Muzak - anno III - n.04 - luglio 1975

rava di trovare nei kibbutz un Movimento Rivoluzionario più energico e impegnato di quello americano. Queste erano comuni, dunque, che di rivoluzionario non avevano soltanto il nome, come per esempio quella fondata nel 1969 nel Vermont da un gruppo di anarchici che la chiamò Wooden Shoes, scarpe di legno, dagli zoccoli, i Sabots, con cui gli operai francesi distrussero i macchinari di una fabbrica nel primo sabotaggio della storia. In realtà la loro rivoluzione era a carattere anarchico: prima di venire nel Vermont avevano tentato di radicalizzare il College di Dartmouth, a Hanover, nel New Hampshire; e ora dipingevano e costruivano case, lavoravano « dentro il sistema », per mettere insieme abbastanza denaro da comperarsi un terreno. Neanche la comune dei Motherfuckers, che a Bryn Athyn avevano organizzato il loro campo di addestramento, era stata rivoluzionariata soltanto di nome. Quando fuggirono dall'irruzione del FBI i giovani attivisti si riunirono in una comune costituita da tre cupole geodesiche e chiamata Domes. Ll furono raggiunti da un gruppo di Motherfuckers di New York, guidati dal vecchio amico portoricano Ben Moreo, minuscolo e fiero, vestito di nero come i capelli e come gli occhi (sospettosi davanti agli sconosciuti e ardenti davanti agli amici), che partì con un bagaglio costituito da un tamburello napoletano, un flauto milanese e uno scodellone da minestra siciliano. 38 Tutti insieme gli attivisti si trasferirono a Canjilon, una cittadina di montagna nel cuore della zona dei Chicano con l'idea di allearsi col Ra'. za, il Movimento Rivoluzionario per la Riforma Terriera. Ma i chicano non furono meno ostili a loro che ai Weathermen: dopo sei mesi di amarezza la comune si sciolse e i Motherfuckers si sbandarono in cerca di altre sedi. Forse la loro azione era più adatta alla situazione urbana di New York. Nello East Village avevano provato meno amarezze, a parte la costante mancanza di denaro. Vivevano in appartamenti per lo più abbandonati dal surplus della società del consumo in attesa di venire divorati da bulldozers e da ruspe: appartamenti sul punto di crollare, in cima a rampe di scale quasi pericolanti, quasi sempre senza luce, le finestre sfondate, i pavimenti sconnessi, cosparsi di materassi, coperte, cappotti e sciarpe di incerta provenienza, cosparse a loro volta di bambini cli altrettante incerta provenienza e di cagnolini o gattini di passaggio. C'era sempre qualche ragazza che stava cucinando, o meglio guardando cuocere, quakhe spessa zuppa di verdure che erano state raccolte chissà o dai surplus alimentari, dai dove, dagli scarti dei mercati tagliandi per il cibo gratuito permessi dal surplus economico governativo, dai ripping-off in qualche supermarket che comunque il suo surplus lo aveva anche lui. Eppure il problema non era quello dei surplus, neanche in queste comuni cittadine rivoluzionarie. Il problema era quello di un esempio di solidarietà comunitaria tra giovani che si erano autoeletti a Robin Hoods del quartiere: esponendosi a difendere dalla polizia i derelitti arrestati per eccesso di zelo, disturbando le esibi?:ioni degli eroi della demagogia politica, inserendosi nei problemi e negli umori della strada. Forse tentavano di ristabilire l'equilibrio di un'ecologia cittadina come i loro compagni rurali tentavano di ristabilire l'equilibrio di una ecologia agricola come i loro compagni tecnicizzati pensavano di ristabilire l'equilibrio di un'ecologia tecnologica. forse. O così pare. Fernanda Pivano

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