Muzak - anno III - n.02 - maggio 1975

1975: sterminatiutti? S::ndro Portelli « Oggi uno stile ' country ' di maniera è presente in cantanti e gruppi C.S. N&Y, Kris Kristofferson, e altri...» e ieri? La vita del country dalla nascita creativa all'agonia per mistificazione. ·r J. La corsa sfrenata della macchina di Bonnie e Clyde era sottolineata da una musica inconsueta, apparentemente semplice, ma trascinata, sorprcndememente legata al paesaggio. i chiamava « bluegrass », e la suonava il grup• po di Earl Flatt e Lestcr Scruggs, due caposcuola del genere. li « bluegrass » è una delle forme recenti di quella che si chiama in genere « country music » - ovvero, e non per caso, musica di campa• gna, musica contadina. Con « Bonnie and Clyde ,, culminava un processo abbastanza vasto di recupero di questa musica; in poco tempo, il cosiddetto « country » usciva dal ghetto di musica per bifolchi meridionali in cui l'aveva relegato il gusto filisteo dell'America perbene. Musicisti di successo come Country Joe Mac Donald e Bob Dylan scendevano a Nashville, capitale del Tennesse e della musica « country » per rivistare in questa chiave il loro repertorio. Elementi di stile « coumrv » andavano ad ornare la ;nusica di gruppi del tutto e tranei a quel mondo. I asceva il cosiddetto « countrv rock ». Ma quando succ~devano tutte queste cose, la musica « country » aveva già decenni di swria. Prima di tutto, era stara la musica contadina tradizionale dei bianchi delle regioni più disperate d'Americ.J. Nei monti Appalacchi del Tennesse, Kentucky, Virginia, condannati al sottosviluppo, all'isolamento, alla speculazione degli agrari e delle compagnie minerarie, il folklorisra inglese Cccii Sharp aveva trovato all'inizio del '900 una straordinaria creatività musicale, basata su un ricco patrimonio di musica popolare inglese arcaica: melodie modali, da cantarsi a voce singola, sema accompagnamento; suggestive polifonie religiose aperte alla improvvisazione Ji ciascun membro del coro. Piì.1 a sud, la mu ica era la espressione principale dei « bianchi poveri » cli terre esaurite dalla chiavitù, massacrate dalla guerra civile, tormentate dal razzismo e della repressione di una religiosità arcaica e letterale. Negli anni venti, ai folkloristi si sostituì l'industria discografica. I « talent scout » della RCA, della Columbia, della Brunswick percorrevano le regioni montuose e le campagne isolate, fermandosi nei villaggi per registrare i musicisti locali, con uno scrupolo ed una meticolosità che i ricercatori universitari non si erano mai sognati. Per e~empio, Frank \Xlalker, della Columbia, « metteva annunci in anticipo sui gioranli locali. Poi selezionava i musicisti migliori e sceglieva le canzoni da registrare. Poi faceva fare qualche prova ai prescelti per abituarli ai microfoni e per scioglierli; cercava di comportarsi in modo molto informale, alla mano, cli solito sistemandosi nei piani superiori di qualche vecchio palazzo, mettendo tende alle pareti per l'acustica, e cercando di creare un'atmosfera casalinga. A volte si portava un po' di liquore di montagna, per sciogliere le gole ». La elezione dei cantanti e delle canzoni, chiaramente, avveniva in base a criteri estranei a quelli della cultura locale; ma si deve tenere conto che questi dischi venivano spesso rivenduti quasi esclusivamente sul posto, direttamente per il mercato rurale. Li commissionavano a volte dei commercianti locali, o venivano venduti per posta fino ai casolari più isolati. La musica era già diversa da quella che aveva colpito Sharp: accanto al violino, lo strumenro più antico nell'uso tradizionale perché si adattava meglio alle scale modali, c'era adesso la chitarra, che invece tendeva ad inquadrare la musica nei ritmi e nelle armoni-: convenzionali; e CO· imnciava ad emergere il banjo, portato dai negri, che aggiungeva un 'impronta rit• mica marcata, del tutto assenti: nelle ballare di origine

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