Muzak - anno III - n.02 - maggio 1975

la morte di Charlie Parker. I fratelli Heath, poi, hanno raccolto la volontà, sempre discutibile, peraltro della commemorazione e hanno intonato un classico parkeriano: 'Yarbird suite'. Gli Heath Brothers, e più precisamente Jimmie Heath al sax tenore; Albert H. alla batteria; e Percy H. al contrabbasso e al violoncello hanno concluso la serata. Tutti e tre i fratelli si avvalgono di una consumatissima esperienza e anche di un notevolissimo 'mestiere' essendo sulla scena del jazz da moltissimi anni. Dei tre il più famoso è Percy, noto soprattutto per la sua lunghissima militanza, fino al recente scioglimento, nel Modem Jazz Quartet. li 'mainstream' degli Heath è stato piacevolissimo e di alta classe, sebbene poco pregnante e intriso di 'gigioniCharlie Mingus smo' all'americana che è culminato in un '\X'atergate blues' inspiegabilmente intitolato cosl se non in virtù di un troppo facile e ingiustificato umorismo. Seconda serata: Guido Mazzon Trio Albert Mangelsdorff Quartet Elvin Jones Quartet Nella nuova generazione di musicisti italiani d'avanguardia il trombettista Guido Mazzon occupa un posto di primissimo piano ed è certamente uno dei pit1 lucidi e personali esponenti di questa 'nouvelle vague' italiana. I cardini del suo discorso sono la 'beffa', intesa come provocazione e stimolo, la 'raobia' come spinta interiore a parlare e a denunciare sulle basi di un altro importantissimo ele27 mento: la 'significazione ideologica del discorso'. In questa ricerca Mazzon non poteva non fare i conti con i maestri degli anni '60, e su di lui aleggia sempre la presenza di questo incontro, anche se la sua intelligenza gli permette una compiutezza e una organicità stilistica che rendono personale ed autonomo il suo discorso. Bravi i suoi partners (Bellatolla al basso e Rusconi alla batteria) anche se non altrettanto lucidi e sicuri. Per il quartetto del trombonista tedesco Mangelsdorff c'era molta attesa nel pubblico. Sia perché M. è uno dei maggiori esponenti del jazz europeo di oggi, sia per la sua continua e rinnovata capacità di 'proposta'. M., innanzitutto si è rivelato al pubblico come un formidabile solista, molto personale e versatile. Notevoli sono sembrate anche le sue doti di costruttore, di leader, sebbene viziate da un intellettualismo di fondo, spesso nocivo alla pulizia e alla organicità del discorso. La presa sul pubblico è stata comunque assicurata dalla corposità e duttilità del gruppo composto oltre che da M. dal bravissimo Heinrich Sauer al sax tenore, da J. Niegerball al basso e da H.P. Giger alla batteria. Dopo il gruppo tedesco è stata la volta di una delle due grandi stars di questo festival: Elvin Jones, colui che viene considerato in assolutO il più completo e dotato batterista degli ultimi anni, il maestro del drumming torrenziale e liberacorio. Jones, in effetti, dotato di una potenza fisica non indifferente, è un batterista 'totale', nel senso che nel suo

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