Sono le nove e vent1cmque, sono in anticipo, alla Piramide Cestia, fermata della metropolitana. E sera a Roma, è buio, venticello, estate nell'aria. Tra dieci minuti arriva Anna, non la vedo da quindici giorni, mille cocose da dire, pregusto il piacere di incominciare un discorso e non finirlo, avidamente, passare da un argomento all'altro, passeggiando, parlare per comunicare e non per stuzzicare voglie curiosità, brividi maschili di stupore ( « come una ragazza che pensa? una ragazza che parla? ... » ). Parlare per confrontare esperienze e verità, seccature, mode, amori magari, ma non per vantarli ... S_onoserena, tranquilla, quasi allegra. E' un'attesa senza angoscia, non mi devo spiare il trucco nello specchietto, se lei arriva in ritardo non c'è umiliazione, non devo far finta di essere arrivata anch'io da un quarto di secondo, anche se aspettO un'ora non divento automaticamente cornuta ridicola e cretina ... E' bello aspettare Anna alla formata della metropolitana· anzi, sarebbe bello, sarebb; bello se si trattasse soltanto di me, di Anna e della serata estiva, di Roma, della Piramide e del tempo, ma non è così. C'è lui, il cretino da strada. Lo vedo arrivare, dinoccolato e tirato a lucido per la sera: gonfia muscoli sbatte la portiera un paio di volte per farmi notare che « cià er cinque piotte », confabula a mezza voce con gli amici per farmi notare che cià an'. che gli amici, anzi che loro hanno lui, perché lui, ovviamente è il capo. Durante i patteggiamenti, si tratta sicuramente di scommesse su di me, vengo gratificata di alcuni sguardi valutativi: si tenta una stima unitaria del mio seno, uno descrive con un giro \'.Olgare delle pupille la curva del mio sedere alcune perplessità sulla boe'. ca, ma in fondo dal collo in Autocoscienza Cosafaitutta solasignorina? Un uomo solo è un uomo, una donna sola è una che non ha trovato un uomo. Tre donne che passeggiano insieme non sono in tre ma sono «tutte sole». Aritmentica del sessism~. sù è solo contorno. Comunque bella o brutta sono femmina, sono sola, non ho la protezione di un automobile, di un cane, di un marito o di un cavallo è sera, incarno per il gru~po la occasione, l'avventura, la dimostrazione pratica della virilità di gonfiamuscolo, il più prepotente della banda il padrone della « cinque ~iotte » (motore truccato e patacche sessual-pubblicitarie sul cofano), il più alto e il più forte a flipper, cioè il capo. Valuto la situazione, non nuova ma sempre sgradevole decido di sedermi sul terz~ gradino, coprendo attentamente le ginocchia con l'orlo della gonna e fissando il vuoto con occhio intenso e scoraggiante, come nel pieno di una meditazione zen, a concentrazione spinta. Niente da fare. Si avvicina fino ad avvolgermi in un nauseabondo afflato di brillantina, colonia, dopobarba e altri ingredienti virili da sabato sera (ha il sesso cosl fasciato dai pantaloni e i 90 pantaloni cosl stretti e il sesso così spropositato che il sospetto del'imbottitura rischia di far degenerare la mia meditazione zen in una risata). « Posso farti compagnia? », mi chiede toccando le più « albertolupo » fra le sue corde vocali. Ma è un interrogativo retorico, io taccio, lui si siede e incomincia il supplizio « Aspetti li fida·nzato », « come fai tutta sola », e « se ti -scoccio dimmelo » arrivano una dietro l'altra, sparate, previste già sentite circa novecento volte, ma sempre sconcertanti nella loro falsità. Il codice del perfetto cretino. Incomincio a odiare Anna che non arriva. Sbuffo. Lui non desiste, lancia al gruppo arrocato attorno alla macchina, uno sguardo tipo « io questa me la mangio in un boccone », sperando che la vicinanza delle nostre teste nasconda il disonore del mio silenzio. La situazione si fa tesa: lui incomincia a irritarsi, io cerco a tentoni nella borsa qualcosa da leggere, per rendere definitivo il mio rifiuto. Trovo soltanto il Messaggero di ieri, già letto, ma non importa, mi sprofondo nella pagina sportiva che non mi interessa un accidente, tanto per tenere impegnati gli occhi. Non gli sembra vero: « Fai er tifo per la Lazio? » Strozzata dall'esasperazione, umiliata dai risolini crescenti degli amici che hanno finalmente capito come va la perdita e si stanno avvicinando pronti a ridere di me e di lui contemporaneamente, sbotto e gli dico che mi deve lasciare in pace, che ho diritto, che pago le tasse, che il marciapiede appartiene ai cittadini, e via di seguito. Fino all'apoteosi dell'irritazione piccolo borghese con una minacciata denuncia ai carabinieri. Gli amici hanno improvvisamente chiaro da che parte stare, sbalorditi calla mia impudenza di vittima dedita alla ribellione, solidariz-
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