Interviste Uhamorso latarantella Gino Castaldo Salvare l'Italia dal colonialismo musicale vuol dire cercare nella nostra tradizione radici ritmiche su cui innestare rock e Jazz. « Per chi cerca di capire come è coinvolto dalle contraddizioni della società in cui vive », ha dichiarato a «Muzak» Tony Esposito, « l'unico aggancio possibile è quello di entrare nella dialettica del proprio popolo». Il suo sono i napoletani. Da molte diverse esperienze si sta cominciando a delineare un'effettiva crescita della musica italiana. Tanti complessi di inferiorità stanno cadendo nel dimenticatoio cosl come anche la provincialistica tendenza all'emulazione di modelli stranieri. Era ovvio che un reale rinnovamento dovesse passare attraverso la riflessione e la rilettura di certi caratteri tipicamente italiani, anche se mediati da momenti musicali d'importazione. Non ,a daso, quindi, una grossa spinta al rinnovamento si è sviluppata intorno all'immagine di Napoli. E per Napoli si intende il cosmopolitismo istintivo, la vivezza totale, la esasperata sensibilità del saper parlare in musica, la quotidiana commistione di dolore e di giocoso amore per la vita; quel- !'« altra» Napoli, quindi, abissalmente distante dal qualunquismo fascistoide che avalla e nutre il prepotere dei Gava e dei Lauro; diversa dallo stereo tipo falsamente folkloristico delle immagini da cartolina, e che tanto fa comodo a chi ha bisogno di un meridione arretrato da derubare e devastare. In realtà Napoli è una città ricca e fertile proprio perché dominata dalle contraddizioni, e accanto al qualunquismo deteriore sopravvive un fortissimo senso della comunità, cementato da una quotidiana e sub-industriale lotta per la sopravvivenza. E le curiosità, vivisezionate dal turismo deteriore, sono, a viverle con maggiore profondità, gli elementi di un realismo magico, di un sincretismo culturale fortemente napoletano che fonde realtà industriali ad altre di tipo feudale o comunque pre-tecnologiche; che tollera l'esistenza dei « bassi » accanto ai grattacieli; che sintetizza esperienze diversissime grazie alla profonda compattezza della cultura popolare. Tutto questo universo di esperienze ritorna in diverse maniere così nella musica della N .C.C.P. come in quella di Alan Sorrenti, Edoardo Bennato ecc..., ed è anche presente nel discorso che da qualche tempo sta elaborando il percussionista Tony Esposito. 26 Nella sua musica, il mondo napoletano è ricreato usando come perno e metafora artistici l'universo delle percussioni, inteso nell'accezione più ampia possibile. Ed è proprio questa estrema disponibilità dell'elemento percussivo che permette ad Esposito di trovare un ideale punto di incontro tra musica americana (nella direzione dei Weather Report per intenderci) ed esperienza personale, aiutato in questo dall'incontro, perfettamente armonizzato, <:on due altri musicisti: il chicarrista Gigi De Rienzo e il sassofonista Roberto Fix. E sono loro stessi a chiarire la natura e le finalità di questa sintesi linguistica. TONY ESPOSITO: « Per una persona che cerca di capire in che modo è coinvolto dalle contraddizioni delta società in cui vive, l'unico aggancio possibile è quello di entrare nella dialettica del proprio popolo. E questo significa ritrovarsi negli atteggiamenti di ribellione e di lotta (che variano a seconda delta posizione geografica, del clima e dell'ambiente) e nei valori che il popolo vuole recuperare ». GIGI DE RIENZO: « La cultura accademica, in senso lato, ha attinto da sempre al patrimonio popolare. Il problema è di interpretare gli elementi che caratterizzano determinate situazioni sociali. Ed è l'interpretazione che costituisce il mezzo di storicizzazione indispensabile alla validità del messaggio artistico. Perciò nel nostro caso non si tratta di una riproposta, comunque valida, di una visione alternativa alla tradizionale oleografia che inquina l'immagine di Napoli. Si tratta piuttosto di una rielaborazione delle sintesi che queste proposte (NCCP,
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==