Muzak - anno III - n.02 - maggio 1975

Ilcadavere e,sottozucchero Dapprima il fatto che si chiamasse Sweet Movie c'era sfuggito. Che ci sarà, ci chiedevamo con malcelata angoscia, di dolce nei cadaveri purrefarti, nel vomito, nella cacca? Poi (illuminazione) abbiamo visto lo zucchero (un intero enorme letto), la cioccolata, e abbiamo capito. La nostra mente è corsa alla primavera passata: al cavaliere Attilio Monti imboscatore di zucchero, all'industria Buitoni Perugina in crisi e gli operai in cassa integrazione. Se tutti, ci siamo detti, si costituissero letti di zucchero e passassero le loro tristi giornate a rotolarsi nel cioccolato fuso, la crisi del settore dolciario non esisterebbe. Ma si sa, gli italiani sono tradizionalisti e preferiscono, come sempre, far il bagno nello champagne o nel latte d'asina. Ma avanzando nella visione ci siamo resi conto d'aver, ancora una volta, preso lucciole per lanterne. L'agile pellicola è in realtà un invito a usare il purgante dal dolce (sweet) sapore di frutta: di qui l'irrefrenabile bisogno di andar di corpo dei giovani nella scena che, a detta di chi se ne intende, dovrebbe simboleggiare il periodo reichiano (mah!) nel processo di costruzione del socialismo. Una mia cara amica mi ha detto che a lei il film è servito non poco. ha potuto dimostrare al suo pargolo goloso che a giocare con la cioccolata viene il mal di pancia e allora sono dolori e vomito. Secondo altri, ancora, il film si inquadra nella campagna per la lotta al diabete, insinuando nello spettatore il sospetto che sotto lo zucchero c'è sempre un cadavere o magari una decina. E vorremmo dire che questa interpretazione ci è parsa particolarmente felice, ma che purtroppo non ci convince troppo. ChE c'entra infatri Karl Marx con il diabete? E la Potemkin? E i cadaveri orribilmente massacrati dall'armata rossa e amorosamente raccolti dall'esercito nazista? Più semplicemente la teoria affascinante (per Fanfani) di questo film è che la rivoluzione altri non sarebbe che una ninfomane sanguinaria: prima ti scopo dopo t'accoppo. Il che, vorrete convenire, è teoria di grande impatto culturale e di sicura fede reazionaria. Per il cinema nostrano una patente indubbia per il successo. Con buona pace dei santoni della kritika (anche di sinistra, of course) che hanno trovato in questo odioso polpettone chissà quali valori: forse quello (che Makaveiev divide con il degno compare Jodorowsky) di trasformare, se ci passate la espressione pensate ma efficace, la merda in oro. G. P.

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