vari programmi di musica radiofonici mentre una vera e propria discriminante politica nasceva tra gli amanti di questo genere musicale fa. sciato dai doppiopetti blu e con gran sfoggio di catenoni d'oro al collo e gli sbrindellatissimi psichedelici con la loro musica fatta per fluttuare nello spazio pur ridotto della propria stanzetta tappezzata di manifesti. Addirittura, in seguito a questi sviluppi, certi ascoltatori più sprovveduti sviluppavano in quei giorni una spiccata antipatia per il sassofono, strumento d'obbligo nelle session di colore. Si trattò di un vero, e proprio scoppio di uno strano tipo di razzismo musicale; da una parte quelli che non volevano saperne di musicisti con la pelle bianca e dall'altra quelli che abborrivano la musica nera e tutte le sue derivazioni (qualche volta nel fascio di tutta quell'erba capitava addirittura il grande Hendrix). La sensualità naturale del nero diventava il J1me1 Brow1t canto di J ames Brown con la pretenziosità malcelata di essere l'unico ad avere i pantaloni ben imbottiti sul davanti. Troppo spesso la star di colore ricade nelle definizioni in ultima analisi bianche e razzistiche di supersessualità e sviluppa la propria personalità nella preoccupazione di intrattenere portata ali'eccesso. 1975: Soul explosion Proprio dall'America, fino a ieri patria dei Figli del Sole, mamma affettuosa e calda di tanti « sunshine children » e ormai sonnacchiosi eastcoastiani, da quella stessa America arriva oggi il rilancio in grande stile di questo genere musicale che ormai rappresenta praticamente un mondo a sé nel mondo musicale, un'industria nell'industria. I motivi di tale rinascita vanno ricercati in parte nel riflusso di tutto un movimento, nella stanchezza di idee di chi ha trascorso troppe notti insonni a progettare un mondo nuovo, ma anche nella giusta rivalutazione delle caratteristiche positive di uno stile che per molto tempo è stato relegato ·in discoteca. Nel frattempo parecchi « volponi » del pop sono saltati sul cavallo vincente inserendo una nota funky nei propri arrangiamenti come Lou Red con Sally Can'c Dance e Bowie col suo Young American, eppure il soul resta appannaggio esclusivo della gente di colore. Il fatto di essere ballabile rende purtroppo il genere assai, facilmente mercificabile e tutta una serie di figure scialbe si stagliano nell'orizzonte di questo revival. Ma non esistono soltanto Cari Douglas col Kung Fu Fightin' o la Sunshine Band o Betty Wright che ci tartassano continuamente attraverso i media_adibiti a quell'uso (leggi Supersonic & C.). Ascolti chi esclude a priori dalla propria discoteca questo genere Nightbirds del trio Labelle, uno dei dischi più belli in assoluto dell'ultima stagione, per rendersi conto che esistono artisti che attraverso un vocabolario simile riescono ad esprimersi a livelli assai più alti dei, signori sopra citati. In molti casi (ed è quello di Labelle) il rhythm'n'blues è l'unico mezzo di espressione di certi artisti, l'esigenza di far ballare non è imposta necessariamente da criteri commerciali ma è insita nell'anima nera. Quello che non sta bene a nessuno è il clown di colore, il nero abituato a dover intrattenere come unica svolta di vita senza preoccuparsi del modo. Non ci piacciono davvero le « sceneggiature amorose » di Barry \X'hite ma perché accomunare al sudaticcio ciccione in marsina l'incredibile Sylvester Stone (leggi Sly) con le sue composizioni ritmiche e graffianti accompagnate da liriche di rivolta o peggio ancora il geniale Steve Wonder che è uno dei pochi che fa musica con intenti politici nel panorama musicale americano? e
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