Muzak - anno III - n.02 - maggio 1975

« Non avevamo fatto in tempo a raggiungere il cancello della caserma che un tizio dai cordoni rossi che gli pendevano dalle spalle ci ordinò di seguirlo. Dopo aver lasciato le nostre generalità l'ha aperto. Il piazzale ci apparve enorme, ma ancora più impressionante fu il brulichio di persone tutte uguali, vestite com'erano dello stesso colore. I primi tre giorni servirono per darci l'acconciatura adatta ai soldati italiani. Prima di tutto ci portarono in guardaroba. Nei pantaloni e nel cappotto a me assegnati c'entravo due volte, non potevo pero accomodarli senza il permesso del maresciallo ... ...Poi venne l'ora del barbiere, con quella testa rapata e ravvolti in quelle divise non sembravamo neanche più noi ». E' il racconto di un ragazzo, Franco Gesualdi in « Signornò» (Ed. Guaraldi '72) profondamente e giustamente colpito dalla vita di caserma. Non sono impressioni di un rassegnato, come lui una gran parte dei militari di leva sostiene che si possa vivere questo periodo in maniera diversa. « Lo stradicamento è brutale, avviene senza mezzi termini attraverso il martellante lavorio psico-fisico degli istruttori, è sradicamento dalle proprie abitudini precedenti, dal proprio lavoro, dalla famiglia, da tutto il complesso di vica associativa prima condotto (bar, cinema, rapporti sessuali e effettivi, cultura, sport), con l'obiettivo determinato di fare tabula rasa, di eliminare ogni connotazione individuale, ogni possibile resistenza al lavaggio del cervello. L'intenso addestramento fisico annulla ogni velleità « intellettu:.listica », le le~ zioni teorico-ideologiche servono per sondare il terreno e scoprire i « renitenti », la rasatura a zero dei capelli (accompagnata naturalmente dalle solite battute fasciste Allabandiera vannotributati • • • • 1mass1IIolnl ori Chicco Ricci 20 sui capelloni) è a tutto questo funzionale ». (Da « L'opposizione nelle caserme » Ed. Lotta Continua 1969). Già nel '69 dunque passavano analisi e contributi contro la vita in caserma. Le stesse cose viste con una ottica diversa: una lettera scritta da un militare alla ragazza, una delle tante. <yNiente non so cosa dirti, ·t0no talmente disorientato, confuso, avvilito, che non so proprio cosa fare, non riesco a spiegare, a scrivere quello che provo. So che devo reagire, so che è proprio questo che vogliono che io provi, ma è difficile, è traumatizzante passare da situazioni nelle quali, bene o male, sei tu che decidi come gestire il tuo tempo, a fare delle scelte, a decidere se ti va di dormire, fumare, cli divagarti, ad altre dove tu come persona non esisti, dove c'è sempre chi decide per te». Problemi enormi cli vita quotidiana, è di questi in particolare che abbiamo trattato. Per comodità li abbiamo divisi, per dare un quadro, anche se generico e sfumato, di cosa succede in realtà in questi quattordici 'lleSI. La repressione sessuale « Chi naia non prova, uomo non diventa». « Nella mia caserma presta servizio militare un ragazzo veneto, chiaramente e apertamente omosessuale; mi ha così colpito il razzismo usato nei suoi confronti che ora ne faccio una questione tutta politica il denunciare questa discriminazione all'esterno. Ovviamente l'hannn costretto a lavorare presso la mensa ufficiali con la motivazione che lavare i piatti, servire in tavola preparare i cocktail per gli ufficiali è un « lavoro adatto anche alle donne», non solo, lo punzecchiano tutto il giorno, lo provocano con battute, proposte, scherzi tendenti a dimostrare la lo-

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