Muzak - anno III - n.02 - maggio 1975

Le carteintavola, baroneWarhol Noi, i lettori lo sanno, amiamo particolarmente i progressi della tecnica e, vorremmo azzardare, anche della scienza. A noi sembra, infatti, che la tecnica (al di là del suo uso pratico) sia in sé bella e costituisca oggetto di contemplazione estetica. Tant'è che potreste vederci spesso, nella futilità e vanità che ci contraddistingue, ammirare un cervello elettronico, incuranti del suo uso e delle sue volgari applicazioni. Così come non c1 mancano mai, a casa, in automobile o sul tram, accendini piezoelettrici, grattugiacarote elettronici, tagliasigari fotoelettrici, rasoi per gatti siamesi, e il giornale gong: tutte cose affascinanti, appunto, per essere tanto tecnicamente avanzate quanto inutili. Immaginate dunque, adesso che avete capito il nostro animo progressista, quale sublime gioia, quale indicibile piacere, quale estasi suprema ci abbia colto all'entrata del cinema per vedere Il mostro è in tavola barone Frankstein, quando, con speciaii quanto ridicoli occhialetti polarizzati, abbiamo potuto vedere il film, immaginate un po'?, in tre dimensioni tre (e ci vado ad aggiungere una cioccolata svizzera). Ora le tre dimensioni (e non ve lo do per mille, 70 né per cinquecento) sono una cosa che l'uomo ha, per così dire, fra le sue esperienze dirette: è, come dicono i filosofi, un dato empirico. Ma vi giuriamo che vederle lì, sullo schermo di solito cosl piatto, ci ha emozionato non poco. La nostra mente è corsa, con lacrimoni agli occhi (anche perché gli occhialetti danno fastidio anzichenò) a tantti anni fa: al cinerama. Quel gioiello della tecnica cinematografica passato alla storia per non servire proprio a nulla. E ci è balzato davanti agti occhi (anzi allo stomaco) il sensurround, ultima invenzione del cretinismo cinematografico anch'essa esteticamente e estaticamente del tutto inutile. Ah!, abbiamo detto, qui, con le tre dimensioni, è superato pure l'inimmaginabile e gli occhi (sempre più gonfi di lacrime e paurosamente tendenti allo strabismo) erano in orgasmo, il cervello finalmente riposava felice. Non Orwell, non Wells, non intere schiere di fanta-scri ttori avrebbero potuto immaginare una simile meraviglia: persi definitivamente fra lacrime, bruciore e tre dimensioni (carta che vince, carta che perde, dov'è la carta?) l'idiozia del film non si coglieva neppure. ll che, se ce ne fosse ancora bisogno, dimostra che la tecnica è di gran lunga superiore ai contenuti e che il difetto fondamentale dell'Esorciccio è di non avere nessuna trovata tecnica. Una sola cosa ci è dispiaciuta: che non ci fosse un dispositivo per gli odori. Ma forse è meglio, si sarebbe sentito, sennò, una sgradevole puzza di marcio. G. P.

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