Muzak - anno III - n.03 - giugno 1975

Dischi King Crimson: U.S.A. (lsland) Tornano i Crimso, a farci alzare ancora una volta la voce in loro favore, se l'opera non fosse ormai successiva alla scomparsa della formazione, se non si trattasse che di materiale già noto. Ma sia il caso che ci fa incannare Fripp e compagni in circostanze piacevoli o la poetica del gruppo a restare affascinante e misteriosa anche a distanza di anni, non sappiamo, restano sulla carta le parole di questo « USA», album live registrato nel corso dell'ultima tournée americana del gruppo. Emblematico, due organici diversi, sotto l'egida frippiana, si sciolgono al Ji là di un giro di boa forse i!On del tutto felice. Le premesse, in verità c'erano: creazioni intellettive ed estetiche giungevano a sposare ormai a fatica il sound duro, quasi parossistico della ultima scoria cremisi, rock illuminato ed aperto, ma mutevole ed asimmetrico come non mai, difficile distinguere i :ontorni e le intenzioni. Con Wenon, Cross e Bruford il King Crimson ha idealizzato e spinto alla radicalizzazione alcune intuizioni che gli erano venute spontanee: una musica che giungesse « superiore » e diversa, fort<'mente cerebrale, la meraviglia continua di una scoperta ritmica abbagliante, ma il genio perdeva forza proprio in questo processo di abbellimento di immagini, le forze si dividevano. Era la nuova Via. Qui ritroviamo l'ultimo viaggio, suono irruente e torbido, ma ~nche accattivante ... le profonde venature di bellezza sentimentale, lo sciogliersi lentissimo delle armonie, sfoghi del passato, si pensi a « Lark's Tongues In Aspic Parr II », « Lament » ed « Exiles » fissate in momenti di forre drammaticità e la mano dei protagonisti a lottare con fantasmi vicini di un passo, drumming spinto a mille e suono travagliato, esplosivo come forse era accaduto in « Earrhbound », nello sforzo di esprimere comunitariamente l'antica personalità del gruppo. Perché quanto Fripp ha tentato, troppo a lungo forse e stemperando le forze in continui cambiamenti di organico, è stato il richiamo alla prima formazione, mediato dall'esperienza del rock elettrico. Quando era la consapevolezza colta per caso o per intuito, il gruppo toccava probabilmente il massimo della propria espressività e quindi le diverse sensibilità venivano a _galla... Qui forse è il caso di parlare di celebrazione e non di fine o di morte, giacché il suono è miracolosamente intatto, suggestivamente duro e ricco, pulito e preciso come forse non ci si attendeva da una prova dal vivo. La seconda parre, soprattutto, coinvolge gli anni di vita crimsoniana spesa nella ricerca, di cui è affetto una materia selvaggia raccolta attorno alle percussioni ed alla solista di Fripp, poco spazio a Cross e mellotron, « Ashbury Park » ed « Easy Money », quest'ultima magnificamente vicina all'originale, più oltre « XXI st Century Schizoid Man » che troviamo nelle forme piene di un tempo, ma in versione diluita negli assoli e dal concepimento più ampio... e poi il cadere del discorso, ancora fotogrammi di realtà, di nuovo « Lamenr » ed « Exiles », ma il futuro è ancora dietro il cervello. Maurizio Baia/a Leslie West: The Great Fatsby (Phanlom) Lusso e kitch in copertina, Leslie West copre il molo di chitarra solista del suu vecchio tipico pressapochismo, ma si salva giusto nelle scelte compositive, operate tutte nell'ambito del rock tradizionale e lasciate qui in, veste elegante e pratica, se non furba. Sono presenti hits di ogni 37 età, da « House Of The Ri5ing Sun » addolcita e forse vanificata della sua forza storica, ad « Honky Tonk Woman », sino a « If I Were A Carpenter » ed altre anticaglie. L'operazione avrebbe valore nell'ambito di un revival del dopo Rock & Roll, ma West tratta la materia molto scolasticamente, pedissequamente quasi, ed aggiunge cori e voci femminili dove non ci vorrebbero, e fiati ed arrangiamenti «leggeri » un po' ovunque. La presenza di Jagger, Gary Wright, Corky Laing ecc. non arriva a migliorare il prodotto che, coagli appassionaci del rock di maniera, ed ai curiosi. Buoni: « High Roller » e « Don'c Burn Me », duri come si conviene. Maurizio Baiata Steve Hillage: Fish Rising (Virgin) Un album troppo corro, nel senso della durata, circa venticinque minuti, ma molto bello: e forse non ci aspettavamo una uscita cosl genialmente pulita da parte di una cellula Gong, non fosse che per la pazzia lateme e sintomatica dell'estrosità del gruppo virga-francese. « Solar Music Suite » è una prima parte morbidissima, chè le armonie arrivano a ricordare i Scft Machine di un tempo ed i più vicini Hacfield And The North, le costruzioni lievi, ricche di spunti acustico-elettronici, atmosfera cr~puscolare per suoni che reggono l'impatto di un rock più aperto e duro, spesso. Sceve Millage « Millfish » non lascia da parte la matrice Gong, la ricostruisce di sana pianta, donandole gentilezza e spazialità, per un attimo accantonando cattiverie e lingua biforcuta, eppure molte delle cose sembrano uscire da « You », o meglio dall'entourage del Manor House virginiano: quanto si respira è infatti il suono virgin su tutte, l'essere riusciti a dar corpo a tentativi forse antichi ma sinceri, quelli dei Wyacr, degli Henry dei Caravan, degli Hacfield e non ultimi dei Tangerine Dream. Non una riga è comunque confusa e scorretta, l'omogeneità dell'album, proprio per la sua struttura suicistica, è perfetta, il rocco strumentale reale. C'i.: un po' di gimmick giusto nella parte centrale di « Hiram Afterglid meers che Dervish » quando l'organico scioglie liberamente la propria elettricità in ritmi di insieme piuttosto secchi... « The Salmon Song » getta lo sguardo su un Hillage volutamente aperto in senso elettrico: i! solismo si fa più asciutto e nervoso, l'intervento della chitarra, continuam~nte mediata dall'elettronica, più spiccato, ed il gioco diverte. Ed ancora «Aftaglid », qualche stranezza in più e la marca orientale, meditativa della frase iniziale non distrae dal rock durissimo, spaziale che le si apre davanti, e sembra ci sia maggiore intuizione o più voglia di creare coralmente: Pierre Moerlin percussioni, Dave Stewart tastiere, Mike Howlert basso, Moonweed sintetizzatori, Bloomdide Glid De Breeze fiati e Bambaloni Yoni voci... musica tagliente e folle, tra altre concezioni della libertà futura. Maurizio Baiata 10 cc.: The Originai Soundtrack (Mercury) Curioso come un gruppo rock di professione possa giungere a risultati nuovi ed interessanti, con volontà dissacratoria e non ultima qualche pretesa di commercio. Curiosa, soprattu110, l'idea di esagerare luoghi ormai comuni raggiungendo il pacchiano ed il ridicolo, con humour cucro inglese senza problemi di star, tagliando fotogrammi di vecchia Hollywood e smitizzando il sogno decadente, la reazione giusta all'ambiente cavernoso che sembra aver afferrato l'Inghilterra da ere anni a questa parte. La mossa è a tratti ambigua, quando cioè prevale alla fantasia una molle routine di mestiere. Vengono alla mente i Bonzos decadenti di Lec's Make Up And Be Friendly, i furbi Sparks, lo spirito beffardo ed inglese di un Tony Ashton alla Roundhouse e perfino certo Zappa di Billy of che Mountain. E l'operazione è un pc· la sto::ssa,sezionare e distr:iggere i luoghi comuni portan- <loli all 'esas:Jerazione, vecchia idea pregna di dadismo ma pure banale se oltrepassa i limiti: cosl i giochi ariosi, l(li ambienti

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