Muzak - anno III - n.03 - giugno 1975

sono riscoperto. D. Vediamo meglio questo passaggio. Hai tatto Auschwitz perché era arrivato Dylan? R. Sl senz'altro; era arrivato Dylan e con lui naturalmente Guthrie, Seeger, S1mon. E' il '6U, i->apaGiovanni, Kennedy, .K.rusc1ov, finisce la guerra fredda, c'è altra atmosfera. Dylan canta i tempi stanno cambiando e anche se specialmente in America non è cambiato niente, è il pre '68. E noi siamo nati su queste cose, sull'illusione che fosse facile cambiare; anche Auschwitz ha portato a queste cose e al '68, non l'ha causato, è ovvio, ma è stato un contributo. Quelli che sentivano questa come tante altre canzoni del genere, son quelli che poi faranno il Movimento Studentesco. Un esempio: qui a Bologna era arrivata miticamente, come sempre arrivano queste cose, la voce Folkstudio di Roma; io e un mio amico che suonava e cantava cose tipo il soldato Dan che moriva in Vietnam, siamo stati invitati in un circoletto di qui: nel giro di un mese ce ne siamo letteralmente impossessati e ]'abbiamo chiamato Folkstudio. Era il '65, '66 e c'era tanta gente, adesso tutti compagni, si parlava non di rivoluzione, ma di giovani, allora si era molto più borghesi di oggi. I giovani con questa forza, noi vogliamo cambiare, amore libero, figa a non finire, pillola, tette al vento, cambiamo questi vecchi partiti che non ci rappresentano più. E adesso siamo tutti compagni. E' stato un periodo esaltante. Poi è finito, giustamente, bisogna andare avanti, non dicevano più niente di nuovo quelle cose, favole. D. Tu individui giustamente il pericolo che può rappresentare il mitizzare, il rischio di astrarsi dall'evolversi della realtà, ma, anche se non credo sia tuo specifico compito, dato che sei un « non politico » ufficiale, non sarebbe giusto che tu indicassi, a volte, la strada da seguire per andare avanti, per fare salti qualitativi indispensabili, soprattutto oggi? R. Sl, forse, ma non ne sarei capace. D. Però a Guccini è mancato, dopo il primo periodo Rock and Roll, dopo il secondo « love and peace », il terzo periodo, quello per intendersi del siamo tutti compagni, siamo forti, quello che ha vissuto chi ti veniva a sentire, allora facevi « Vedi cara». R. Ton è che mi sia mancato, ma sono realmente di un altra generazione, il mio '68 è stato appunto« Vedi cara» e « Un altro giorno è andato: », per voi era diverso, in fondo ero già cresciutello e, tutto sommato, sempre all'ombra di Marx. Avevo 28 anni. Ero già smaliziato, avevo un'altra cognizione del tempo, è stato altre cose: il '68 l'ho vissuto solo emotivamente, ero già stato ribelle. Una volta che avevo acquisito una certa coscienza i miei problemi erano che avevo una donna, poi un'altra, che rompevo una amicizia e ne cominciavo un'altra. D. E poi? R. E poi c'è stata l'osteria delle dame, notevole esperienza, chi l'ha vissuta ha ancora il magone, è stato un bellissimo periodo. Tre anni cattivissimi di cose, discussioni, incontri, sempre a livello personale e giocati ancora una volta a livello esistenziale. La notte, la bohéme, anche se ancora una volta Bertoncelli non è d'accordo. Vorrei incontrarlo, anche se poi ognuno se ne andrebbe via pensando sempre che l'altro rimane uno esimio stronzo. D. Ogni tanto compare. R. No, cazzo, non deve venire il milanese a buttar via in questo modo 3 anni di vita dicendo che questi son provinciali, non lo pi.:oi dire. Vieni qua, vieni a viverle queste cose, non ti imeressano? Come non ti inte~essano, cosa fai a Milano? non lo so, ma signitica essere snobbini, provinciali di grandi città. Scrive ancora America con la Kappa, capisci cosa vuol dire? Amerikano e queste cose qua, Kerouac l'avete letto ragazzi? Beh, Kerouac l'avevo già letto e cagato nel '58. D. E la tua vita quotidiana, la malinconia, il ricordare? R. La malinconia c'è; quando faccio le canzoni non sono divertito, le faccio quando sono incazzato, quando sono ubriaco e sono spesso ubriaco. D. Ubriaco? R. E' meglio dire bevuto, è diverso, vado a mangiare, bevo un paio di bocce e torno a casa bevuto, drogato. D. Fumato. R. Esatto, fumato è la corrispondenza della vostra generazione. D. Come sei arrivato dalla lgoica del suonare per gli amici a quella di fare il disco? R. Faccio il cantautotre e vivo di questo, oltre che insegnando all'università americana qui a Bologna; non mi sono mai posto il problema finirò, non finirò, quindi devo fare, non ho mai saputo quanti soldi ho in tasca, quanti ne avrò, quanti ne spendo e neanche se le mie canzoni vanno o non vanno. Non sono un amministratore: pensa per esempio a come avrei potuto sfrutare Auschwitz. Non l'ho neanche firmata. Io studiavo e suonavo la chitarra e tutto sommato la mia posizione è rimasta questa, anche se si è complicata al di là della mia volontà e delle mie possibilità. Adesso non riesco a fare molto altro, e mi dispiace. 20 Sono, ripeto, professionista mio malgrado, anche se non ho fatto niente per esserlo, ma riesco a mantenere, credo e spero, quella onestà di fondo con me stesso che divent~ l'unica garanzia per non alienarti, per non trasformarti in altro. Per questo non sarebbe un problema smettere, mi girano le ,carole, con me s:esso o con gli altri, e cambio vita, riuscirci a metterne in piedi un'altra, anche se sarebbe difficile. Faccio canzoni ma non sono artista, non credo nell'artista, è la mia educazione che me lo vieta, mi hanno insegnato fin da bambino a non credere in queste cose. Guccini è stato definito in un articolo sulla musica politica in Italia uscito sul numero 7 di Ombre Rosse, come « anarco-radicale », i suoi testi quelli di « un liceale colto, ironico, di molte e disparate letture (i suoi principali riferimenti sono Hemingway, Master, London, Pavese, ma anche, e utilizzati abilmente, Delly e Liala), con la voglia di una politica calata nelle cose quotidiane ». L'articolo ha giustamente messo in risalto, sbagliando però nell'accomunarlo a Venditti, De G1egori e Bennato, il contributo di Guccini allo sviluppc di una canzone che può awre una funzione « demccrntica e antifascista », <li ur.n ~anzone progressiva « che è taie anche se non semp•e espressa a:- traverso testi e contenuti esplicitame;ite qualificati come tali... C'è (anche) sp11zio per una canzone che per le sedi in cui è trattata, per la posizione soggettiva e dichiarata dell'autore, per le idee e i sentimenti che promuove, i riferimenti artistici a cui guarda, il clima culturale di cui si nutre e che nutre può essere occasione di maturazione in senso democratico e antifascista di larghi settori giovanili ». I cantanti o i gruppi « progressisti », non sono militanti, sono « compagni di strada », è il loro difetto, forse, ma è senz'altro la loro peculiarità. Ovvio quindi che il loro referente non si il militante, ma il « giovane massa dell'insuburdinazione sociale e cultuule, nelle scuole, nei quartieri, nelle piazze, nei luc,ghi di iavoro ».

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==