Muzak - anno III - n.03 - giugno 1975

ha fatto il cambio con uno. Mio padre lavorava alle poste, si ricordava di Bologna perché ci veniva a studiare da giovane, per me è stato un bello choc. D. Cosa facevi a Modena? R. L'intellettuale di provincia, cantavamo suonavamo. D. Che cosa? R. Rock and Roll, anni selvaggi, facevamo ciò che la provincia può permettere, c'era gente in gamba, preparata, incapace però di fare scelte. In provincia la vita va molto più a rilento, e questo tra l'altro è uno dei morivi del mio successo, anche se Berroncelli non è d'accordo. In provincia c'è più tempo per pensare, è il teatro delle azioni mancare, quello che deve fare, fare e poi non fa. D. Fallimento? R. Ma che fallimento! Piano ho un sacco di amici che sono andati a Roma o a Milano e sono molto più falliti; son trent'anni che si alzano la mattina alle sette per fare e non fanno un cazzo, io e molti amici, stando qui, facciamo molto più. D. Fallimento allora nel senso di rinuncia a moire cose. R. E' ovvio che le grosse città culturalmente sono molto più vaste di Bologna o di Modena; che cazzo fai qui, mangi, bevi, vai a scopare e la mattina dopo non hai voglia di fare lo snob intellettuale. D. E la politica? R. Non ho fedi; ne ho delle mie, se vuoi, e per queste sarei pronto a combattere, nono lo farei però per convincere te che la mia idea è quella giusta. Non voglio dire io sono nel giusto, tu sei nel torto e sei pure coglione, si cade nel dogmatismo, nello stalinismo. So che non sei d'accordo e posso capirti, ma io sono socialista, più umanista, quindi. D. Non stai ancora una volta etichettando e schematiz19 zando un po' troppo? R. Mi riferivo a chi fa politica come « funzionario », all'operaismo totale, alla burocratizzazione dei gesti e del mondo di esprimerti. D. E a Bologna cosa hai farro? R. Dato che a Modena facevo l'intellettuale: soon capitato in mezzo a gente molto seria, molto preparata, in mezzo al « Gruppo o3 », la ultima avanguardia italiana. Io portavo i miei romanzini e loro ne ridevano; mi spaventarono, io ero convinto, come d'altra parte adesso, di saper scrivere molto bene, di sapermi parlare addosso, di fabulare, ero quello molto bravo in italiano. D. Cosa portavi? R. Bah, cosette divertenti. D. Tipo il giovane Holden? R. Sl, il giovane Holden, ma veniva cagato, non è letteratura. Erano molto più seri di noi, sono stati per me censori e giudici incredibili, un'esperienza fondamentale. Insieme ai raccontini portavo però la chitarra e le mie canzoni. Cantavo, e Il tutti si stupivano: come, a me ci son voluti tre racconti per dire queste cose e tu le canti in 5 strofe. Avevo 23 anni e ho riscoperto la mia funzione di cantastorie. Ed era buffo che questi intellettuali impazzissero per le mie canzoncine tipo « l'antisociale» e « Venerdl Santo». Un altra borra è stata l'arrivo degli americani e di Dylan, ho cambiato tutto e ho scritto una canzone che certamente non sarebbe piaciuta al gruppo 63: Auschwitz. Una canzone rutto sommato diversa e che ha avuto un'importanza sociale molto grossa, è la prima canzone che non parla d'amore trasmessa da un gruppo. Da Amodei e Brassens ho imparato che si potevano scrivere canzoni con qualcosa dentro, e con loro Dylan la ventata nuova, la ventata nuova, la ventata hippy. Mi ➔

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