Va in onda il venerdì sera Adesso Musica, trasmissione, diciamo così, molto sensibile agli interessi delle case discografiche, presentata da tal Fuscagni, che per le sue doti naturali di magnificatore di cose altrui fa anche dei Caroselli, e da tale Vanna Brosio, d2l viso sciapo come le massaie che a Tic Tac aprono la lavatrice per mostrare il bianco più , asciugato con Pulilavatrix. A noi ci è capitato di vederla Venerdì Santo, giorno che, per il fatto che la radio trasmette solo poemi sinfonici di Smetana e Dvorak, è stato proclamato festa nazionale dagli amanti della buona musica. Per l'occasione Fuscagni ha cercato di assumere un'aria contrita e probabilmente c'è riuscito solo pensando alla crisi del 45 giri, ma si vedeva che soffriva, il viso era una maschera mobile, qualcosa gli si ribellava dentro e infatti, annunciata una cantante di spiritual, ecco che gli torna il sorriso, come al bambino cui viene concesso di fare l'unica cosa che sa, e cosl, la fronte distesa, la bocca _ridente, sbotta« LP uscito per la Diskik associati ». E' felice e mentre inquadrano la cantante, il cameraman passa un cioccolatino al pupo, quand'ecco di già la camera è su di lui. Tornato a fatica nei panni dell'afflitto, comincia a parlare del « mate » argentino. Il mate è qualcosa di meno del bracciante, figura della povertà estrema che lotta con gli elementari principi biologici della vita, personaggio di fronte al qu,ile il bracciante lucano è un riccastro un po' snob. Fatto sta che, suggestionato da certe interpretazioni rivoluzionarie del Cristo, siamo tutti uguali, gli ultimi saranno i primi etc., Fuscagni esplode in un « il mate, che vive spesso situazioni di sfruttamento ». Noi lo capiamo questo ragazzo. Dopo anni passati tra detersivi e :opertine di dischi, applicatosi assiduamente all'arte di Massmedia Ilbraccianltuecano e,unriccastruonpo,snob Alla TV si sono scatenati: fra pubblicità occulta e canzonette tentano di « far politica » e inciampano in ridicole gaffes. dire sempre sl, ha voluto provare per un attimo l'emozione della barricata, catturare l'ultimo refolo del vento del '68, l'eroicità della voce che reclama i propri diritti e questo nel giorno in cui siamo tutti più buoni, anche i suoi padroni, che certamente lo perdoneranno. Anche noi lo perdoniamo; si sa, quando la voce della giustizia erompe non la si può fermare, l'ingenuità paga i suoì prezzi, ma, sinceramente, prima di mandarlo a dare volantini a Mirafiori, forse ha bisogno di un po' di scuola-quadri. Perché, diciamolo francamente, a noi è piaciuto tanto quel « spesso ». Cioè a dire, non sempre, più di talvolta, potremmo dire nel caso dello sfruttamento, con allarmante frequenza. Ecco, facendo improvvisamente tramontare il sole sul Capitale di Marx, Fuscagni ha inventato il capitalismo che sfoglia la margheritina, testa o croce, oggi ti sfrutto. domani no, la società industrialP. del pari e dispari, del padrone che decide alla roulette. nero li sfrutto, rosso la libertà. Ne 44 deriva che la vita del mate è di un'allegria sfrenata, intessuta com'è di gioco e suspense, intreccio di rischio e scommessa, la noia esistenziale essendogli ignota, e ciò rende ragione dello scarso successo di Sartre a cui preferiscono Arsenio Lupin e Salgari. La loro tematica del « chissà se oggi mangio », per tensione ideale e slancio vitale li avvicina più a Bergson e allo spiritualismo europeo, rifiutando essi sdegnosamente i piaceri della carne e della bistecca che sostituiscono con la pasta e fagioli. Certo qualcuno potrebbe chiedere perché nei giorni liberi il mate non va in vacanza alle Bahamas. Ma perché fare il bracciante non è un lavoro, è una filosofia di vita, una Weltanschauuni,, una corporazione che tramanda gelosamente i suoi segreti di padre in figlio; forse qualcuno si preoccupa se, d'inverno, ai Carmelitani Scalzi vengono i geloni al pollicione? No, se lo sono voluti loro, e cosl è il bracciante, intriso com'è di gusto bohmiene, oggi colgo k nlive qui domani l'uva Il, pervaso da una spavalderia apache che lo porta a scontri con la polizia, ma profondamente credente in una religione che prevede lunghi digiuni lungo l'anno. Ma, alè Fuscagni, non demordere, che se continui su questa strada, capace che puoi iscriverti al PRI. Net corso della stessa serata, sono apparsi anche gli Inti Illimani. E' stato penoso, per chi li ha applauditi ovunque quale simbolo della resistenza all'oppressione fa. scista in Cile, vederli in playback, far finta di strimpellare e muovere la bocca come pesci. Non è certo questo il messaggio che essi rappresentano, né è per questo uso che Violeta Parra e gli altri hanno scritto le canzoni che ora gli Inti cantano. Noi non co;-:osciamo la terribile vita dell'esilio, ma possiamo immaginare a quali blandizie questa soc1eta sottopone « l'artista ». Ma qui si tratta di scegliere tra le fabbriche, le scuole, i quartieri e gli studios, Raffaella Carrà e Chiamate Roma 3131. Agli Inti e a quanti fanno musica vogliamo ricordare quello che scrisse Victor J ara pot::hi giorni prima di morire: « Il canta è una corda che può unii'~ i sentimenti, ma li può anche impiccare. Non c'è alternativa. Coloro che ricercano il potere personale, coloro che approfittano dell'innocenza, coloro che commerciano con lo spirito, coloro che predicano bene e razzolano male, i cacciatori di denaro - siano essi autori di boleri e di ballate, folksingers, protestatari o yéyé - non comprenderanno mai che il canto è come l'acqua che purifica le pietre, il fuoco che ci unisce e che rimane qui in fondo a noi per migliorarci. Per loro conta soltanto l'aroma fugace degli applausi, il lampo dei flashes, il ritaglio pubblicitario del giornale che riporta l'avvenimento. La migliore risposta del canto è il canto come risposta ». •
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