Tutto, potregbe dirsi di « Mo' Roots », senonché la tensione s'affievolisce in coretti e misere trovate suggerite da non so chi; lungi dall'essere un viaggio alle origini, deve sembrare il quadru di un ottimo musicista che ha bisogno di un take five. Passato, finalmente, per forza o no. Ben vengano i nuovi gesti. M. R. Tim Buckley: Look at the fool (Discreet) « Guarda verso il pazzo » e lo scopri coperto di piaghe e trafitto da chiodi acuminati, il cervello spappolato da colpi crudeli. il viso incavato, bianco ... strano il processo di decomposizione dell'uomo a venire prima della partenza definitiva, strana la paura nei suoi occhi, ancor più « diversa » la voce strozzata, irreale tanto meno ribelle della sua realtà. Tim è quello che è: lo conosciamo nelle incisioni e per qualche parola scambiata, ci fidiamo di lui, non certo dell'entourage zappiano che attualmente gli fa vendere dischi (ma quanto avrà venduto « Lorca » ai tempi?), non certo di Herb Cohen e simili ... aguzzini in grado di darti la sopravvivenza, figliolo e che devi accettare. Sotto le righe di questo « Look At Tht Fool » Tim appare non impazzito e neanche frustrato musicalmente, aveva infatti affermato di prediligere il Rythm & Blues ed è quanto attualmente va portando avanti, aveva dichiarato che il suo passato era passato e grandi nevrosi, ed ha abbandonato tutto, anche nel linguaggio, e nello stile, pur se la voce è rimasta immutata, meno acida e tagliente, più aperta e limpida, più divertente e divertita di se stessa. Molti brani per un album che, colto in pienezza, si dimostra più pulito del precedente « Sephronia », quando di quest'ultimo erano evidenti i tentativi posticci di sposare il passato al presente, mentre qui non si hanno collages od il raccogliere vanamente le fila di un discorso spezzato in più punti. .. l'album, in sé, è coerente sino in fondo. R & B e questo non sconvolga, l'artista è ciò che vuole... e se « Tijuana Moon », « Bring lt on Up », « Helpless » sono storie che dalla sua voce non si attendevano, non si gridi allo scandalo: il cervello è trafitto, il viso troppo triste, ma le condizioni per il meglio ci sono ... sta all'uomo Tim, prima che cantante, farle sue, al di là del successo. Country Joe (Vanguard) M. B. Lungi dall'essere un maldestro fallito quale lo vogli_ono spacciare gli acritici, Country Joc muove in uno spazio tutto suo, un po' strano a dire il vero, con Woo<ly Guthrie mai e poi mai messo da parte, ed ancora tutti ricordano la musica dietro alle manifestazioni, « Hey, tu che parli tanto, sei mai stato in Vietnam » e via, mani di botte dietro l'angolo e sull'ascensore dell'albergo. E risse ai concerti. Country Joc si dev'essere alquanto stufato dell'immagine e dei .:azzotti che dopotutto non servivano a niente. E chi dice che cammina con l'aria avvilita di un benpensante, non può ammettere che certe cose possano finire, oltranzista della nostalgia. Finché ci pare che Donovan abbia perso qualche cellula, va bene, non per riportarci indietro, ma... basta ascoltare. Country Joe vive a Parigi, matto anche questo senz'altro, tanto da introdurre organini e spiegare passo passo come fare soldi in Cile e poi dire un po' di cose di quando ruzzolava per la fattoria, ed allora? Difficile trovare un artista così sincero fino in fondo con sé e con l'ambiente. Ed onesto, in ogni riga di questo album che infilerei nei migliori dell'anno. Ma forse l'onestà non piace. Led Zeppelin Phisycal Graffiti Swan Song M. R. Eravamo diciottenni al Round House di Londra quando gli Zeppelin facevano la loro prima apparizione multiwatt e ancora conserviamo l'immagine dei bambini nella sala mentre si arrampicavano sulla gigantesca apparecchiatura di diffusione per niente turbati dalla violenza del suono. Eravamo eccitati dalla novità ma non ci sfiorava neppure il dubbio che in quel momento nasceva una buona epoca per il rock: il velenoso hard avrebbe da ora imperversato per anni mandando in visibilio le platee dei più giovani. Forse per un fattore di sopportazione fisiologica dei bassi martellanti e i toni della chitarra strappameningi presto cominciammo ad essere stanchi di questo nuovo (per modo di dire) sound e rivolgemmo il nostro orecchio alirove dimenticando quasi completamente gli Zeppelin che del resto non brillavano certo per prolificità col loro disco ogni tanto. Questo loro ultimo LP assume ora per noi quasi il valore di un nostalgico revival assieme alla considerazione che quando condannammo duramente Zep trascurammo di considerare certe cara11eristiche positive della band come la sezione ritmica che rimane a tutt'oggi una delle più travolgenti o l'abilità di Robert Plant e il blueseggiare se vogliamo facile ma duro e sanguigno di Jimmy Page. Forse è perché da allora ne abbiamo sentite veramente di cotte e di crude che questo album ci sembra accettabile e quasi ingenuamente naiv nella sua durezza anche se lungi dall'essere il 'nostro genere' di musica. Danilo Moro11i Little feat: Feats don't Fail me New (Wamer Bros.) Ecco a voi la rivelazione della Nuova America raccolta dalle ceneri! Questo è quanto si vuol far credere, ma la realtà ne esce un po' diversa. Che i Li11le Feat abbiano certo feeling è innegabile, il guaio rimane una musica insipida e non vecchia, piuttosto usuale per i mille picchi musicisti (e a volte assai matti) che muovono nei locali di Berkeley, Los Angeles e dintorni. In sostanza, una buona carica di rock sparato al corpo, Cold Cold Cold Tripe Face Boogie, Rock and Roll Doctor, più in là non si riesce ad andare. M. R. 58 Harvey Mandel: Feel the Sound of (Janus) Harvey, chitarrista che ci aveva fatto tremare con Games Guitars play e tali Canned Heat, sembra adagiarsi in ritmi ed accordi compiacenti, non è l'album che preoccupa, bensì una carenza di ricambio a piano di linguaggio e la forza rimane, un modo di sentire che trasforma le banalità in note che almeno fanno star bene (senza pensarci). Da notare un'esagerata parsimonia nell'uso delle due facciate scusata dai flashes davvero belli di Feel the Sound e Candles by the Bedoide. Non basta! Dave Loggins Apprentlce Eplc M. R Non è per cattiveria o ipercriticismo ma veramente non riusciamo a capire quanto spazio ci sia nel mercato americano per cantautori country. Evidentemente più di quanto riusciamo ad immaginare già che questo nuovo LP di Dave Loggins che abbiamo in edizione originale ha appiccicata una etichetta 'Il Nuovo Album Di Dave Loggins!' manco fosse un evento nazionale. La realtà è che ci siamo un po' seccati di queste voci indistinguibili l'una dall'altra se non per differenze microscopiche (Dave Loggins canta come Jim Croce con l'aggiunta di un filo di raucedine nella voce) - ...per favore vieni a Boston - e lei ha detto no, vieni tu a casa da me... » anche le liriche di questo tipo, con questo tono da gigante buono, da cowboy gentile ci hanno proprio esautorato ed è un peccato che tanti musicisti credano nostra preoccupazione quella di essere tenuti al corrente attraverso le canzoni sulle loro vicissitudini domestiche. Danilo Moroni Donovan: 7 - Tease (EPIC) Questo nuovo capitolo iniziato da Cosmic Wheels non mi ha detto giusto niente, e 7-Tease rimane senz'altro il correre inutile di una serie (è proprio cosl) che sembra voler tirare per le
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