PERUSARE LAMUSICA LACUIJURA EAIJRECOSE SETTEMBRE1975 LIRE500 SffD AIE POST I 70 --
Produzione nazionale: garanzia di assistenza diretta, immediata, completa. Giradischi automatico con trazione a cinghia; motore sincrono a 16 poli; discesa idraulica del braccio; sospensioni ammortizzate idraulicamente -ad olio; antiskating a scale separate per la regolazione delle puntine elittiche e sferiche; preselezione del diametro dei dischi. Dopo aver selezionato il diametro del disco da ascoltare azionando la leva ON/OFF il braccio si solleva e si posiziona sopra il disco, scendendo poi lentamente su di esso; al termine della lettura il braccio si solleva e ritorna nella posizione iniziale, arrestando automaticamente il motore. Caratteristiche tecniche Velocità: 33,., e 45 g/min. Wow and flutter secondo norme DIN 45507 :!: 0.12% piatto: diametro 300 mm. peso Kg. 1,4 braccio: a discesa frenata idraulicamente pressione d'appoggio: 0-5 gr. antiskating: a molla NOVITA' Riceverete cataloghi, listini, precisazioni tecniche sulle novità Lenco di Vostro interesse. e l'elenco dei Rivenditori di Fiducia .Lenco della Vol;tra zona, richiedendoli tramite l'unito tagliando alla: ~ I l Lenco Italiana S.p.A. S -Via del Guazzatore 225 - 1 1 60027 Osimo (An) I Vi prego inviarmi senza impegno la vostra documen• I f tazione omaggio J f Nome ...... Cognome ) I Via N. I I CAP Città I L J
Collettivo redazionale • (Via Alessandria. 119 • 00198 Roma • Tel. 49563433648. Giaime Pintor (direttore). Lidia Ravera (vice direttore). Carlo Rocco (capo redattore). Danilo Moroni teapo servizi musica}, Maurizio Baiata. Angelo Camerini, Collettivo di via Anfossi di Milano. Fernanda Pivano. Roberto Silvestri, Renzo Ceschi, Antonio Belmonte, Gino Castaldo, Sandro Portorelli. Mauro Radice, Daniel Caimi & Glanfran:o Binari. Coordinazione editoriale: Lydla Tarantini - Impaginazione e grafica: Ettore Vitale - Fotografia: Piero Tognl Illustrazioni: Laura Cretara. Hanno collaborato: Corrado Sannucci, Filippo La Por· ta. Circoli Ottobre. Teresa Tartaglia, Giorgio Conti (da Londra). Roberto Laneri (dagli Usa). Agnese De Dona• to. David Grleco. Camillo Coppola. Sergìo Dulchin, Stefano Ruffini, Terenzio Mamiani, Goffredo Fofi, Nancy Ruspoli. Mario Schifano, Simone Des· si, Giacomo Marano, Roberto Renzi, Elena Croscieiky, Luigi Ulzega. In copertina Mick Jagger dei Rolling Stones Contrappunti ai fatti Il boom dei 45 giri Il festival Jazz di Pescara Le comuni ecologiche Il vero folk inglese Storia del Jazz • 11bebop La festa del proletariato giovanile a Napoli Intervista a Phil Manzanera Mario Schiano Discografia dell'underground inglese Gli Henry Cow Rolling Stones Inserto Hi-Fi Il rock francese Shawn Phillips Dischi Il ballo Chiude il Folk studio? Planet Waves L'imene •non si porta più La pagella Libri 'mmazza la vecchia col quiz• Cinema Edizioni: Publlsuono • Via A. Valenzianl. 5 • 00184 Roma • lei. 4956343· 3648 - Amministrazione: Patrizia Ot· tavlani - Pubblicità Lydla Tarantini - Segreteria editoriale: Elvira Sallola - Direttore responsabile: Luciana Pensu• ti - Abbonamenti (12 numeri) Lire 5.000 ccp n. 1/55012 Intestato a: Pu• blisuono • Via Valenzlani, 5 • Roma. Un numero Lire 500. arretrato lire 800. Diffusione: Parrlni & C. • Piazza Indi• pendenza. 11/b • Aoma • Tel. 4992. Linotipia: Velox • Via Tiburtina. 196 • Roma - Fotolito e montaggi: Cfc • Via degli Ausoni, 7 • Roma - Stampa: Agi (Arti grafiche della Lombardia) gruppo Mondadorl (Ml). Giaime Pintor Roberto Renzi Gino Castaldo Fernanda Pivano Sandro Portelli Gino Castaldo Danilo Moroni Gino Castaldo Mauro Radice Gino ~astaldo Maurizio Baiata Danilo Moroni Giacomo Marana Agnese de Donato Carlo Rocco Giaime Pintor Corrado Sannucci Giaime Pintor 7 8 11 13 16 19 21 22 24 26 28 30 35 68 71 ·12 77 78 80 81 82 83 84 85 Humphrey Bogart Goffredo Fofi 86 Fumetti • Corto Maltese Simone Dessi 87 Facciamo la festa a papà 88 -------------------------------------- Dedicato a una quindicenne non molto emancipata Lidia Ravera 91 La serigrafia Arturo Pellegrini 94 Muzak non accetta pubblicità redazionale. Gli articoli, le recensioni, le immagini e le foto di copertina sono pubblicate a unico e indipendente giudizio del collettivo redazionale. Registrazione Tribunale di Roma numero 15158 del 26-7-1973. t.vviso fondamentale: stiamo cam. blando sede (Via Alessandria è stata un po' la nostra balia, ma le balle prima o poi si lasciano). Appena ci saremo trasferiti comunicheremo numero telefonico e Indirizzo. Per ora potete telefonarci al 49.56.343 oppure 49.53.648. PER ME SI VA... Caldo infernale. appunto. Giornale rilassato, dunque. scritto immersi In vasche da bagno o sulla spiaggia (chi può). Messa fra parentesi la campagna sulla depenalizzazione dell'uso delle droghe. la riprenderemo a scuole riaperte quando il movimento reale si farà carico della questione, approfittando delle pagine in più cl dilunghiamo sulla musica (troppo trascurata, ci dicono, negli ultimi tempi). Grande Inserto alta fedeltà. manualetto per la stampa semplice in serigrafia. Muzak, almeno, servirà a qualcosa. Sempre a proposito di muzak (nel senso di musichetta) Inchiesta: Orietta Berti batte Zappa 20 000 a 500. Buon punteggio Promettiamo (ma chi cl crede?) ristrutturazioni e grandi firme. Per ora abbiamo ottenuto (già dal numero scorso} Cottredo Foti, e personaggi della kultura (pardon: cultura) .::he ci danno giudizi lampo sui libri e film. Noi, che abbiamo in sospetto la cultura. ci fidiamo più del ragazzo di Primavalle (il populismo è salvo). Rubriche e rubrichette nuove e vecchie. articoletti e articoloni•sagglo (la saggezza non c·entra). insomma come scrisse tm lettore-amico (ce ne ancora qualcuno, inconsciente) tutta • robba • buona. Dato che nessuno cl loda lo facciamo da noi. Le foglie cadono, l'autunno comincia. lte, muz&k est.
Lapassioneperl'hifi nondovrebbetrascurare il valoredeldenaroE. vicever. ILGIUSTOEQUILIBRIO P, Potenza RMS a 1000 Hz indistorta 24 W Potenza sinusoidale 36 W Curva di risposta da 20 Hz a 20 KHz ± 1 db Distorsione armonica da 20 Hz a 20 KHz < 1 % Ingressi: Pie/e up ceramico• Tape/Tuner >ATTOASJ00: SCOPREL'Hi-Fi la qualità italiana nell'alta fedeltà Calliano/Trento
Droga Adesioni Adesione di Avanguardia Operaia alla campagna, lanciata da Muzak, per la depenalizzazione delle droghe leggere. Esiste un modo nuovo di affrontare oggi la « questione droga »·: anche tra le forze rivoluzionarie si sta decisamente procedendo per uscire da una vecchia ottica fatta di moralismo e di semplice contrapposizione ideologica. Oggi l'« operazione eroina » appare sempre più come un problema politico essenziale se si vuole lavorare per lo sviluppo del movimento giovanile, un problema quindi che va affrontato politicamente. E' dunque essenziale che il movimento giovanile, per tutto quello che ha saputo finora esprimere nei circoli giovanili, nei paesi e nei quartieri cittadini, per ciò che è emerso nei grandi festival di qudt'anno, sia il principale protagonista di questa campagna politica. Battaglia decisa alla droga pesante e contro i centri mafiosi di smercio della droga sono punti su cui stanno convergendo ampie forze politiche e sociali; così del resto l'ormai acquisita distinzione a tutti gli effetti tra droghe leggere e droghe pesanti non può che portare ad una decisa mobilitazione per una reale depenalizzazione del consumo della droga e l'istituzione di laboratori sanitari specifici per la cura delle tossicomanie. Nella pratica saranno soprattut• to la denuncia capillare nei quartieri, la capacità di individuare con l'inchiesta e la contro-informazione coloro che guadagnano sui micidiali derivati dell'oppio (morfina ed eroina) ad assestare un duro colpo all'immissione sul mercato della droga pesante. In sostanza dunque si tratta di un'importante battaglia politica che del resto ben si aggancia alla sempre più vasta presa di coscienza sui problemi delle masse giovanili, alla lotta ideologica che trasformi la frustrazione in rabbia e non la lasci trasformare invece in tristezza di isolamento. La campagna contro la politica di repressione della borghesia non può - crediamo - essere disgiunta dalla mobilitazione costante ed articolata tesa a sradicare in modo capillare le basi stesse che rendono l'uso della droga una rinuncia ad un processo di trasformazione di determinati valori e pratiche sociali. Posta Ma per favore volere piantarla di parlare di musica con quel tono ispirato come se si trattasse di un rito iniziatico in cui tutti devono, chissà perché, vibrare come massaggiatori elettrici, avvolti da atmosfere magiche e folgorati da improvvisi lumi? Ciro dal numero due « chiudo gli occhi e non ascolto più col cervello ma col cuore ». (Can: Liberazione di M. Baiata). Liberissimo di « ascoltare col cuore », evitando accurata• mente il cervello, ma, come autore, potrebbe il cervello usarlo almeno per scrivere l'articolo? Titta '54 Milano Alzaglia naviglio pavese 41 Ci arrendiamo al buon senso della critica, fidando nella clemenza del pubblico. Sono soltanto le mie maniere costumare ad evitare di sputarvi in faccia ciò che sto. per scrivere ... E' arduo ormai comprare riviste musicali che non siano infestate dalla sporca politica, antidemocratiche e ricche di incitamento all'odio (non parlo naturalmente di Ciao 2001 ). Poi quando Almirante, perfino in TV, chiede la pacificazione nazionale lo tacciate di fascismo. Cosa quanto mai assurda e anacronistica. Il fa. scismo è morto e quanto ai neofascisti, devono essere considerate soltanto estremisti di destra, alla stessa stregua di quelli di sinistra. So che sicuramente mi definire5 te fascista, perché per voi fa. scista è colui che è anticomunista, chi è per la libertà e la morale. contro la corruzione. Il vostro giornaletto è il manifesto della corruzione, della contestazione. Non insegnerete niente di buono ai giovani che un domani avranno una famiglia ... Ma la contestazione porta all'anarchia. E' semplicemente abominevole. Un anticomunista convinto La prima tentazione sarebbe mutuare dalle piazze un celebre slogan che finisce più o meno così: « parole poche, sprangate tante ». Ma potrebbe sembrare un facile estremismo e noi estremisti, in fondo, non siamo. Allora bisogna rispondere. Dunque... Caro lettore... in merito alla sua protesta ... senti, secondo noi Almirante in televisione... No, non è possibile. Possiamo soltanto sperare che sia l'ultimo esemplare di una razza in estinzione fra i lettori di Muzak, almeno fra i lettori di Muzak ... Mi sono alzato dal letto, il caldo è tremendo, afoso, africano, io nudo senza panta• Ioni, con gli slip h.:, deciso di scrivere qualcosa ... la generazione del sessantotto è ormai vecchia, per cui si sente parlare di libertà e ancora credono che la donna sia un esserino: qualche sessantotti• sta dirà che il '68 ha cambiato molto, io credo invece che la contestazione se cosl si vuol chiamare è stata importante per svegliare quelli che dormono, ma radicalmente poco è cambiato nella scuola,· nella famiglia, nel modo di pensare. Licciardello Antonio Catania Sull'attività epistolare come rinfresco abbiamo alcuni dubbi, ma al letto in mutande (benché ci sembri un po' osé non mettersi neppure i èalzoni per scrivere a Muzak) val la pena di rispondere. Ammettere al '68 il merito sociale di avere svegliato quelli che dormono è, pur nella sua genericità, già molto ed è vero. Vero anche, però, che la rivoluzione culturale non l'ha ancora fatta nessuno e che i comportamenti non sono ancora radicalmenmente mutati. Ma il '68 (data di cui spesso si abusa caricandola di significati che la trascendono) non è un numero magico: è solo l'inizio di un processo che vede i giovani, gli studenti 11011 più relegati nel ghetto di irresponsabilità dell'infanzia e del!'adolescenza, ma protagonisti del proprio destino, socialmente responsabili a partire dal loro ruolo di studenti e di operai. Importante, importantissimo, ma un inizio, solo un inizio E la marcia è lunga. Cara redazione, per favore fare un po' più di attenzione: mi avete firmato l' Asino (insinuazione?) a pag. 48 e avete omesso la medesima (firma, non insinuazione) al cinema a pag. 52. Tanto v; dovevo. Giaime Pintor • Seycelles
N 2507 piastra di registrazione da collegare ad un amplificatore o ad un fonostereo. Possibilità di impiego di cassette al biossido di cromo, con commutazione automatica. Circuito DNL per la soppressione dinamica del fruscio del nastro. Testi· na "Long·Life" a lunga durata. PHILIPS quandoilsuonof ~z~
Contrappunatifatti Musica inmovimento Concendiamoci una breve parentesi estiva. Il caldo impazza, e in queste condizioni non si contrappunta proprio nulla. Del resto questa rubrica ambirebbe a presentare i farri e le loro interpretazioni, non uniche o univoche: semplici proposte d'intervento e analisi. Una sorra di op1111one,non p1u gius1a di tante altre ma che tenta di costruire (o meglio: rito." struire) l'atteggiamento comune, di quello chieramento così composito che prima d'essere definito come « giovanile» è delimirato dalla voglia comune di costruire cambiando, di creare in vista di una vita e di un mondo 11 festival pop di Blot • (Francia) •~ diverso. lJna parentesi estiva dunque ma di riflessione. Sulla musica, ad esempio, sullo stato di questa parte tanto importante della nuova cultura. Quando Muzak uscì nel novembre 1973 la musica aveva già questa parte centrale. Ma il movimento ancora, credo, non ne cogliev~ tutta l'importanza emblematica (di un bisogno di stare insieme e lottare) e culturale (di una forma artistica in qualche modo già o futuramente nostra). Ma contemporaneamente si venivano facendo avanti i virus mortali di ogni forma culturale di massa: l'appiattimento e la banalità, la commercializzazione e lo sfruttamento intensivo e distruttivo. Non tanto, come gridava Stampa Alternativa perché qualcuno ci aveva rubato la musica e dovevamo riprendercela. Quanto perché non eravamo ancora arrivati alla convinzione, noi prima di tutto, che questo« movimento » o schieramento andava costruendo assieme alla nuova cultura (germi, senonaltro di nuova cultura) le sue difese e la sua forza. Poi ci fu il rifiuto della musica in gros7 se pillole, dei concerti che rimbecilliscono, e forse anche la tentazione di rifiutare tutto il pop e la sua storia in nome di un ritorno a forme ibride ambigue: e dunque revival non tutti limpidi, ma certamente significativi di una situazione difficile. Ma non tragica. Almeno se crisi vuol ancora dire trapasso, salto, mediazione sul passato in vista di un avvenire migliorato. Il movimento, dunque, affinava le sue armi. Rifiutava la logica della musica come divertimento, ne riaffermava la necessaria e imprescindibile funzione di rispecchiamento. Il referendum del 12 maggio conferma che gli sforzi di questo movimento non erano destinati a fallire in eterno. Femminismo e liberazione sessuale, aborto è droga, condizione giovanile e critica delle istituzioni, si legarono inscindibilmente e allora la musica cambio di posto. Non più il rifugio caldo e sciocco di chi non ha più nulla, non combatte e non vive, ma una ragione in più per trovarsi insieme, contarsi, vivere momenti, parziali certo, di festa. A ben guardare, e fatte le dovute scuse ai critici, I?. musica non è cambiar'! poi molto dall'inizio degli anni '60 a oggi. Certo: ha modificato, svecchiato, è progredita. Ma in un processo senza grandi scosse o salti. Musica non facit saltus! Quello che è cambiato è il modo di viverla e di ascoltarla e - naturalmente - di farla. I divi sono caduti inciampando goffamente nei loro piedi di argilla. Il mercato giustamente ristagna ed è obsoleto. Zard e Mamone si sono, sembra, defintivamente ritirati. Le rozze polemiche fra il fantasma di Re Nudo, Stampa Alternativa e Gianni Sossi (pardon: Sassi), fanno parte dei pettegolezzi che la storia presto (per fortuna) dimentica e archivia. 2001 affo. ga nelle barzellette del suo psicanalista da parrocchia. E solo nelle brume milanesi (ma forse in Svizzera) può ancora nascere e deperire un giornaletto che crede nelle dispute fra Zappa e Beefheart o può impunemente sostenere (come Fanfani e il Tempo di Roma) che la marijuana rende impotenti. Giaime Pintor
Manipolazione E'leggera: pesaalcuni miliardi Il 45 giri si prende la rivincita, complice la Rai e la sua non politica di gestione della cultura: ma la colpa non è solo della pigrizia. Due sapienti « passaggi » in Tv valgono 50.000 ... Segno di macroscopica involuzione, il 45 giri è pienamente ritornato in auge con il goliardico trionfalismo che gli è tipico e dilaga nel paese ricordandoci quale spaventosa e torbida macchina per far soldi sia stato in un passato non molto lontano. E siamo di fronte, ancora una volta, ad un clamoroso « boom » di questo fatisciente prodotto, che molti davano per spacciato, talmente invecchiato da aver perso quella patina di giovanilismo che sembrava avere definitivamente assunto. Sono tornate quelle vendite da capogiro che avevano fatto del 45 giri il simbolo di un'epoca n'la questa volta, se di simbolo si può parlare, il « boom » ha caratteristiche completamente differenti. Il revival, infatti, è la rivincita degli adulti piccolo-borghesi sullo strapotere che i teenagers hanno detenuto per molti anni, per poi dedicarsi a tutte altre cose o, se non altro, all'ascolro più qualificato ed esperto richiesto dal 33 giri. Ed è proprio questo esercito di ideologhi repressi e di professionisti della frustrazione che è il ceto medio a sorreggere, col massiccio appoggio dei bambini, questo revival. Costoro, dopo aver subito per anni l'incontrollabile ventata del pop, hanno voluto a loro modo rumoreggiare, farsi notare, esigere un riconoscimento al proprio gusto; in ultima analisi hanno voluto rivendicare il loro essere « mercato» (dato che qualcuno se l'era dimenticato). E l'anno fatto quando si sono accorti che il mercato discografico aveva da tempo perso ogni tipo di configurazione qualitativa e sociologica ed era, in un certo senso, campo libero; libera preda di chi volesse, nello anonimato, dare una sua impronta ad uno dei « lussi di comunicazione di massa » più incidenti e diffusi. Pertanto, nostro malgrado, dobbiamo ricordare con nostalgia i tempi in cui qualche cima alla nostra hit-parade, e volta i Beatles arrivavano in poi, in fondo, diciamolo pure, persino le « lacrime sul viso » di Bobby Solo erano meno offensive dei reazionari piagnistei dei Modugno di oggi. Non che le classifiche di vendita siano mai state degli esempi particolarmente fulgidi di intelligenza e di gusto, ma è sufficiente un rapido sguardo a quelle attuali per capire a quale livello abissalmente profondo di idiozia siamo arrivati. A parte il caso del tutto (lo speriamo) eccezionale di Modugno, data la totale mancanza cli rinnovamento nel campo della canzone molti vecchi idoli, (Mina, Celentano, Al Bano) invece cli essere stati definitivamente messi in pensione, continuano a collezionare successi, confortati dallo squallore circostante. Altro segno quanto mai caratteristico è l'incredibile quanto deprimente successo dei pezzi orchestrali dovuti sia ad orchestre più o meno fantasma sia a jazzisti in cerca di più facili guadagni. Trionfano anche i più anonimi complessi all'italiana, praticamente indi- • stinguibili uno dall'altro, e anche qui, non a caso, le vecchie glorie (Equipe 84, Pooh, Camaleonti, ecc ... ) continuano a prosperare. Persino un sepolto e dimenticato come Mal ha potuto, in quesro contesto, arrivare alle più ragguardevoli vette della classi fica dei 4 5 giri. Niente cli strano, considerando tutto il resto. Nè questa anonima invasione eia maggioranza silenziosa si limita al disco di piccolo formato; anche il mercato degli LP, con qualche sfumatura in meno, segue il destino del suo fratello minore. Trionfano, in sostanza, le canzoni ferocemente all'antica e la musica cli sotrofondo e il tutto con vendite cli centinaia di migliaia di copie. E torna di attualità, con una rilevanza forse inedita, la questione del malcostume musicale italiano. Malcostu8 me nel quale, per ovvi motivi, le case discografiche hanno sempre attinto le fette più cospicue dei loro introiti, assumendosi una grossa parte delle responsabilità di questa situazione. Ma le case discografiche hanno solo il torto di essere inseri te in un sistema economico basato sul profitto e la competitività produttiva, e di ragionare m conseguenza. Ben più gravi responsabilità, come al solito, devono essere addebitate alle istituzioni che avallano e diffondono quelle scelte che, avendo come unica giustificazione la legge del profitto, esaltano gli aspetti più deteriori della sottocultura canzonettistica. Stiamo parlando della RAITV ovviamente, che è il più importante sbocco promozionale della produzione discografica. In questo senso si può dire che l'ente radiotelevisivo sia un portavoce diretto degli interessi speculativi dell'industria della canzone, perpetuando anche in questo caso quell'equivoco di fondo che è il concetto basi lare delle scelte culturali della RAITV. L'errore, cioè, di considerare gli utenti come una massa informe dai gusti palesemente rozzi e qualunquisti, che però si ha il dovere di accontentare incondizionatamente, salvo quelle fasce orarie emarginate dal grande ascolto, in cui per quei pochi ascoltatori di buona volontà si tenta (malamente) un discorso di informazione e di educazione. A monte, quindi, c'è la più totale sfiducia (che in fondo significa mancanza di rispetto) nei confronti del pubblico, la cui immagine, distorta dai sondaggi di gradimento e dalla pessima gestione politica dell'ente, serve da alibi alla propaganda dell'idiozia. E in questo la Rai è perfettamente allineata con quel generale distacco che si sta sempre più verificando tra masse e istituzioni pubbliche. Nè ci si può appellare in qualche modo agli sforzi individuali che in molti casi vengono portati a-
vanti dall'interno, data la rigida struttura accentratrice dell'ente radiotelevisivo chiaramente opposta a quelle esigenze di decentramento e di apertura democratica che sono necessarie e irrinunciabili per un monopolio dell'informazione. E' evidente, in questo contesto, come molto spesso le scelte dei discografici si identifichino pienamente con quelle della Rai; ambedue carenti di qualsiasi impegno nel promuovere e diffondere cultura. In pratica la RAI-TV vive sul ricatto dei discografici i quali, con la loro attività permettono all'ente di coprire centinaia e centinaia di ore di programmazione che altrimenti implicherebbero dei costi di produzione enormi. Ma, ricatto a parte, manca completamente, come è sempre mancata, la volontà di cercare un equilibrio tra spettacolarità e creat1v1ta culturale che scavalchi la brutale imemdiatezza delle contingenze produttive delle case discografiche. Con l'avallo del monopolio radiotelevisivo, quindi, rl 45 giri sta vivendo una prodigiosa seconda giovinezza. Indicativo può essere l'esempio dell'indecente successo di « Piange il telefono » di Modugno. Alla sua uscita era stato (per fortuna!) quasi completamente ignorato dai programmi radiofonici, ma è intervenuto il pesante braccio della televisione che per potere di influenza è nettamente superiore alla sorella Radio. Sono bastati due passaggi televisivi, che tutti ricorderanno con angoscia indescribile, sceneggiati con sottilissima abilità, scatenare una furibonda caccia al disco che ha fruttato in pochi giorni qualcosa come 50.000 copie di vendita, che poi sono state solo un leggero assaggio delle astronomiche cifre raggiunte in seguito (e che, qui andiamo documentando). Stesso discorso potrebbe essere fatto per la commovenDomenico ModuQno con Francesca Guadagno 9 re « Parlami d'amore Mariù » impeccabilmente eseguita dal redivivo Mal (ex Primi tives, che qualcuno ricorderà con tenerezza nelle notti brave del Piper club di qualche anno fa). Sigla del ciclo dedicato a Vittorio De Sica; destino, tra l'altro, toccato con la -stessa abbondanza di successo ad un'altra orrenda sigla televisiva di qualche tempo fa: « A blue shadow ». Ma anche la Radio, quando vuole, riesce a fabbricare dal da un lato una minore incinulla questi successi avendo denza ma dall'altro una maggiore disponibilità nel numero dei passaggi il cui ritmo, certe volte, rasenta l'ossessione. E il prossimo futuro è paurosamente oscurato dalla nube di questo revival del gusto apocalitticamente reazionario, quasi come dire una sonorizzazione del malcostume. E a questo punto i qualunquisti, sorridendo del nostro giovanile entusiasmo rinnovatore, potrebbero obiettarci che il malcostume ha un che di eterno, specialmente nel nostro paese che a suo tempo è stato definitivamente fatto fuori dal giro delle nazioni civili. E noi che presuntuosamente viviamo nella convinzione che il malcostume sia generato da certe strutture ben precise e non viceversa, prepariamoci a combattere questa battaglia, magari per una volta a colpi di 45 giri. Roberto Reni.i Cantache • • s1mcassa Quanto denaro rende la RaiT v ai discografici? Se non ci fosse l'evidenza delle cifre, l'esempio di Piange il telefono (l'ultimo successo del cretinismo-democristiancanoro) sembrerebbe un paradosso. Ed è invece signi-
ficativo di una realtà dimostrata e dimostrabile. La vendita del 45 giri, infatti, si aggira sulle 800.000 copie e arriverà a sfiorare il milione di copie. E' facile, con un conto elementare, calcolare quanto (detratte le spese vive e le spese di distribuzione) la Casa discografica e l'autore andranno a prendere: quasi mezzo miliardo. Non meno significativo è il caso di Mal con Parlami d'amore Mariù: 500.000 copie, un guadagno netto di 300 milioni di lire. Singolare (ma anche questo pianificato) che la radio abbia ripreso questo disco lanciato prima dalla televisione come colonna sonora del ciclo dedicato a De Sica. Come Piange il telefono aveva fatto, prima di essere sparato dalla radio, due «passaggi» in Tv che avevano fruttato non meno di 50.000 copie. Il meccanismo di manipolazione è sempre lo stesso: la televisione lancia, la radio ripete f ino all'ossessione, fino a che la musichetta non lascia più 11guardiano del faro tregua e ci si trova quasi per caso a canticchiarla facendosi la barba o aspettando l'autobus. Esempi a centinaia: Il Guardiano del Faro (Amore grande, stessa tecnica: prima Tv poi radio, 300.000 copie vendute); Yuppi Du (cinema-radio rende un po' di meno: 150.000 copie). Ma ili esempi ci sono anche in negativo: l'ultimo 45 giri di Mina, considerato osé e dunque mai programmato, ha venduto, nonostante la cantante e la sua enorme pooplarità, appena 30 o 40.000 copzè (L'importante è finire). A.Be. Tredischi centolire « Cha cha cha della segretaria ( ...) », così si esprimeva tempo addietro il JuxeBu. mcora con le code da 10 Chevrolet, nello stabilimento balneare più a portata di mano. A portata di mano era anche la musica che vi si ascoltava rispetto agli eroi di oltreoceano tipo Little Richard. In questo, dobbiamo dire, lo scatolone musicale, forse il parente più stretto del vecchio e romantico organino, non è da allora cambiato troppo. La musica che vi si ascolta è, oggi più di ieri (e possibilmente meno di domani), tanto a portata di mano che basta sentire due note di una canzone per poi continuare da soli. Naturalmente alludiamo in particoalr modo ai juke-box di periferia, non quelli piazzati nelle zone bene della città, e naturalmente la musica di cui parliamo è il palliativo a «popeggiamenti» più complessi ed esotici. I vari concorsi, tanto simili a quelli ministeriali, nell'ambito della musica leggera non mancano di istitu- .donalizzare ogni anno gli stili (si fa per dire) musicali che appagano gli istinti meno fantasiosi e più pigri dei mangiatori . di « muzak ». Questo è un popolo che si pasce di melodie prevedibili e ritornelli ossessivi, quelli per capirci, che vi entrano nel cervello e siete costretti ad andarli a cantare a squarciagola in piena campagna per liberarvene. La musica strumentale, tanto edificante quando legata a motivi culturali interessanti, diventa nella musica in scatola Amore Grande Amore Libero di Arfemo, il Guardiano del Faro. La melodia, eseguita da un sintetizzatore ormai spurgato da qualsiasi intento psichedelico, continua a spruzzare dagli altoparlanti di un juke-box e la nostra meraviglia aumenta ogni volta che il brano viene «gettonato»: « Va bene la pigrizia del pubblico, ma questo se lo può suonare ognuno a casa sua sul pianoforte piccolo del fratellino ». Nonostante il nostro stupore il Guardiano va fortissimo come è sempre andata fortissimo Orietta Berti, del resto. Qual'è il fascino del jukebox dunque? Forse il fatto di poter ascoltare senza tanti scrupoli quello che a casa sarebbe vergognoso prendere in considerazione? Se ci capita di dover scegliere tra Alice Cooper e Rosanna Fratello ad esempio, non c'è problema: vada per il « muzak » meno peggio. Un pezzo degli Sweet può diventare una perla rara in uno di quei juke-box di periferia di cui sopra: sissignori, il juke-box è sottomusica! « Il pubblico » insiste il, Guardaino dal suo Faro « ha scelto la mia musica perché era stanco di quello che c'era e voleva cambiare. Lo stesso morivo per cui tutti hanno votato PCI ». Bene, pur rallegrandoci per la carica rivoluzionaria del nostro amico vogliamo sperare che lo spostamento a sinistra del paese sia fondato su basi più solide. Danilo Moroni
Pescara Il freee,in libertap, rovvisoria La batteria ce la suonano sulla testa, la tromba la suona il vicequestore: questo è il new-jazz italiano. Ecco come s'è svolto il festival jazz di Pescara ... Di jazz, quest'anno a Pescara, se n'è visto molto poco e di quel poco, data la situazione, non ci interessa neanche parlarne. C'è molto da dire, invece, sui gravi incidenti che hanno caratterizzato la manifestazione e che, per l'ennesima volta, impongono una riflessione costruttiva su quello che è la gestione della musica in Italia. Mai si è arrivati a tanto in un festival jazz. Quello che è successo ha ricordato, piuttosto, i fatti più volte accaduti in occasione di concerti rock. Ma evidentemente anche in questa sede (che molti vorrebbero restasse un incontaminato tempio di un anacronistico e non meglio identificato culto del ballo) la sferzata dell'ordine pubblico si è fatta sentire con tutta la sua arrogante e provocacoria pesantezza. Ma ecco i fatti di quesco festival involontariamente itinerante (si è svolto, infatti, in quattro luoghi differenti). Tralasciando la nostalgica e tranquilla apertura che si è svolta nella piazza-chic di Pescara, il festival doveva inaugurarsi alle Naiadi la sera del 12, senonché il cattivo tempo ha costretto gli organizzatori a dirottare il tutto, in situazione d'emergenza, al palazzetto dello sport, molto meno capiente del parco delle naiadi e perciò .strapieno. In questa situazione, nessuno ha badato a tutti quei ragazzi che sono riusciti ad entrare gratis e tutto è andato liscio, consentendo il normale svolgimento dei concerti in programma. Si sono esibiti i gruppi di Zoot Sims e di Elvin Jones e il sassofonista Anthony Braxton da solo, risc;uotendo tutti un notevolissimo successo. La sera seguente, per le condizioni meteorologiche di nuovo buone, il festival è tornato alle Naiadi ed è Il che sono avvenuti i gravissimi incidenti. Don L.nerry 11 La polizia, infatti, scavalcando addirittura il volere del1'azienda di soggiorno che voleva concedere l'ingresso gratuito ai giovani che protestavano fuori dei cancelli, ha reagito alla contestazione del festival con violenza crassa e isterica, caricando e pestando alla cieca •(sembra addirittura che Don Cherry e il suo sassofonista Frank Loewe siano stati travolti in una di queste cariche mentre ignari si stavano recando alle Naiadi dove erano attesi per il concerto). Da questo momento in poi c'è stato un susseguirsi ininterrotto di assicurazioni formali da parte dell'azienda di soggiorno, che garantiva l'ingresso gratuito a coloro che erano rimasti fuori; assicurazioni che venivano puntualmente smentite dai « tutori dell'ordine » che continuavano a pestare ed arrestare con la massima leggerezza coloro che volevano entrare. In una di queste illusorie pause è iniziato il concerto del gruppo di Don Cherry, per l'occasione particolarmente arrabbiato, che in un modo o nell'altro è riuscito ad andare avanti per una buona mezz'ora fino a che si è capito che al di là dei cancelli si era passati ai gas lacrimogeni, ben lungi dal permettere l'ingresso libero. Nel frattempo, infatti, erano arrivati i rinforzi inviati dal questore per portare a termine l'operazione repressiva in corso, completata da alcuni agenti in borghese che, secondo la solita tecnica, si nascondevano tra i dimostranti per agire con più efficacia. All'interno, nel contempo, con la problematica e disagiata esibizione di Don Cherry il discorso musicale era stato bruscamente chiuso, cedendo il posto ad un caorico ed informale dibattito che si svolgeva davanti ad un pubblico irrequieto (curioso e irripetibile miscuglio di gente di diverse estrazioni; dal critico sofisticato alle forni -+
gliole-bene, ai giovani dimostranti che erano riusciti ad entrare). La terza sera (l'ultima) c'è stata la clamorosa e irritante beffa. In un'assemblea che si era svolta nel pomeriggio era stato chiesto il rilascio degli arrestati e l'ingresso gratuito per la sera, oltre che il permesso di leggere un comunicato prima dei concerti previsti. A tutte queste richieste la azienda di soggiorno si era dichiarata disponibile, per quello che le competeva, mentre il quesrore, per motivi di ordine pubblico, aveva ordinato che la manifestazione musicale dovesse svolgersi nello stadio comunale anziché nel parco delle Naiadi. E lo stadio, per la sua particolare struttura, ha consentito alla polizia di ren• dere impossibile ogni iniziativa da parte dei contesta• tori. Ancora una volta, quindi, il questore ha completamente scavalcato la volontà dell'organizzazione del festi• val non permettendo che qualcuno salisse sul palco per leggere il comunicato. Beffati, anche se da questa contromossa rozza e inadeguata, alcuni giovani hanno cercato di sabotare i concerti urlando slogans per praticamente tutto il tempo fino a che i celerini sono ricomparsi, per fortuna senza impegnarsi come nella sera precedente. In questo clima di torbida e provocatoria tensione si sono avvicendati sul palco il grup• po di Charlie Mingus, il Piano Workshop, il trio di Red Norvo, Chet Baker e infine il gruppo di Claudio Locascio, chiudendo un tantino forzatamente questa settima edizione del festival jazz di Pescara. E' inutile dire che questi episodi impongono un'attenta riflessione sui contenuti della gestione della musica. Ed è inutile, infatti, addossare ogni responsabilità sul comportamento effettivamente rozzo e intollerabile della polizia che, mai come ora, si è dimostrata lantana dai compi ti costituzionali che dovrebbe assolvere. Parte delle responsabilità, forse le più gravi, devono essere ricercate a monte, nei gestori veri e propri (in questo caso l'azienda di soggiorno) che si rifiutano di adot• rare quelle formule che la realtà del contesto musicale sta, da molto tempo, impo• nendo. L'organizzazione del festival di Pescara è colpevole del rifiuto di interpretare la musica come momento di aggregazione; del rifiuto delle indicazioni che possono offrire non solo la manifestazione jazzistica umbra (che come è noto è completamente gratuita) ma anche tutta una serie di manifestazioni alternative o ufficiali che stanno prendendo l'avvio in tutta I calia ( v. anche il successo della festa musicale organizzata da Muzak a Rqma). Il jazz oramai, malgrado le patetiche recriminazioni dei vecchi aficionados, è un fatto di massa e va interpretato come tale, non, quindi, imponendo prezzi e formule élitari e anacronistici, come nel caso del festival di Pescara. Oltretutto queste considerazioni sono avvalorate da una manifestazione jazzistica, chiamata « Controindicazioni » dagli organizzatori, che si è svolta, parallelamente al festival, a Penne, un delizioso paesino a 30 km. da Pescara. Si voleva, in questa sede, presentare, a prezzi popolarissimi, un panorama delle tendenze del jazz ita• liano d'avanguardia, dando al termine un'accezione ampia e non restrittiva. Hanno partecipato, in un clima di rilassata e costruttiva familiarità, alcuni tra i musicisti più interessanti del momento: Mario Schiano, i C:admo, Patrizia Scascitelli. Maurizio Giammarco al controfestival di Penne Mazzon, Liguori, Maurizio Giammarco e tanti altri. Lo unico rammarico è che, per inevitabili deficienze propagandistiche, la cosa non abbia avuto una maggiore risonanza. E' indispensabile, in conclusione, sviluppare un ampio dibattito sulla gestione della musica, esteso a tutte quelle forze che vedono nella musica uno strumenro di progresso culturale; un dibattiro che tenda a definire il rap• porto tra scelte artistiche e società in relazione, soprat• tutto, alle nuove ottiche so: ciologiche e politiche, e che definisca anche le formule capaci di esprimere questa realtà. E per questo, che mi pare un problema prioritario, spero che non me ne vogliano molto coloro che avrebbero voluto qualcosa di più preciso sui concerti ai quali bene o male siamo riusciti ad assistere al VII Jazz Festival di Pescara. Gino Castaldo
Parlare delle comuni rurali a sfondo ecologico significa quasi inevitabilmente suscitare il sospetto che queste comuni abbiano voluto proporre un « ritorno alla natura » e dunque abbiano compiuto un passo indietro rispetto al progresso tecnologico che ha condotto all'industrializzazione dell'agricoltura. Il sospetto in alcuni è tenace, nonostante la scena utopistica del neopionierismo protestatario d'America sia ormai abbastanza lontana nel tempo da permettere di vederla nella sua prospettiva storica, libera dunque da interpretazioni manipola te o demagogiche. Ormai si dovrebbe sapere che le comuni rurali a sfondo e-· cologico sono nate come pro-' testa al sistema e come proposta di uno Stile di Vita basato sulla rinuncia alla pro-· prietà privata e al potere. Si regolavano su basi anarchico-tribali secondo le quali le « tribù >> per lo più vivevano, senza divisioni gerarchiche, in un'unica stanza, a volte un locale coperto da una cupola geodesica, a volte una capanna costruita secondo la tecnica dello adobe. L'adobe è un mattone di fango seccato al sole. Gli Indiani delle Pianure d'America li facevano mescolando terra e acqua con paglia e versando la poltiglia in stampi che poi venivano lasciati seccare al sole per 15 giorni. Questi mattoni venivano disposti in un fossato alto circa 30 centimetri a fare da fondamenta e venivano alzati per un paio di metri in straDossiercomun3i/ Bhippyruspante Fernanda Pivano Alla ricerca di una fuga dal capitale, dalle città venifiche, dai rapporti di proprietà e dal lavoro alienato, Hay William 21 anni, 80 acri di terra, ha fondato nel 1963 negli Stati Uniti la prima comune rurale. Si chiamava Tolstoy Farm. ti connessi con la malta, sorretti da vertigas, da pilastri rotondi farti di tronchi d'albero sui quali venivano appoggiate le lotillas, le travi di pioppo. Fu questa la tecnica costruttiva che insieme all'uso delle cupole geodesiche permise alla maggior parte delle comuni rurali di costruirsi una casa. L'obiezione più facile è sempre la stessa: indietro non si torna, non è possibile proporre una tecnica usata secoli fa da una civiltà sommersa, e così via; è anche la risposta all'obiezione è sempre la stessa: il fango, la paglia, il sole e i tronchi della foresta non costano niente mentre le case prefabbricate, j[ cemento, la serramenta, le scandole e tutto il resto hanno prezzi che a quei secessionisti riuscivano inaccessibili. Ma sono obiezioni e risposte che non tengono conto della vera proposta del rilancio dell'adobe: più ancora che l'aspetto economico del problema a questi pionieri della ricostruzione ecologica, affranti dallo spettacolo di grattacieli e bunker indistruttibili di cemento, interessaJ >,cy.;~ ~· ""o"'•l -~;!~~~~';; 13 va la possibilità di un' abi razione che in due anni pu6 venire cancellata dal vento e dalla pioggia senza lasciare alcuna traccia, come se non fosse mai stata costruita, senza bisogno di bulldozers o di dinamite e senza che il terreno dove è stata costruita venga sottratto per sempre al ritmo naturale dell'ecologia. Una delle prime comuni a fare questa proposta fu New Buffalo, a Nord di Taos, nel Nuovo Messico, 103 acri, fondata il primo giorno di estate 1967, registrata come organizzazione a non profitto, finanziata con 50.000 dollari da Dick Cline, che se ne andò appena la tribù cominciò a funzionare. New Buffalo si trova nel cuore della zona dei Chicano: il 75% della popolazione è isparro-americana e il resto è costituito da « anglos » e da Indiani Taos discendenti dagli antichi indigeni. Un quarto dei Chicano di Taos sono disoccupati e vivono di sovvenzioni governative e di tagliandi governativi che assicurano la distribuzione razionata di cibo gratuito; e al momento d~ll'invasione dei cosiddetti Figli dei Fiori sono stati i più ostili a questa specie di ondata migratoria, facendo di ogni erba un fascio e mescolando i parassiti-drogati-figli di mamma etc., agli utopisti che andavano in cerca di un luogo dove tentar di realizzare la loro proposta. Quando parleremo delle CO· muni a sfondo rivoluzionario vedremo che i Chicano impe- -+
gnati nella riforma terriera e nella rivendicazione della terra usurpata dagli Americani sono stati altrettanto inflessibili dei loro compagni « non impegnati » nel respingere gli utopisti della rivoluzione politicizzata; per ora vorrei ricordare che New Buffalo fu fondata con l'idea di cercare, frugando nelle tradizione degli Indiani del SudOvest, un bandolo di saggezza da suggerire alla follia bianca contemporanea. Fu un poeta di New York, Max Minstein (uno dei fondatori, che più tardi si staccò da questa comune per andare a fondarne una politicizzata e rivoluzionaria), a scegliere questo nome, ispirandosi al bufalo, che per secoli aveva fornito alla civiltà preesistente a quella americana il cibo, l'abbigliamento, il combustibile e il riparo, vale a dire tutti gli elementi della vita integrata. In attesa di cattivarsi la fiducia degli Indiani la tribù visse nelle tepees, le tende usate dagli Indiani nei loro accampamenti e si nutrl di cibo tradizionale indiano (granoturco, fagioli, e quando capitava cervo lesso), andando ad attingere l'acqua ai torrenti e cucinando all'aperto; intanto coltivava a granoturco il suo terreno « liberato ». Quando il granoturco fu pronto per la mietitura, chiese agli Indiani del pueblo, villaggio vicino di celebrare l'avvenimento con la loro rituale danza della mietitura e in quell'occasione riusci a farsi insegnare la loro tecnica costruttiva. A questo punto i neo pionieri ebbero un elemento in più a disposizione per il loro programma di aiutare la terra a ristabilire il suo devastato equilibrio ecologico. Questo è stato infatti il progetto dei neo utopisti: l'idea era di « servire » la terra anziché « sfruttarla » come era avvenuto dall'avvento della agricoltura industriale in poi; e servire la terra significava appunto ricondurla alla sua ecologia originaria. Per questo non è giusto limitare i termini della loro proposta a una sfida neoromantica (contro la società urbana del1'asfalto) realizzata con il ritorno alla madreterra (di stampo Rousseauiano), come pensano i nostalgici quando parlano di uno sterile e antistorico « ritorno alla natura », e non è neanche giusto limitare il loro esperimento al tentativo di raggiungere un'autosufficienza economica secondo l'esempio delle comuni ottocentesche d'America. Si capisce che il primo problema contro il quale questa come le altre comuni ruraliecologiche, si trovarono a cozzare fu quello dell'autonomia dai ritrovati tecnologici; e si capisce che l'esperimento di tornare all'uso di macine, trattori a vapore, seghe a mano, e simili non offrl una soluzione possibile, ora che l'agricoltura, spinta 14 dalla necessità di una produzione intensiva di cibo tale da essere sufficiente a nutrire le masse di popolazione contemporanea, non poteva più fare a meno di attrezzature tecnologiche altamente specializzate e delle nuove metodologie basate sull'uso dei concimi chimici, sull'allevamento arri fidale del bestiame, sulle monoculture redditizie quanto ecologicamente distruttive, sui trattori motorizzati e inquinanti a tutti i livelli. Contro questa tecnqlogia enti-ecologica e inquinante gli utopisti delle comuni rurali hanno proposto il ricorno alla coltivazione organica (che esclude i concimi chimici), lo sfruttamento di ogni tratto di terreno, le coltivazioni a rotazione, l'uso di orti idroponici (nei quali piante e legumi vengono coltivati nell'acqua e non nella terra, in modo da assièurare la coltivazione anche delle zone in cui il terreno non è fertile), l'agricoltura tridimensionale (secondo la quale vengono coltivare diverse varietà di legumi in diversi strati del suolo senza che l'una varietà disturbi l'altra), il rilancio della soia come fonte di proteine (in modo da ridurre la alimentazione basata sulla carne bovina e insieme, seguendo l'esempio dell'Estremo Oriente, servendosi di un cibo la cui coltivazione richiede poco terreno, non ha bisogno di concimi chimici ed è infinitamente meno coscoso delle proteine ricavate dalla carne animale). Voglio dire, questi esperimenti, queste proposte, questi sogni, che andarono di pari passo con gli esperimenti delle comuni decise (come abbiamo visto nel numero 2 di questa rivista) a procurarsi fonti di calore direttamente dall'energia solare, senza passare attraverso sistemi inquietanti, non avevano granché a che fare col ritorno alla natura di Rousseau né con le comuni agricole dell'Ottocento d'America. La prima comune rurale di questa ondata credo sia stata la Tolstoj Farm, fondata nel 1963 su basi anarchiche da Hew Williams, che aveva 21 anni e 80 acri di terreno in una vaIlata boscosa vicino a Davenport: questi 80 acri furono messi a disposizione di chiunque volesse abitarvi per dimostrare che è possibile vivere senza competizione ed evitare proprietà privata e l'obbligo di obbedire alle leggi. Su quegli 80 acri affluirono 50 persone che vissero tutte insieme in una vecchia attoria; finché verso il 1966 una folla di pseudo Figli dei Fiori si abbatté su di loro avvelenando l'ambiente e l'idea originaria della comune al punto da indurre il fondatore a dar fuoco alla fattoria per scacciare i parassi ti morali con gli stessi sistemi con cui si scacciano i parassiti animali. Dopo la Tolstoj Farm le tribù rurali a sfondo ecologico
si sono moltiplicate: un elenco riempirebbe molte pagine. Per lo più venivano fondate su terreni e fattorie « liberate » da ereditieri simpatizzanti o anche soltanto da modesti proprietari che rinunciavano a un eventuale guadagno agricolo per seguire la nuova utopia; e per lo più le fattorie vennero distrutte dalla polizia, che non capl mai l'idea fondamentale dei neopionieri e si lascio sgomentare dagli aspetti più vistosi del Nuovo Stile di Vita quasi sempre tipico di tutte queste comuni, ecologiche e no. Per esempio, nel 1967 Lou Gottlieb fondò il Morning Star Ranch su una sua tenuta di 30 acri nella Sonoma County in California; la polizia lo multava tutte le volte che nella fattoria c'erano più di 15 persone (dal settembre 1967 al luglio '68 le multe ammontarono a 14.000 dollari), finché un giorno mandò i bulldozers della Contea ad abbattere i muri. A Meadville, in Pennsylvania, William Close offrl una fattoria che aveva ereditato a chi volesse abitarvi; e venne fondata da George Hurd una comune a base anticapi talista col nome di Oz: la comune venne devastata dalla polizia il 16 .agosto '68. Nel Sud del Vermont Michael Carpenter, convinto che il passaggio dall'Era dei Pesci a quella dell'Acquario sarebbe avvenuto con terremoti e inondazioni, fondò la comune Johnson's Pastmes per addestrare sui suoi 200 acri la gente a riattivare la terra dopo che queste calamità avessero avuto luogo: nell'autunno 1969 la comune sembrava un campo di rifugiati, con le capanne di carta catramata e di tronchi d'albero. A Conway, nel Massachussetts, Bryce Ford fondò Sunrise Hill offrendo alla comunità una sua casa di campagna. Nell'agosto 1967 nei pressi di South Strafford, nel Vermont, venne fondata Bryn Athyn, che fu la co15 mune più vecchia del New England: il proprietario che « libero » la terra e la mise a disposizione di tutti era Woody Ransom, un ereditiere della carta. Altri ereditieri che rinunciarono alla proprietà della loro terra furono Bill Wheeler ,che « liberò » Wheeler Ranch; Michael Lang, erede del Pepsodent, che collaborò alla fondazione della comune di Woodstock; Chick Lonsdale, che finanziò due comuni in New Mexico e la Fondazione che gestisce lo Free Score e la Free Clinic di Taos; Michael Duncan, che regalò una mesa del New Mexico alla comune di Morningsrar East; Donald McCoy, erede di un grande magazzino della West Coast, che in otto mesi diede 300.000 dollari al Rancho Olompali, una comune di 450 acri vicino a Novato, California (e più tardi venne processato dalla famiglia che tentò di recuperare i resti dell'eredità). Ma per lo più le comuni vennero fondate su terreni comperati con fatica da un utopista o da alcuni utopisti che riunivano sforzi e sacrifici per trovare il denaro necessario. E' il caso della comune Lorien, fondata in una foresta chiamata Loth Lorien (dove secondo la tradizione gli alberi erano popolati da elfi e folletti) a nord di Questa, nel New Messico: 53 acri comperati dal poeta Chick con 25.000 dollari avuti soltanto in minima parte da una piccola eredità di origine IBM. Click comperò anche 80 acri isolati nella montagna prevedendo l'autodifesa che sarebbe diventata indispensabile quando il governo avesse cominciato a usare la guerra chimica per domare la rivoluzione di massa. Anche qui l'elenco potrebbe continuare, se lo spazio non incalzasse; rimandiamo gli interessati agli indirizzi, rubriche, riviste e altre fonti di informazione ormai facilmente disponibili. •
Folk Alservizio delpopolo britannico Sandro Portelli Un paio di numeri fa (a giugno), « Muzak » ha pubblicato una dettagliata discografia del « folk» inglese. Io vorrei adesso fare un discorso più ampio sia a proposito della musica popolare inglese che di alcune questioni di metodo e di definizione. Perché la cosa che più mi ha colpito è che in quella competente ed esauriente discografia non c'era un disco che fosse uno che riguardasse la musica popolare (che sarebbe poi ciò che in inglese si dice « folk music », ma che è evidentemente una cosa diversa da quello che in italiano chiamiamo « musica folk>/). Anzi c'era un atteggiamento un po' infastidito nei confronti di ciò che si definiva « folk ortodosso » ( è sempre bene essere infastiditi verso gli ortodossi), identificato in Ewan McColl e pochi altri - cioè in musicisti che studiano e ricreano la musica popolare in modo spesso assai importante, ma dall'esterno. Perché qui la questione è di capirsi. e per « folk » intendiamo un genere musicale, da affiancare negli scaffali delle nostre discoteche e jazz, beat, pop, rock, e cosl via, va tutto bene. Ma se invece intendiamo la musica popolare, quella che è prodotta usata e gestita dalle classi non egemoni delle società capitalistiche occidentali, ebbene allora i vari Pentangle, Incredibile tring Band, e anche Berr Jansch appartengono ad un'altro mondo culturale ed è bene non confondere le cose. Ora, diceva un certo Martin icolaus - tanto per cambiare, un sociologo americano - che l'unica legge sociologica che funziona sempre è questa: che gli oppressori studiano gli oppressi, per evi tare di dover guardare in faccia se stessi. Allora l'improvviso entusiasmo che da qualche tempo -a questa parte ha invaso mercati discografici e sale di spettacolo a proposito della musica « folk » credo che rientri anche un poco in questo fenomeno; che la crisi di valori che ha colpito la borghesia negli ultimi anni viene mascherata tirando fuori linfa e idee dalla cultura delle classi che la borghesia ha storicamente oppresso cd opprime tuttora. Però la «legge» di licolaus subisce una curiosa distorsione: e cioè che gli oppressori, oltre a non poter guardare in faccia se stessi, non possono neanche guardare direttamente in faccia gli oppressi perché l'immagine di sé che questi presentano è un'immagine aggressiva, non di comodo, non strumentalizzabile. Allora, se la culcura degli oppressi, quella vera, è difficilmente commestibile, bisogna farsene una inventata. Ed ecco allora il cosiddetto « folk,,. cultura di classe in pillole, e magari anche in pillole falsificate e nocive come 16 quelle di tanti farmaci in commercio - tipo cerri tranquillanti che infatti servono alla stessa cosa, a farci vedere il mondo un po' più in rosa di come non sia realmente. E magari, certo, è anche buona musica, perché se non fosse buona musica non funzionerebbe. E mostra anche inventività e fantasia - come si fa a inventarsi il mondo degli oppressi senza un minimo di inventività? La buona musica, l'inventività, la fantasia, sono tutte cose importanti e progressive - salvo che non cerchino di spacciarsi per quello che non sono, perché allora diventano inganno. Io adesso mi accorgo che ho fatto tanto di premessa che non resta poi moltissimo per parlare della musica popolare inglese. Ma vorrei dire subito che si tratta di musica importante - intendo dire quella dei contadini e degli operai inglesi (e scozzesi, gallesi, irlandesi) - perché ci spiega una infinità di cose sulle radici di noi stessi. Per questo va ascoltata e conosciuta come realmente è, senza intermediazioni e sostituzioni di persona, perché se no rischiamo di credere su noi stessi delle cose non vere. Per esempio. Nel 1500 pochi saggi costituivano il mondo europeo della cultura, si scambiavano dotte lettere in latino cominciavano a complottare la messa in crisi della cultura basata sull'autorità della tradizione. Ma contemporaneamente milioni e milioni di persone, in tutta Europa, cantavano la medesima, identica canzone: quella che in Inghilterra, e poi in America, è conosciuta col nome di « Lord Randall » e in Iralia si chiama « Il testamento dell'avvelenato». La testimonianza più antica di questa canzone infatti si ha proprio in Italia, in un testo della commedia dell'art. 1531; ma la sua presenza in Scozia fin da un'epoca anche anteriore è fuori di dubbio. Allo stesso modo come è fuori di dubbio che questa stessa canzone sia oggi, J 975, presente nelle borgate di Roma, dove me l'ha cantata un'immigrata calabrese che abita nella borgata di Casalotti, che la ricordava perché la cantavano al suo paese per la raccolta del tabacco. Come si spiega che questa canzone abbia avuto una diffusione nello spazio (dalla Calabria alla Louisiana) e una durata nel tempo (da almeno il 1500 ad oggi) cosl straordinaria? Si spiega appunto perché « Lord Randall » ovvero « Il testamento dell'avvelenato» non è quello che suol dirsi una « canzone folk », che magari può anche fare un bell'effetto sul giradischi se la arrangiamo un pochino. E' - come tutte le grandi canzoni popolari - materiale vivo di cultura, strumento di comunicazione e di identificazione. Analizziamola un momento. La canzone è divisa in due parti. Nella prima, Lord Randall torna a casa e raccomanda alla madre di rifargli il letto perché sta male; le domande della madre lo inducono a svelare che è stato avvelenato dalla fidanzata, che gli ha dato da mangiare anguille arrostite (o pesci fritti} avvelante. Qui siamo di fronte ad un conflitto archetipico tra l'autorità della famiglia di origine (sempre simboleggiata nelle canzoni popolari dalla madre, che nella famiglia tradizionale ha la funzione di educare e socializzare i figli) e la prospettiva della famiglia acquisita, quella della fidanzata. Il conflitto madre-fidanzata spesso è arricchito dal conflitto, generazionale, madre-figlio. li tradimento della fidanzata ( rafforzato dall'ovvio simbolo sessuale dell'anguilla velenosa) è dunque un'indicazione della necessità di difendere e mantenere unito il nucleo familiare, pietra fondamentale della società contadina. La parte seconda è forse ancora più interessante. Qui infatti, una volta accertato che il figlio sta morendo, la madre gli fa fare testamento, chiedendogli che cosa ha intenzione di lasciare ai vari membri della famiglia. E questo è il momento che rende la canzone uno strcmento fondamentale di socializzazione e di affermazione dei ruoli sociali: perché i doni che il giovane morente lascia in testamento sono, infallibilmente, doni che simboleggiano il destino sociale di ciascuno degli eredi. Al padre (o al futuro capofamiglia, che può essere anche un fratello), l'avvelenato lascia in genere il simbolo del potere economico - la casa, la terra. Al fratello lascia i simboli dello stato sociale - carrozza, cavalli. Le cose più interessanti vengono fuori quando si tratta delle componenti senza potere della famiglia. Ai fratelli minori e ai servi (praticamente sono la stessa cosa in società feudali basate sulla primogenitura e l'indivisibilità delle proprietà, come quella scozzese. pre-rinascimentale) lascia un'eredità da diseredati: le strade del mondo, « la strada d'ancia' a messa», la « scopa per scopare ». Alle sorelle sempre il medesimo dono: la dote per maritarle, perché non si prevede altro tuolo per la donna in una società contadina tradizionale. L'ambiguità esce fuori con la madre: in cerre varianti angloscozzesi, la madre mantiene il suo ruolo di simbolo della continuità, e riceve, per esempio, le chiavi del castello; ma una versione come quella calabrese che ho registrato a Casalotti è spietata nell'adattare il lascito alla condizione femminile dell'Italia del sud: e l'eredità della madre saranno « gli occhi per piangere».
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