gliole-bene, ai giovani dimostranti che erano riusciti ad entrare). La terza sera (l'ultima) c'è stata la clamorosa e irritante beffa. In un'assemblea che si era svolta nel pomeriggio era stato chiesto il rilascio degli arrestati e l'ingresso gratuito per la sera, oltre che il permesso di leggere un comunicato prima dei concerti previsti. A tutte queste richieste la azienda di soggiorno si era dichiarata disponibile, per quello che le competeva, mentre il quesrore, per motivi di ordine pubblico, aveva ordinato che la manifestazione musicale dovesse svolgersi nello stadio comunale anziché nel parco delle Naiadi. E lo stadio, per la sua particolare struttura, ha consentito alla polizia di ren• dere impossibile ogni iniziativa da parte dei contesta• tori. Ancora una volta, quindi, il questore ha completamente scavalcato la volontà dell'organizzazione del festi• val non permettendo che qualcuno salisse sul palco per leggere il comunicato. Beffati, anche se da questa contromossa rozza e inadeguata, alcuni giovani hanno cercato di sabotare i concerti urlando slogans per praticamente tutto il tempo fino a che i celerini sono ricomparsi, per fortuna senza impegnarsi come nella sera precedente. In questo clima di torbida e provocatoria tensione si sono avvicendati sul palco il grup• po di Charlie Mingus, il Piano Workshop, il trio di Red Norvo, Chet Baker e infine il gruppo di Claudio Locascio, chiudendo un tantino forzatamente questa settima edizione del festival jazz di Pescara. E' inutile dire che questi episodi impongono un'attenta riflessione sui contenuti della gestione della musica. Ed è inutile, infatti, addossare ogni responsabilità sul comportamento effettivamente rozzo e intollerabile della polizia che, mai come ora, si è dimostrata lantana dai compi ti costituzionali che dovrebbe assolvere. Parte delle responsabilità, forse le più gravi, devono essere ricercate a monte, nei gestori veri e propri (in questo caso l'azienda di soggiorno) che si rifiutano di adot• rare quelle formule che la realtà del contesto musicale sta, da molto tempo, impo• nendo. L'organizzazione del festival di Pescara è colpevole del rifiuto di interpretare la musica come momento di aggregazione; del rifiuto delle indicazioni che possono offrire non solo la manifestazione jazzistica umbra (che come è noto è completamente gratuita) ma anche tutta una serie di manifestazioni alternative o ufficiali che stanno prendendo l'avvio in tutta I calia ( v. anche il successo della festa musicale organizzata da Muzak a Rqma). Il jazz oramai, malgrado le patetiche recriminazioni dei vecchi aficionados, è un fatto di massa e va interpretato come tale, non, quindi, imponendo prezzi e formule élitari e anacronistici, come nel caso del festival di Pescara. Oltretutto queste considerazioni sono avvalorate da una manifestazione jazzistica, chiamata « Controindicazioni » dagli organizzatori, che si è svolta, parallelamente al festival, a Penne, un delizioso paesino a 30 km. da Pescara. Si voleva, in questa sede, presentare, a prezzi popolarissimi, un panorama delle tendenze del jazz ita• liano d'avanguardia, dando al termine un'accezione ampia e non restrittiva. Hanno partecipato, in un clima di rilassata e costruttiva familiarità, alcuni tra i musicisti più interessanti del momento: Mario Schiano, i C:admo, Patrizia Scascitelli. Maurizio Giammarco al controfestival di Penne Mazzon, Liguori, Maurizio Giammarco e tanti altri. Lo unico rammarico è che, per inevitabili deficienze propagandistiche, la cosa non abbia avuto una maggiore risonanza. E' indispensabile, in conclusione, sviluppare un ampio dibattito sulla gestione della musica, esteso a tutte quelle forze che vedono nella musica uno strumenro di progresso culturale; un dibattiro che tenda a definire il rap• porto tra scelte artistiche e società in relazione, soprat• tutto, alle nuove ottiche so: ciologiche e politiche, e che definisca anche le formule capaci di esprimere questa realtà. E per questo, che mi pare un problema prioritario, spero che non me ne vogliano molto coloro che avrebbero voluto qualcosa di più preciso sui concerti ai quali bene o male siamo riusciti ad assistere al VII Jazz Festival di Pescara. Gino Castaldo
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