Muzak - anno III - n.05 - settembre 1975

ta) di « creazione del consenso )> e manipolazione delle coscienze, coi fenomeni del divismo e colle tecniche dell'evasione. Solo alla Warner, uno stile diverso pervade anche i film di consumo. e è ll che Bogare si forma, a seguito di altri divi dalle maschere originali e possenti, non leccate e non finte, quali E.G. Robinson (Piccolo Cesare), James Cagney (Nemico pubblico), Paul Muni (Scarface e Io sono evaso) e poi John Garfield, il ribelle sensitivo e proletario, precursore di Brando e James Dean. Poi c'è la guerra, la violenza si canalizza nella carneficina istituzionalizzata, ma i valori che cementano il sistema apparentemente reggono. Apparentemente. E' di quegli anni ('39-'45) l'affermarsi massiccio del « film nero )>, in cui convergono le influenze letterarie di Chandler e Hammett, e più indietro del secco e manierato realismo hemingwayano, le luci e ombre dei registi e operatori tedeschi di derivazione espressionista, le figure contorte e morbose soprattutto femminili, dei melodrammi di, cogia criminale ». Ambienti urbani violenti, contrastati, dai me si diceva allora « psicolopiù ricchi ai più marginali; femmine bionde frigide, cattive; pestaggi violenti; morti rapide; confusione nei moventi, negli svolgimenti, nelle conclusioni. E come filo conduttore l'inchiesta di un detective privato, in genere Bogare, che vi procedeva (vedi Il grande sonno, vera summa del genere) in un contesto quasi onirico, forte della sua virile coscienza di un mondo orrido, nel quale la molla di tutto è il denaro e non ci si può fidare nè di amici nè di amanti. La caduta delle illusioni nella salute del sistema è totale, ma poichè la censura è forte e il livello di coscienza limitato (cioè non in grado di affrontare il discorso alle radici per mancanza di strumenti ideologici adeguati e per il peso dei tabù nazionali), se ne parla indirettamente, e se ne vedono gli effetti, non le cause. Ma è in questi film che va colto il primo e profondo disagio di quei fenomeni che esploderanno più tardi nel dissenso generalizzato, e nella crisi di un sistema e dei suoi valori. In tu rro questo Bogare sta perfettamente di casa. Nella vita, egli era nient'altro che un tranquillo borghese, attore di professione, ricco e figlio di ricchi, moderatamente democratico e progressista (si è molto detto del suo antimaccartismo, ma al momento della « caccia alle streghe » contro gli inte!lettuali progressisti egli finl col tenersi in disparte, e la sua lotta fu alquanto generica, come, per altri versi quella di Gary Cooper, che era, del cinema di allora, l'anima buona e ottimista della risposta al disagio, la perpetuazione • degli ideali di derivazione ottocentesca e western). Ma sullo schermo, era un'altra cosa. Con il suo trench (l'impermeabilone di allora), la sigaretta pendula tra le labbra, le battute pungenti e amare, le « cotte » disulluse, le botte che si pigliava, finiva sempre per scoprire che la società era una merda, ma imperturbabilmente per continuare la sua lotta privata, da ultimo cavaliere di ventura, in costante conflitto col mondo e tuttavia sempre disposto a ributtarcisi dentro a caccia di giustizia, anche sapendo che giustizia quel mondo non può offrirne. La « stanchezza amara » del personaggio creato da Bogare, la sua ironia, e il suo profondo romanticismo, sono insomma la spia di una inquietudine profonda rispetto al proprio tempo, e la spia dell'incapacità o dell'impossibilità a uscirne. Ma, in 87 qualche modo, questa era già una reazione, una critica, un rifiuto. E è per questo che la sua faccia ci dice ancora così tanto, ci pare ancora cosi attuale e viva, contrariamente a quella degli altri super-divi di quegli anni (Gable, Peck, Power, Taylor, Stewart, Tracy, ecc.). Ma stiamo attenti a non cedere nel gioco alla Woody Allen. Stiamo attenti a non idealizzare oggi un atteggiamento che è tutto sommato ancora immaturo e adolescenziale. In una civiltà come la nostra, dove il raggiungimento dell'età adulta, della vera maturità, è reso difficile e quasi impossibile dallo stato di subalternità, di perpetua subordinazione a padri visibili e invisibili che sono i padroni del sistema, la presuma virilità bogartiana rischia di diventare consolatoria, di servire cioè di giustificazione a una sorta di compiacimento nell'adolescenza e nei suoi narcisismi romantici. Bogart ha fatto il suo tempo.· Il film nero pu6 essere rivisitato (vedi Chinatown) solo se si cerca di spiegare il caos che ci circonda, e individuarne i meccanismi e i responsabili; e il mito Bogare può essere goduto solo se ci mettiamo a distanza, se lo vediamo come lo specchio di una incapacità a capire e, di conseguenza, a scegliere le armi adeguate a passare all'azione, cioè, per noi, all'intervento politico nella storia e nella società. Su Bogart, dobbiamo avere i vantaggi che ci offre il marxismo, e di vivere in tempi in cui la lotta è possibile, e di massa. Negli anni 40 e 50 in USA non esisteva un'opposizione reale, di sinistra, a cui rifarsi; da noi c'è. I nostri eroi devono essere non gli eterni sconfitti dell'individualismo narcisista, ma coloro che sanno trovare agli altri gli strumenti per una lotta comune. • Fumetti Uncorto dilungadurata Corto Maltese un fumetto che ha già 5 anni, ignorato e subito dopo inflazionato. Avventuroso come Salgari, giusto e dalla parte degli oppressi. Difficile è oggi, agosto 1975, recel)sire Corto Mal tese. oi, che lo amiamo da anni, avremmo voluto parlare di lui quando era negletto ed emarginato, contribuire - allora a diffondere tra le masse il « culto della sua personalità; organizzarci in squadre di propaganda per tracciare il suo nome sui muri; annullare le schede elettorali inneggiando alle sue gesta; costituire associazioni a lui intitolate, rigorosamente segrete, per poi venire allo scoperto, quando i tempi .. Corto Maltese

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