Canzoniere del Lazio) ci suggeriscono. E' impossibile ignorare dove la musica è arrivata oggi, a Napoli come in America. ROBERT FIX: « Certe realtà vengono oggetttv1zzate nella capacità comunicativa del linguaggio che le esprime. Le analogie tra i vari ceppi ispirativi, come il blues e la tammurriata, sono evidenti. Miles Davis è comunque comunicativo, anche se non viviamo la realtà di un negro. E allo stesso tempo è possibile sentire con intensità la realtà del sottoproletariato, da sempre emarginato, di Napoli». Napoli è un punto di partenza, quindi, un luogo ideale di esperienze, appartenenti da un lato ad una realtà specifica e unica sia in senso geografico che culturale, e dall'altro ad una situazione analogicamente simile a tante altre. TONY ESPOSITO: « Napoli ha sempre vissuto una realtà particolare essendo una città di mercato e di scambio marittimo. Il napoletano ha sempre accettato e acquisito qualsiasi musica gli venisse proposta pur facendola diventare sua e arricchendola di contenuti propri (dagli arabi agli americani). Ecco perché nelle canzoni popolari napoletane c'è sempre una cadenza ritmica che sottintende movimento ma anche unità. Un senso ritmico che sottolinea come gli invasori che da sempre sono entrati nella città, sono visti non solo come gente che arriva per saccheggiare ed uccidere, ma anche e soprattutto per disperdere quel senso di comunità e di adattamento che il popolo tenta di mantenere unito. In questo caso la percussione napoletana, che fa uso di tammorre, tamburelli e cimbali, pur essendo di acquisizione araba (saracena), viene ripulita dalle cadenze molto complesse, e sintetizzata con degli accenti che, pur essendo poliedrici, ricor27 dano il marciare, l'andare avanti; l'andare in qualche posto, o al contrario, qualcuno che viene ecc... ». GIGI DE RIENZO: « E' incredibile la libertà di interpretazione che gli schemi ritmico-armonici tradizionali offrono ad un musicista moderno. La tammurriata, ad esempio, ha una tale possibilità di accentazione (che può portare, tra l'altro, alla composizione di tempi veramente moderni e inediti) che la quadratura segue morbidamente il canto, e se schematicamente essa va tradotta in stranissimi tempi pari, improvvisamente dispari, non c'è mai il gratuito virtuosismo di certo jazz di consumo». Ma è soprattutto la poliedrica realtà etnica e linguistica di Napoli e la sua storia di sovrapposizioni di diverse culture, che possono stimolare e vivificare una ricerca di linguaggio che tenga conto dell'immediatezza dei contenuti da comunicare. TONY ESPOSITO: « Rico_rdoche quando avevo otto anni, arrivò nel porto di Napoli una portaerei americana e per un paio di giorni girò per la città una specie di carrozzone e sopra c'erano dei marinai che suonavano classici brani di jazz americano. Ci fu molto stupore da parte di tutti i napoletani compresi i vecchi pescivendoli per quella musica nuova per gli anziani e addirittura sconvolgente per i giovani che la conoscevano attraverso i dischi ma non sapevano suonarla. Dopo pochi giorni tutti 1 batteristi (l'elemento ritmico era quello più in evidenza) che suonavano nei clubs e nelle parrocchie, dimostravano di aver acquisito lo swing degli americani, anche se innestato su elementi tipicamente napoletani. E comunque, a parte quest'episodio, la massiccia presenza degli americani a Napoli ha sempre mediato l'acquisizione di certe caratteristiche
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