giore è quel senso cincinnatesco, di padre della kritika pop offeso, una logica chiusa, un respiro un po' mozzo. Anche se, indubbiamente, un fatto importantissimo e positivo in sé, nello squallido panorama Duemilaunogiovani di quel periodo. Libri Champagne acolazione Giarme Pintor Incredibilmente interessante avrebbe potuto essere questo libro. Un libro in cui, in forma narrativa, il rapporto fra il grande capiaie e il fascismo avrebbe potuto apparire più perfettamente. Rimane invece un libro di una comicità irresi- ,tibile. E tragico insieme. Il romanzo di Susanna Agnelli, sorella di Gianni, « Fiat » Vestivamo alla marinara, Mondadori, pagg. 232 - lire 3.000), possiede quella comicità che è permessa solo a hi, come direbbe la nostra Susanna « 131 » Agnelli, non ha sense of humor. A leggerlo con serietà questo romanzetto lascia un profondo disagio: è possibile, ci si chiede, tanta sfrontatezza incosciente, tanta incapacità d'autocritica? Il mondo infantile della sorella confindustriale è tutto fatto di « puzza di sudor povero » che non è un profumo di Dior ma il suo ricordo proustiano dell'infanzia. Tutti i poveri puzzano, anche quando si lavano: son fatti cosl, ed è per questo loro difetto che non dirigono la Fiat e non diventano presiaenti della Confindustria: ve la immaginate una riunione di quell'alto consesso in cui, dato il cattivo odore, si sia costretti ad aprire le finestre? L'adolescenza della nostra autrice è tutta persa in giochi poveri con amici poveri: citando a caso, Emilio e Puccio marchesi Pucci, IJ3abù (bel nome, nulla da dire) Boncompagni, e tanti altri piccoli Mazzanti Viendalmare di Villaggiana memoria, in luoghi come Forte dei Marmi, St. Moritz, e via emigrando. Una vita di stenti, dato che c'era (come non si nota ma ci vien detto di 77 sfuggita) la guerra. E cosl: « Mio nonno aveva fatto costruire una sala di proiezione nel sottosuolo perché, visto che eravamo in lutto, non potevamo andare al cinema». E, mon Dieu (my God)! E come facevano con tutto il lusso sfarzoso della società di quegli anni, loro, gli Agnelli, a non andare al cinema? Il fascismo è sottile, creato da divertenti lapsus. « 1933. Ho undici anni. Mussolini viene a Torino, ci sarà un'enorme adunata ... E' così che conosco la liberrà » (pag. 27). Poi attrnverso la per-nientemodesta esaltazione del collaborazionismo crocerossino. Con qualche raffinata notazione che nemmeno all'umoristica vena di Woodhouse sarebbe venuta in mente (« Wake up, » gli ho detto ... « Who are you? » ha gridato « Dove sono, chi sei? Oh, Dio, ho creduto di essere a casa » - e disinvoltamente Susanna « Mirafiori » Agnelli ci fa capire che lei, modestia a parte, l'inglese lo parla con la stessa scorrevolezza con cui alza i miliardi). Poi l'amicizia fedele con Galeazzo Ciano (uno dei personaggi più sputtanati del regime: ovvero dimmi con chi vai...). La pillola di veleno per l'aguzzina delle S.S. per salvarla dalle torture dei suoi camerati e via collaborando. A un certo punto, in questa Italia fatta solo di Babù, Topazia, Maria Sole e chissà quali altre donzelle dagli umili natali, una vecchia si avvicina a Gianna Agnelli (pardon, Susanna), e gli dice « tu sei comunista », « no » dice lei un po' stizzita, of course (ovvero « naturalmente » ). Non ce n'era mica bisogno, questo s'era già capito da tempo. E sopratutto in quel meraviglioso passo, che riassume in sé la comicità di tutti i tempi, in cui la nonna entrando nella stanza dei pargoli di Rivalta, nota inorridita «Cosa state bevendo?» e quelli, blasé, « è sugo di ananas con champagne ». Allora la vecchia inorridita grida « Champagne? All'ora del Breakfast? ». Ecco come sono fatti i ricchi, non solo si comportano male ma ve lo raccontano pure, e sono pure tanto scemi da non sapere, come tutti sapevano per esperienza negli anni '30, che lo champagne non si beve mai (never) prima delle cinque del pomeriggio.
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