Muzak - anno III - n.02 - maggio 1975

ni spesso fanciullesche finché Dan si mantiene su questo piano non c'è niente di male. Una certa pretenziosità si riscontra invece in operazioni tipo There's A Piace in The World For A Gambler (C'è un poslO nel mondo per un giocatore d'Azzardo) dove Dan prende di petlO atmosfere troppo romantiche per la sua personalità ancora poeticamente esile e allora non si capisce veramente più di cosa stia parlando questo ragazzotto belloccio appassionato di donne e bicchieri di birra. Joe Walh suona la chitarra ele11rica su 1u110 il disco. La musica (come i testi) di Dan si trovano ancora troppo 'in the middle of che road', come viene definito in inglese questo stile un po' country e un po' facile e leggero, 'nel mezzo della strada' in italiano, un posto pieno di denaro come hanno scoperto da tempo Loggins e Messina ma dove si rischia di essere investiti se non ci si toglie di mezzo in tempo. D. M. Mlchael Murphey Blue Sky-Nlght Thunder CBS Melodie che rendono il vostro sguardo triste mentre le ascoltate e riempiono il petto di malinconia, romanticismo dei più accattivanti, questo è Blue SkyNight Thunder di Murphey. Troverete le melodie strette da can• zoni intorno al fuoco ( ...pensando a donne e bicchieri di birra ...) in mezzo a strumenti mimetici con la natura circostante: chitarra éon banjo e pianoforte scorrono come torrenti leggeri era le Montag_ne Rocciose sovrastati dalla voce alta e di emissione naturalmente facile di Michael. Naturalmente la facilità della voce e degli accompagnamenti è del tulio subordinata a una tecnica consumata che rende i brani freschi come se cantati per la prima volta. E' come se Murphey si sedesse in cima a una collina sopra una valle e cantasse fuori i colori di quello che vede. Osserva un uccello che vola e la propria mente si ripiega su se stesso a stabilire subito un rapporto poetico diretto con l'apparizione - E mi chiamerai dal vento / Innalzati e cadi ancora in terra / Noi dobbiamo stare sule montagne / Uccello Selvaggio. - Va con sé che il tenore medio è tut• t'altro che progressivo per quanto riguarda lo stile: si tratta di una reinterpretazione di certe atmosfere western che a volte rischiano di cadere nello stereotipo, ma Murphey canta con convinzione sufficiente a dissipare i nostri dubbi sull'onestà degli intenti. Una incisione in cui sono racchiuse immagini di una geografia fatta di ampie vallate e montagne gialle, temporali estivi solcati da lampi passati all'asciutto in una casa di legno con un caffé fumante e la chitarra sulle ginocchia. D. M. Tangerine Dream Rubycon - Vlrgln Records Non vorremmo che il glitter londinese avvelenasse la compassata liricità di Tangerine Dream con l'andar del tempo. Questo Rubycon, è un fatto, è l'album in cui il gruppo fa le concessioni commerciali più spinte di tutta la sua carriera pur mantenendosi a un livello che gli conferisce sempre due lineette in più che alla maggior parte dei gruppi britannici. L'ombra dei Pink Floyd grandi maestri di acido aleggia qui insistente suggerita specialmente dalla linea dei bassi e anche se l'operazione non è volontaria sapori di Ummagumma e Dark Side Of The Moon ci colgono qua e la durante l' ascolto. Certo la strunura armonica, sensibilmente più delineata che negli altri esperimenti, resta pur sempre assai più piena di possibilità immaginative che quella dei Floyd. Le due parti del disco sono due fasi di viaggio con una molteplicità di paesaggi notevole e in queste pitture forse la band si comincia ad abbandonare a quelle concessioni di cui sopra e per la prima volta i sintetizzatori si sbrigliano in un frullìo di gabbiani di dubbio gusto appoggiati a una melodia sentimentale uso violino. Certo però che il livello rimane alto e solo tenendo presente ciò si può procedere a criticare questo che paragonato alla produzione media è pur sempre una perla. I dischi di Tangerine Dream sono in realtà una specie di biglietto per un 62 viaggio di orecchie e (eventualmente) sogni a occhi chiusi e da qui forse deriva l'ostilità di certi ascoltatori che hanno passato al vaglio il gruppo con l'orecchio viziato dalla musica più di consumo. Abbiamo detto più di consumo perché ad un certo livello, naturalmente, è di consumo anche questa, è solo una questione di livello d'ascolto, di capacità di ascoltare suoni in continuo sviluppo che offrono pochi orgasmi sonori lasciando molto potere alla fantasia. D. M. Ricerca dal vivo tra gli afroamericani dell'area di Memphls (1972) Dischi del Sole DS 526/28 Questo disco ci aiuta a capire che il « blues » afroamericano non è cosa del passato, oggi scomparsa o se mai reperibili a sfondo dei dischi dei gruppi di musica progressiva inglesi e americani. Il «blues», in qualche modo e nonostante tutto, esiste ancora, e ancora serve alla comunità afroamericana. Il disco di Marcucci e Maniscalchi ce lo mostra in una veste insolita, con registrazioni recenti (anziché le solite, pur importanti, ristampe di incisioni «d'epoca»), fatte non in studio, ma in casa di personaggi famosi come Bukka White e Sleepy John Estes, o di grandi talenti meno conosciuti, come Piano Red e Laura Dukes. Fuori degli studi di registrazione, il clima è più aperto, si fa più musica insieme, in modo comunitario (anche se non fuori dell'economia di mercato: « se hai altri soldi, io ho altre canzoni », dice Bukka White ai ricercatori in una frase riportata nel disco). La contemporaneità del materiale riportato in Blues oggi è particolarmente evidente nel repertorio di Laura Dukes, il cui « ukulele » ha indubbie reminescenze di stile « country » bianchi, mentre le canzoni che canta sono certo ben lontane dal blues classico, anche se ne acquistano la coloritura grazie alla voce e allo stile del cantante. Visto che ho parlato della « country music » ricordo alcune raccolte importanti che possono servire a farsi un'idea di questa musica. Anzitutto, l'antica e quasi introvabile ma preziosissima Anthology of American Folk Music, in sei dischi, cura di Harry Smith (Folkways FA 2051/2/3). Poi alcune raccolte della serie « Vintage » de!Ja RCA: Native American Ballads (LPV 548), SmokN Mountain Ballads (LPV 507) The Railroad in Folksong (LPV 532). Un'altra raccolta della Columbia, Ballads and Breakdowns of 1he Golden Era (CS 9660) completa un quadro delle migliori antologie di ristampe di materiale anni '20-'30. Quanto a raccolte di materiale su campo, soprattutto due dischi della serie « Southern Folk' Heritage », curata da Alan Lomax per la Atlantic: Blue Ridge Mountain Music (Atlantic 1347); Sound of 1he South (1352). Per la « country music » di oggi, direi The Huma11Condilion (Paredon), che è il miglior « country » urbano politicizzato; Merle Haggard, The Besi of M.H. (Capitai ST 11082), con tutto il meglio de!Je sue canzoni più reazionarie e più stimolanti; e per il miglior « bluegrass » sul mercato, Bill Monroe and Charlie Monrie (Decca DL 75066) nonché Flatt and Scruggs, 20 Ali-Time <;real Recordings (Columbia GP 30), disco doppio. Per concentrahsi sui più grandi nomi « storici » della « country music »: la Carter Family, The Famours C.F. (Harmony HS 11332); Jimmje Rodgers, Train Whistle Blues (RCA LPM 1640), e qualunque disco possibile di Doc Boggs, Uncle Dave Macon, Hobart Smith, Doc Watson, Clarence Ashley (e ce ne sarebbero molti altri), disponibili nei cataloghi Folkways, Coontry, Legacy. Poi c'è sempre il gruppo dei New Lost City Ramblers, facilmente reperibili anche nelle ristampe della Chant-du-Monde oltre che nell'edizione originale Folkways, ottimi anche se certo inferiori agli originali da cui hanno imparato la loro musica. Le canzoni di lotta, politiche e militanti di Sarah Ogan Gunning e di Aunt Molly Jackson si possono sentire in due dischi: A Giri o/ Conslant Sorrow (Topic 12 T 171) e A.M.J., Library o/ Congress Recordings (Rounder 1002). S. P.

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