più a tre mesi di ferie che ai soldi o alla gloria. A me fanno un sacco pena, è anche per questo che non gli tiro le sedie: io li guardo, soli dietro la cattedra, pieni di sonno anche loro, con le loro corna e i loro dispiaceri. Noi siamo quaranta e loro sono soli. Se poi si sfogano delle loro corna contro di noi, bé, sono sempre uno contro quaranta, si fanno solo sangue cattivo. Se dovdsi fare delle riforme, gli darei almeno 350 mila lire al mese, e se sono più preparati sulla loro materia anche di più, più sono colti e intelligenti più li pagherei. Hanno ragione a non insegnarci niente: almeno che uno non è un missionario, per duecento mila lire non si sgola mica, mica ci mette tanta energia... e missionari ormai non ce ne stanno più. In realtà lo stato paga poco i professori perché non li ri33 tiene importanti, quindi evidentemente non ritiene importante neanche la scuola, cioè importante sl, perché la gente finché sta ll non va in giro a lamentarsi che non ha lavoro o non sta in strada a rubare, ma solo per i quattro muri e l'autorità ... come un deposito della stazione. Quello che invece allo stato non gliene frega niente è la cultura, se no, non pagherebbero un professore come un manovale. Anche i decreti delegati: li abbiamo chiesti sette anni fa, nel '68 e ce li danno adesso che non ci servono più: allora era una conquista, un decreto che ci diceva che cominciavamo a contare anche noi, adesso che noi contiamo è un dato di fatto, lo sanno tutti, i cortei li vedono tutti, i giornali, la televisione, che adesso vengano a dirci che abbiamo diritto a mettere anche il nostro voto, fa ridere ... adesso devono darci di più. lo l'anno scorso non ho neppure votato. La scuola ideale io me la immagino con delle grandi classi miste, perché se ci sono tre femmine e mille maschi, le femmine diventano come i negri, le guardi perché sono diverse, ma le pigli in giro (qui ragazze ce n'è quattro o cinque). Vorrei che dai programmi si levasse tutta la roba inutile: cioè quclla che non serve né a capire i tuoi problemi, né a impararti un mestiere. I voti li leverei se no diventano l'unico scopo che hai e la gente non matura. Toglierei l'ora di religione che serve solo a far ammattire un poveraccio che a Dio ci crede ( io non ci credo, ma sono affari miei). Aggiungerei invece al programma la filosofia, per impararsi a ragionare. E eviterei di fare quelle buffonate come hanno fatto quando qui c'erano sullo stesso piano nostro le ragazze del corso di segretarie d' azienda, che hanno diviso il piano con una parete di compensato, e quando l'abbiamo buttata giù l'hanno ricostruita. Perché non siamo più nell'ottocento e poi le ragazze si affacciavano a guardarci dalla finestra quando eravamo in calzoncini e a dirci di salire e farci le mossette... c'era da diventare scemi... per forza quando poi ne vedi una le salti addosso. Vorrei che qualcuno mi insegnasse a leggere, perché una volta che ho comprato un libro· di Freud con un mio amico, dopo dieci minuti ci siamo rimessi a leggere le storie di animali, che mi interessano anche molto, ma soprattutto filano un po' di più. Ma soprattutto vorrei che si potesse parlare e conoscersi, liberamente, ascoltare musica (non il rock, ma quella che fa sognare, come i King Crimson); entrare e uscire, vorrei che le scuole fossero aperte sempre a tutti i giovani che vogliono stare insieme. Allora anche studiare sarebbe una cosa molto più bella, e servirebbe di più, perché si sarebbe meno egoisti. Tntervista a cura di Lidia Ravera e Nino Vento

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==