riprende un classico del movimento dei diritti civili, ed è costruita (secondo la tradizione della canzone popolare) in modo che tutti possano intervenire ed improvvisare nuove strofe di situazione in situazione. Forse però la musica più interessante viene dai gruppi espressi dalle minoranze etniche. Con la crisi del movimento afro-americano, sono esplose invece le lotte di altri gruppi, come per esempio i portoricani, che sono senz'altro l'avanguardia del movimento sulla costa orientale. I portoricani lottano per l'indipendenza di Portorico e, a New York, Philadelphia, Chicago, contro il razzismo e la discriminazione, occupano le case, organizzano i lavoratori degli ospedali e dei servizi comunali, prevalentemente portoricani e neri. I portoricani fanno della loro iden• tità nazionale, della loro musica e della loro lingua spagnola uno strumento diretto di unità e di lotta. Perciò attribuiscono grande importanza al lavoro culturale, al punto che Joe Brown, uno dei più importanti cantanti politici portoricani, fa parte del comitato centrale del Partito Socialista Portoricano, l'organizzazione politica più forte e diffusa. Altri nomi significativi sono quelli di Pepe e Flora, che hanno fatto un disco imperniato sulle occupazioni delle case a New York. Questi musicisti, insieme ad altri, hanno messo in piedi « El Grupo », una struttura culturale che rappresenta uno strumento organizzativo del Partito Socialista Portoricano, e lavora nei ghetti urbani americani oltre che a Portorico. Di recente hanno fatto un viaggio a Cuba, che è servito a rafforzare i rapporti del PSP con il governo comunista cubano. La cultura portoricana ha espresso, fra l'altro, forse il più straordinario poeta proletario oggi attivo negli Stati Uniti, Pedro Pietri. Le sue poesie le recita, in parte improvvisando, per un pubblico di militanti e di proletari che sono la fonte stessa del suo linguaggio e delle sue immagini, da solo, riesce a fare spettacolo, una rappresentazione popolare di grande classe. « Puertorican Obituary », « lamento funebre portoricano », è la sua poesia più bella, una lunga, toccante, ironica elegia sulla morte in vita dei portoricani del ghetto di New York. La musica che fanno i portoricani può essere sconcertante ad un primo ascolto, perché risente del fatto che la maggior parte di questi musicisti militanti provengono direttamente dalle balere del ghetto, e suonano sostanzialmente la musica che siamo abituati a sentire come « ritmi afrocubani » o qualcosa del genere, insomma la musica commerciale e di consumo della minoranza latino-americana. Un po' un'eccezione si può fare per José Castillo, che lavora con El Grupo, ma mostra nelle sue composizioni e nel suo stile un rapporto assai vivo con le forme espressive popolari dell'isola di Portorico. Non a caso, è proprio Castillo quello che riesce ad accendere di più il pubblico durante le esibizioni .del gruppo. A cavallo tra portoricani e chicanos sta Suni Paz, una cantante di origine argentina che si è trasferita negli Stati Uniti e lavora con le minoranze di lingua spagnola. Anche per Suni Paz si può fare lo stesso discorso fatto per la musica dei portoricani (ma va aggiunto, tanto per lei che per « El Grupo », che sono tutti assai bravi professionalmente). Un dato distintivo è il fatto che molte sue canzoni si occupano della condizione delle donne chicane e portoricane, due volte oppresse sia perché componenti di minoranze oppresse che perché la cultura latino-americana è intrisa di « machismo », di mitologia della virilità. Quindi la battag.lia delle donne della « raza » ( è i !termine con cui si autodefiniscono i chicanos) è rivo1Una comune di lrlande1I 17 ta contro la maggioranza degli « anglos » e contro i membri del loro stesso gruppo etnico, che spesso risolvono in termini di autoritarismo sessista le frustrazioni e le umiliazioni a cui quotidianamente li costringe il razzismo americano. Un altra minoranza, non numerosissima ma assai attiva oggi politicamente, è quella di origine asiatica. I cinesi e i giapponesi sono molto numerosi sia a New York che in California. Mentre i cinesi hanno trovato un nuovo motivo di identificazione e di unità nella rivoluzione cinese, i giapponesi sono stati vittime di una delle più incredibili forme di razzismo verificatesi in America. Durante la guerra mondiale, infatti, tutti i cittadini americani (sottolineo: cittadini americani) di origine giapponese furono chiusi in campo di concentramento perché sospetti di simpatizzare per il Giappone, allora in guerra contro gli USA. La natura razzista di questo provvedimento è dimostrata dal fatto che, sebbene la guerra fosse anche contro I talia e Germania, gli oriundi italiani e tedeschi non dovettero subire alcuna limitazione di libertà. Chris Kando Ijima, Joanne Nobuko Miyamoto, Charlie Chin - tre giovani di origine asiatica di San Francisco hanno fatto un disco straordinario, intitolato « The Grain of Sand », in cui raccontano con grande inventività musicale la storia e la presa di coscienza della loro geme, cercando anche loro un collegamento soprattmto con l'altra minoranza etnica della California, quella chicana. « Noi siamo i figli del giardiniere giapponese, noi siamo i figli del cameriere cinese, figli dei campi di concentramento, nati e cresciuti nelle lavanderie e sui binari delle ferrovie; siamo i figli adottivi della Pepsi generation, che guardano i film di guerra e fanno il tifo di nascosto per quelli dell'altra parte». E naturalmente ci sono gli indiani, il cui movimento di lotta è culminato con l'occupazione di \'lfounded Knee. Gli indiani recuperano molta parte della loro cultura tradizionale, spesso anche in modo non esente da un certo misticismo. Ma c'è anche uno slancio di attività e di creatività nuova, nella poesia, nella narrativa e anche nella musica. Per esempio, Willia Dunn, della tribù del Micmac, ha ~critto numerose canzoni collegate al movimento degli indiani d'America, ed ha inciso anche diversi dischi. Dunn, che ha fatto il militare in Europa, si è dedicato a tempo pieno a questa attività dopo il ritorno in patria, lavorando con il « Trai! of Broken Treaties », che ha organizzato una marcia attraverso gli Stati Uniti ripercorrendo i luoghi dove furono firmati i 371 trattati di pace tra indiani e governo americano, sistematicamente ignorati e violati da quest'ultimo. Infine, proprio il gruppo etnico chicano, diffuso in tutto il Sudovest, dal Nuovo Messico alla California (ma oggi, grazie alle migrazioni interne, numeroso anche in città industriali come Detroit e Chicago) è quello che mantiene più vivo il rapporto con la tradizione culturale e musicale d'origine. Questo è certo dovuto alla: ricchezza intrinseca di questa tradizione, oltre che alla vicinanza con la madrepatria messicana ed anche a quel tanto di misticismo nazionale e cattolico che è un limite non trascurabile del movimento. Folkloristi come Américo Paredes hanno recuperato e studiato le grandi forme del folklore messico-americano, come il « corrido », la canzone narrativa i cui protagonisti sono banditi e ribelli. I « corridos » parlano di Gregorio Cortes, che si ribellò con la pistola in mano ai soprusi degli sceriffi e dei rangers, e tenne nel terrore tutto il Texas meridionale; oppure di Joaqulm Murieta: « io non sono americano, però conosco l'inglese ..
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