Prima serata: Terje Rypdal 'Odyssee' Dollar Brand Heath Brothers C'è stato, forse, un errore d'impostazione che ha notevolmente condizionato lo svolgimento della prima serata. Mi è sembrato discutibile, cioè, l'ordine delle esibizioni dei tre numeri in programma. Tra questi, quello di Rypdal è certamente il più difficile e il meno jazzistico (in senso tradizionale), di sicuro il meno adatto ad aprire addirittura l'intera rassegna al teatro Donizetti, in un ambiente non ancora riscaldato e per metà ideologicamente ostile. In conseguenza l'esibizione del gruppo di Rypdal, uno dei più interessanti musicisti europei del momento, è stata piuttosto fredda, breve, contenuta entro spazi più angusti di quelli che avrebbe dovuto avere; per lo più, dato il genere e il momento, decapitata definitivamente dagli eleganti velluti del bellissimo teatro bergamasco, non riuscendo né a soddisfare coloro che attendevano con entusiasmo il gruppo norvegese, né rantomeno a convincere coloro che sono aprioristicamente contrari al jazz elettronico. Non che ci si debba debba tanto formalizzare sul luogo, ma ç indubbio che l'intervento di Rypdal, proprio per il suo carattere non-tradizionale o comunque 'diverso' in una rassegna di jazz, avrebbe dovuto essere maggiormente valorizzato, in modo da rendere più creativo il confronto con gli altri stili che sono stati pre• senta ti. In ogni caso, a parte questa circosranziata freddezza d 'assieme (riscontrabile peraltro nell'insufficiente impegno dei musicisti) la musica di Rypdal ha confermato pienamente la validità e il potere stimolante della sua proposta, e più in generale di tutto il jazz nordico. Qualcuno, inoltre, è rimasto deluso dalla poco appariscente Jazz aBergamo Gino Castaldo Ph. Pietro Tof!.ni Elv In Jone!. 26 presenza solistica di Rypdal, che si giustifica, invece, nella struttura stessa della sua musica. Struttura nella quale non esistono solisti predominanti, ma al contrario un flusso unico nel quale a mosaico si incastrano i vari interventi. Il risultato è un tappeto sonoro molto denso, elaborato geometricamente, senza spazi vuoti, nel quale emergono temi melodici, dialoghi, assoli, diverse atmosfere timbriche e ritmiche senza soluzione di con tinui tà e senza la oziosa circolarità di certo jazz tradizionale. In generale si può dire che il gruppo, composto da basso elettrico (S. Hovensjo), batteria (S. Christiansen), tastiere (B. Blix), trombone (T. Sunde) e chitarra elettrica, sia molto vicino agli schemi tipici del jazz-rock, ma se ne distacchi per un uso più contenuto e sottile della strumentazione elettronica, più vicino, casomai, a certe punte di diamante del rock d'avanguardia. Dopo Rypdal è stara la volta del pianista sudafricano Dollar Brand, che si è esibito da solo in una unica lunghissima suite suonando, come è solito fare, sia il piano che il flauto. Con Brand il clima nel teatro è notevolmente cambiato. Il suo stile, in un certo senso, fa da ponte tra il jazz e la musica più propriamente africana, realizzando da africano certe ipotesi già impostate da jazzisti americani. Con un pianismo avvincente e persuasivo basato sulla ipnotica ripetitività ritmicomelodica dei bassi sulla quale si sovrappongono le improvvisazioni risolte sui toni alti, Brand è riuscito a catturare l'attenzione del pubblico, ottenendo un discreto successo. Dopo Brand, Gianni Basso, che è stato il presentatore della rassegna, ha voluto ricordare, prima di annunciare gli Heath Brothers, che quella sera ( il 12 marzo) era esattamente il ventennale del-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==