Muzak - anno III - n.05 - settembre 1975

fuori dal tempo per accettare la realtà materiale e respingerla, ma ancora rimangono le frasi di Don't Blame God, non tutto è da dimenticare e la vera poesia nasce da un continuo confronto, da una tensione passato-futuro. M.R. Bob Marley & The Wailers Natty Dread - Island John Holt - Sings For! I' - Philips Appaiamo questi due album perché rappresentano in un certo senso due aspetti di uno stesso genere musicale per il quale è necessaria una piccola premessa di carattere culturale dato che è la prima volta che ci troviamo a parlarne. Questo tipo di musica, il reggae, nasce in Giamaica, nella capitale Kingstone dove ci sono centinaia di artisti che incidono senza mai uscire dal proprio ghetto. Sia Marley che Holt sono fratelli Rasta, cultori di una religione che riconosce la sovranità del deposto imperatore di Etiopia su tutto il mondo nero. In Etiopia vorrebbero essere rimpatriati tutti i fratelli Rasta, al sicuro dalla corruzione della Babilonia bianca. Per i Rasta la divinità si chiama semplicemente «I» {da cui il titolo del disco di Holt). Gli uomini non tagliano mai i capelli ma li uniscono a mazzetti cospargendoli di cera, i « dread locks » da cui questo Natty Dread di Marley. Le affifinità dei due musicisti terminano più o meno qui. Nella sua carriera che dura ormai da diversi anni e lo ha visto collaborare con autorevoli esponenti ti della musica di colore come Johnny Nash che ha inciso in passato diversi brani del chitarrista cantante giamaicano. L'anno scorso Eric Clapton se n'è stato per svariato tempo in testa alla Hi t Parade americana con I Shot The Sheriff, altro brano di Marley, di cui aveva inciso una versione addolcita e svirilizzata rispetto all'originale. I Shot The Sheriff non è che uno dei molti fantastici brani che Marley ha scritto da quando un discografico lo ha cominciato a costringere ad uscire da Kingstone e girare un po' il mondo. 1atty Dread è il terzo album che esce per la Island inglese {ed è il primo in cui viene usato un musicista bianco, il chitarrista Al Anderson, e un coro di ragazze per sottofondo. li long playng contiene una serie di infiammati brani antimperialisti {non si può parlare veramente di musica «politica» date le premesse così mistiche), veri e propri inni quali no Woman No Cry, Rebel Music, Revolution in cui vengono scarnificati i soprusi del ghetto e la condizione di un popolo violentato da secoli. La musica di Marley, unita con i testi, ha l'efficacia del Dylan dei tempi migliori: non bisogna lasciarsi ingannare dal fatto che i brani sono tutti irresistibilmente ballabili. li discorso per John Holt, lo avevamo preannunciato, è completamente differente e lui rappresenta, diametralmente opposto al ribelle Bob, il prototipo di artista giamaicano disposto a confezionare musica in scatola pur di uscire cialla sua condizione di . soggetto. li disco è prodotto da Tony Ashfield, uno dei produttori più attivi e privi di scrupoli di Kingston, e pieno com'è di canzonette di Hit Parade soffre oltretutto dell'arrangiamento straziante di Brian Rogers. D.M. LitIle Richard Viva il Rock'n'Roll (CBS) Sotto con un altro disco di revival {non se ne può quasi più!) E' giusto avere questo tipo di iniziative per ritornare alle radici di questa musica che è diventata ormai così popolare ma certo che quattro raccolte in media al mese rischiano di far fraintendere questo scopo e di far pensare ad un modo veloce e poco dispendioso (tanto le incisioni ci sono già) per far su' i soldi per le vacanze. In verità quesra raccolta possiede il pregio di contenere i brani migliori del « Re Del Rock' n'Roll » come Little Richard {e solo lui) continua ad autodefinirsi. Lucille, Tutti Frutti. Long Tall Sally, Good Golly Miss Molly. Nominatene uno e qui c'è di sicuro e anche l'incisione non è male. DM 73 Amon Duul II Lemmingmania (United Artlst) E' brutto vedere arrancare penosamente la critica attorno alla fatiscenza degli Amon Dull ed è molto facile, per questa critica, parlarne oggi con i riferimenti « rivoluzionari » di « Tanz Der Lemming » o « Phallus Dei ». Si distrugge per distruggere, la propria sensib[lità più in alto della altrui per forza. E va bene, un vecchio gruppo europeo mostra la corda, « Hijack » è opera fragile e priva delle riflessioni di « Wolf City » e « Vive La Trance », ma non per questo si deve parlare di morte, di fine. C'è da tenere presente una vita ormai decenne, una produzione piuttosto vasta, a cavallo delle due formazioni, Amon Duul ed Amon Duul II, con organici ed intezioni diversi, e la difficoltà di fondo: comunicare attraverso il rock elettrico, sperimentale ed acido. AD lo ha stemperato nel tempo, preferendo vie più morbide, sapori orientali, miscele californiane ed in ciò non ha svilito la forza libertaria della propria musica, l'ha invece reso più accessibile, ha fatto conoscere il suono tedesco, con i Can, all'Europa ed all'Inghilterra. E' un fatto, non ha trovato imitatori, nonostante tentativi, ha precorso i tempi, eppure ora la macchina si inceppa e noi ne parliamo caparbiamente ed in senso positivo, sull'onda di questo« LEMMINGMANIA » che risulta essere una raccolta di hits del gruppo, una compilation ordinata cd imperdibile, a mio avviso valida anche per gli appassionati estimatori dell'AD. « Archangel's Thunderbird » apre la scena nel tono epico ed aperto che conos~iamo, « Light » è una ballata elettroacustica per eccellenza, nella antica tradizione del « suono attorno al fuoco », « Beetween The Eyes » è l'ancorarsi ad angosce e paure, e fuggirle nella reinvenzione completa del rock. li resto fa parte della storia: fa eccezione qualche episodio, « Lemmingmania »i ad esempio, una novità morbida ed allucinata... la precede di un soffio « Jail Nouse Frog » vertice del linguaggio arnondulliano. MB The Eric Burdon Band: Stop (Capito!) Abbiamo già scritto del nuovo Burdon a proposito di Sun Secrets e molto rimarrebbe da aggiungere alla luce del secondo lavoro con la Band, che si è fatto ancora più violento e catalizza il passato con forza ancor più sanguigna, che vede un vocalist tutto americano, con pochi eguali ... ed ancora Burdon non ha mai avuto gruppo più funky, vicino ad Hendrix ed al blues ed alla migliore tradizione, e spiega la nevrosi di troppi giorni passati nell'alcool e se ne libera, liberando anche gli altri, man impeto, non attraverso i sogni trascorsi nei Winds of Change e realizzati solo a metà, perché l'uomo adesso è troppo provato, ed il mondo è un altro. Così dicono le note di Stop e Funky Fever e City Boy e si fanno vicini i tempi del primo beat, dopottutto la generazione di mezzo non ha cambiato tutto e Burdon lo sa, lo grida in The Way it Should Be, il modo in cui dovrebbe andare, ed ha tanto feeling dentro che ci fa pensare che siamo solo all'inizio, e le vere opere debbono venire, inaspettate, come Animalisms e The Twain we Shall Meet e Sky Pilot, mentre The Man e Rainbow già le eguagliano senza essere precisi riferimenti. Possiamo certo elogiare Burdon per ciò che sta facendo, senza notare che non vuole altro che rock e blues: lì è tutta la sua vita. Jon Mark: Songs for a Friend (Columbia) M.R. L'intimità pacata e distesa di un'artista già genio nelle file di Mark Almond traccia i contorni del primo solo, e ci giungono le note di The Bay, uno sguardo sulla baia di S. Francisco e secondo episodio con Almond, oltre Rising e '73. La sua duttilità è quasi magica, e tutta la « suite per un uccello dall'ala spezzata » {è questo il sottotilo dell'album) emana consapevole tristezza, forse dovuta al fatto di non poter più disporre interamente della

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