questa è una delle più pulite; le forme sono della Southern Mu- ;ic, con i vari Allman Brothers :gli ultimi) e Lynrd Skinyrd e di tutti Wet Willie sembra comporre le linee future, mille trovate e non solo, vedere il blues acustico J ailhouse Mean ed ancora He set me free accanto alle mosse alquanto risapute di Take It 10 the Music ed altre che rischiano di mettere Wet Willie nella confusione di nomi sentiti a· casaccio una volta e risposti frettolosamente nella busta. Ci vuole solo più acustica e meno voglia di imporsi commercialmente, poi la ricerca ed i musicisti ci sono, eccome. Si sente! M. R. Ralph Towner: Diary (ECM) Album solo, in assoluto, per Ralph Towner, chitarrista militante nelle file della solitudine acustica e già colto nelle righe di « I Sing The Body Electric » dei Weather Report e quelle più personali del suo Oregon. « Diary » è un lungo racconto, intimista, gentile e senza cupidigia, un viaggio allungato tra le braccia della chitarra acustica e del pianoforte, strumenti restitum alla magia della loro semplicità originaria, mai distorti, mai complicaci, limpidi e fluidi nei suoni che sono di cristallo. Eppure, l'opera sarà forse di difficile comunicativa, vuoi il carattere completamente personale delle composizioni, tutte giocate sul filo della meditazione distesa, quella del tuo amore quando sei in sintonia con le cose attorno e le ami sino in fondo, e vuoi la costruzione lieve, tanto lieve da sembrare uguale a se stessa in alcuni passaggi... il carattere di Towner può sconvolgere proprio in dolcezza, quando la mente percorre « Dark Spirit » o le « fo1ages Unseen », o ancora quei piccoli specchi dai mille riflessi dolci « Ogden Road » e «Erg»: occhio di arpeggio e suono di anima e corpo, lieve chitarra che lega invisibilmente Towner a Kaukonen e sono i fili della libertà acustica, e non banalmente elettrificata, a circondare la armonia tutta, la bellezza di frasi anche pianistiche, eleganti, 1111D' Rt/ER MNJ0 semplici sempre più vicine al cuore. « ICARUS », diamine, un capolavoro, mentre non sono intuizioni « cosmiche » od il blues ad esempio ad uscirne fuori, giusto il tempo di prender fiato tra una corda e l'altra tra il sole e la terra tra la rugiada e le onde tra il cervello e quello che c'è dietro tra lo Zen e lo Yoga... musica di energia e di amore, su tutto, per rispondere all'odio ed all'egoismo con disarmante semplicità. Neu: Neu II! (Brain UA) M.B. Parlare di questo album, a due anni dalla sua uscita, ha principalmente uno scopo; la sua pubblicazione italiana, visto l'interessamento della nostra CBS per il primo esperimento discografico dei NEU. Ma va detto innanzitutto di quanto questa formazione tedesca esprima all'interno del panorama continentale europeo: di provenienza « Krafrwerk », Michael Rother e Klaus Dinger costituiscono la portante della formazione, assieme a Conrad Plank, tecnico e tastierista di fama, ed insieme l'idea di un suono che sa di tecnologia e di terra, di violenza e di pace, di elettronica pura e rock elettroacustico, amalgama perfetto, libero quanto le proposte del gruppo originario (ricordate i primi Kraftwerk e Ralf & Florian?). Maggiormente monolitico ed· ossessivo, meno spaziale e raffi. nato dei compagni iniziatori, Neu del secor.do album affronta la materia in chiave strettamente ritmica, cioè studiando, nell'elettronica, le possibili evoluzioni del rock libero, svitato, iconoclasta: il punto di partenza può dirsi il generatore di onde sinusoidali, l'oscillatore od il sintetizzatore stesso, cioè un apparato in grado di ripetere all'infinito una determinata armonia, la cui successione ossessiva costituisca la fonte sonora assieme alle percussioni. Nasce così, candidamente, una prima parte che può ricondurci ai Can più duri, o può spostare l'asse su un'or!lanicità paurosa e beffarda. che della tecnologia sfrutta ogni possibilità, non sfuggono però le matrici socio-culturali dei Neu, la loro non acquiescenza al sistema, la lotta aperta, .violenta ... e non sfuggono i risultati, cioè come il suono riesca a posarsi dove vuole, perfino tra armonie dolci, pacatamente orientali. Si tratti di « Fur Immer », « Spitzenqualitat » e gli altri solchi della prima parte, impressionante sequenza di elettroacustica pura, interamente giocata su percussioni e frequenze, o si tratti della splendida quanto breve « Neuschnee 78 » dove l'atmosfera è quella degli ultimi Popol Vuh ed i ritmi rappresi ancora nel solito fazzoletto elettrico-percuttivo... e che le porzioni di « Super 16 », « Cassetto », «Hallo Excentrico! » siano la espressione avanzata di una lucida follia, giusta nella sua violenza sino al midollo, le pagine restano comunque colorate di un'intensità sconosciuta, romantica quasi negli atteggiamenti più puliti, perversa e limpida in quelli maggiormente ritmici. Musica restituita alla terra ... forte esempio di elettroacustica ... oboe e generatori senza gerarchia, libera ed amplissima strumentazione... giusto per rendere chiaro il colore della Musica per portarla alla Luce. M.B. Mahavlshnu orchestra: Vlslons of the Emerald Beyond (CBS) Avrei preferito tornare a parlare di « My Gaol's Beyond » e lasciare che le dita potessero scorrere sui tasti del suono e della macchina piacevolmente, nell'abbandono di una musica felice e sincera, invece, tra queste righe, la consapevolezza della fine triste di una storia incredibile. Non riesco a credere ai ripensamenti, alle fatiscenti crisi messe su da critici compiacenti, non riesco a pensare ad un Mahavishnu Maestro e Discepolo ad un tempo della sua espressione, non riesco a cogliere la frattura esistente tra i due albums, tale la loro differenza non soltanto costruttiva, piuttosto di contenuti interiori, di forza emotiva. Mc Laughlin non esce a 60 testa bassa: lascia in questo Visions una immagine quasi disperata di sé, spinto alla ginnastica mentale e musicale da una filosofia umana forse per lui errata, gettato in faccia al consumo senza ritegno e con la pecca gravissima di darsi un contegno, una configurazione nelle linee di una religione brahaminica che nulla ha da spartire con questo tipo di musica rock. Ponty giunge a sottolineare la propria stringatezza e certa fragilità di sensi proprio accanto ad un Mahavishnu sibilante e sciocco nelle conclusioni, pur sempre valido nella tecnica individuale. Non molto altro da dire, senza falsi rimpianti o troppe amare constatazioni... l'opera, nel suo insieme può solo essere accettata da quanti mai hanno ascoltato il Mahavishnu di « My Goal... » ed « Inner Mountin Flame ». Adrian Wagner: dlstances between US (Atlantlc) M.B. La copertina riporta « registrato su otto piste» e l'organico cosl composto: Adrian Wagner (venti tipi circa di oscillatori e sintetizzatori, voce), Bob Calverc (voce), Nick Hodgson (percussioni), Pauli ne Roberts (voce)... ma non si tratta di un altro innovatore, nell'elettroacustica e per il futuro. Album concept nella lunga suite di « Distances Between Us », si muove limpidamente tra armonie che, nella struttura più interna riconducono alla Third Ear Band, nel cantato a Peter Sinfield (ma con testi più lucidi), nella superficie ritmica agli Hawkind dell'ultimo organico, quello con Simon House... molta follia, comunque, tra le vene di suoni caldi e spaziali, dove nulla è lasciato al caso, ed il nulla risponde alle domande della tecnologia, ma con pensiero pulito. « Steppenwolf » nella seconda parte, porta al suono tedesco e « Music Of Sphercs » corre in luoghi internissimi, vero punto focale di tutta l'opera. E da ultimo, la comunicazione si fa sottile ed Adrian Wagner parla di se stesso, di mutazioni e distanze fra le epoche, un rituale intro-
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