Muzak - anno III - n.05 - settembre 1975

Contrappunatifatti Musica inmovimento Concendiamoci una breve parentesi estiva. Il caldo impazza, e in queste condizioni non si contrappunta proprio nulla. Del resto questa rubrica ambirebbe a presentare i farri e le loro interpretazioni, non uniche o univoche: semplici proposte d'intervento e analisi. Una sorra di op1111one,non p1u gius1a di tante altre ma che tenta di costruire (o meglio: rito." struire) l'atteggiamento comune, di quello chieramento così composito che prima d'essere definito come « giovanile» è delimirato dalla voglia comune di costruire cambiando, di creare in vista di una vita e di un mondo 11 festival pop di Blot • (Francia) •~ diverso. lJna parentesi estiva dunque ma di riflessione. Sulla musica, ad esempio, sullo stato di questa parte tanto importante della nuova cultura. Quando Muzak uscì nel novembre 1973 la musica aveva già questa parte centrale. Ma il movimento ancora, credo, non ne cogliev~ tutta l'importanza emblematica (di un bisogno di stare insieme e lottare) e culturale (di una forma artistica in qualche modo già o futuramente nostra). Ma contemporaneamente si venivano facendo avanti i virus mortali di ogni forma culturale di massa: l'appiattimento e la banalità, la commercializzazione e lo sfruttamento intensivo e distruttivo. Non tanto, come gridava Stampa Alternativa perché qualcuno ci aveva rubato la musica e dovevamo riprendercela. Quanto perché non eravamo ancora arrivati alla convinzione, noi prima di tutto, che questo« movimento » o schieramento andava costruendo assieme alla nuova cultura (germi, senonaltro di nuova cultura) le sue difese e la sua forza. Poi ci fu il rifiuto della musica in gros7 se pillole, dei concerti che rimbecilliscono, e forse anche la tentazione di rifiutare tutto il pop e la sua storia in nome di un ritorno a forme ibride ambigue: e dunque revival non tutti limpidi, ma certamente significativi di una situazione difficile. Ma non tragica. Almeno se crisi vuol ancora dire trapasso, salto, mediazione sul passato in vista di un avvenire migliorato. Il movimento, dunque, affinava le sue armi. Rifiutava la logica della musica come divertimento, ne riaffermava la necessaria e imprescindibile funzione di rispecchiamento. Il referendum del 12 maggio conferma che gli sforzi di questo movimento non erano destinati a fallire in eterno. Femminismo e liberazione sessuale, aborto è droga, condizione giovanile e critica delle istituzioni, si legarono inscindibilmente e allora la musica cambio di posto. Non più il rifugio caldo e sciocco di chi non ha più nulla, non combatte e non vive, ma una ragione in più per trovarsi insieme, contarsi, vivere momenti, parziali certo, di festa. A ben guardare, e fatte le dovute scuse ai critici, I?. musica non è cambiar'! poi molto dall'inizio degli anni '60 a oggi. Certo: ha modificato, svecchiato, è progredita. Ma in un processo senza grandi scosse o salti. Musica non facit saltus! Quello che è cambiato è il modo di viverla e di ascoltarla e - naturalmente - di farla. I divi sono caduti inciampando goffamente nei loro piedi di argilla. Il mercato giustamente ristagna ed è obsoleto. Zard e Mamone si sono, sembra, defintivamente ritirati. Le rozze polemiche fra il fantasma di Re Nudo, Stampa Alternativa e Gianni Sossi (pardon: Sassi), fanno parte dei pettegolezzi che la storia presto (per fortuna) dimentica e archivia. 2001 affo. ga nelle barzellette del suo psicanalista da parrocchia. E solo nelle brume milanesi (ma forse in Svizzera) può ancora nascere e deperire un giornaletto che crede nelle dispute fra Zappa e Beefheart o può impunemente sostenere (come Fanfani e il Tempo di Roma) che la marijuana rende impotenti. Giaime Pintor

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