solo nell'ambito della musica, uno dei massimi artisti del novecento. Questo è ormai assodato da moltissimi anni, anche se D. non è certo il tipo da vivere sulle glorie del passato, ed infatti è anche assodato che gli basterebbe quello che ha fatto dal '68 fino ad oggi per passare alla storia. L'importanza della sua opera non è assolutamente circoscrivibile; sfugge ad ogni tentativo di riduzione entro i confini del suo « specifico ». Tutti dovrebbero tenere conto di quello che ha fatto; perlomeno tutti coloro che vogliono capire il novecento a livello artistico, anche se si dedicano ad altre discipline. E tuttora i suoi dischi continuano ad essere nuovi in maniera sconcertante. Sconcertante perché è un artista « difficile », e per difficile intendo problematico, poliedrico, complesso ecc... e anche perché da precoritore o meglio ancora da inventore di nuove strade come è sempre stato mette in crisi quelle metodologie critiche standards, nel conformismo stilistico e formale. Per gli stessi motivi la musica di Davis stimola le più diverse reazioni in cui lo asco!ta. E in questo D. rimane profondamente legato al jazz che lo ha preceduto, considerando il jazz come un linguaggio in continua dialettica con se stesso; considerandolo come un mezzo di espressione basato sulla sublimazione liberatoria della sfera razionale della personalità. Tutto ci6 vale anche per questo ncovo album doppio « Get up with it » dedicato a Duke Ellington. Curiosamente e nella maniera più paradossale, il brano che occupa tutta la prima facciata, e che è il più rarefatto, il più difficile di tutto l'album è proprio specificamente dedicato al grande maestro scomparso; che invece era per autonomasia un genio della comunicativa diretta e immediata, si chiama, infatti «He loves him madly» che non è altro che una parafrasi del famoso « I love you madly » Ellingtoniano. Ed è paradossale solo in apparenza perché a ben vedere è questo il modo in cui Davis resta legato alla tradizione: andando avan,ti. In questo pezzo una netta figura solista; al contrario gli strumenti si intrecciano tra loro seguendo associazioni apparentemente irrazionali, al limite della fantasia onirica, immersi in una atmosfera irreale, profonda, una specie di giungla misteriosa, (in questo forse c'è invero diretto con Ellington, nella proiezione futuristica del suo Jungle style) senza crescendi né decrescendi, senza precisi connotati spazio - temporali che nasce cosl come finisce nella più assoluta sospensione. In questa « terra di nessuno » l'ostinarsi alla decodificazione preconcetta provoca il blocco cosciente, e per contro una incontrollata e negativa adesione inconscia. Qualcosa come una « proiezione». Cosl chi sostiene che Davis è paranoico, per esempio, probabilmente denuncia se stesso « proiettandosi » nella sua musica, e cosl anche chi Io trova malinconico, angosciato e cosl via. La voce di Davis, in realtà non è né l'una né l'altra cosa. Se lo fosse perderebbe la sua malìa, scadrebbe di incisività, limitando i possibili sviluppi che può avere un brano. In realtà la sua voce è profonda, vera; provoca varie reazioni perché ha una incredibile capacità di penetrazione nella nostra sfera emotiva, raggiungendo dei livelli che difficilmente siamo disposti ad aprire. La sua metafora, elaborata in 20 anni di musica, è quella di un mondo difficile, pieno di sfaccettature problematiche, visto da un uomo nero, ipersensibile che ha sempre dato lo stesso colore timbrico alla sua tromba; un colore capace di esprimere in una nota tutti so i diversi sentimenti di cui è capace. Per questo la sua metafora è ancora tutta da decodificare come rappresentazione del mondo moderno, determinate per la vita culturale dell'uomo del novecento cosl come lo sono i films di Bergman, o l'Ulisse di Joyce o le musiche di Stravinsky e di Stockhausen. Giorgio Gaslini « Colloquio con Malcom X » (PDU) g.c. « Colloquio con Malcom X » è una performance già rappresentata in varie città italiane ed ora realizzata su disco. Coerentemente alle idee musicali di Gaslini questo suo lavoro è un « poutpourri » di stili e linguaggi generalmente usati in diverse sedi. G. li mescola, al contrario, con studiata abilità, maturatasi ormai da molti anni di ricerca. E' la stessa abilità, peraltro, che gli consente di suonare dal cosiddetto « jazz dodecafonico », alle colonne sonore risorgimentali, e ai raffinati e salottieri arrangiamenti di canzoni di successo. Questo « Colloquio » è appunto una lunga suite vocale qualsiasi genere, che si avvae strumentale, volutamente definita colloquio proprio per sfuggire a possibili inserimenti in classificazioni di le delle più svariate atmosfere àllo scopo di ripercorrere le varie tappe delle esperienze di Malcom X. Il tutto è sottolineato dalle citazioni più disparate dai versi di Langston Hughes ai rifacimenti di famosi canti di protesta come « We shall overcome ». Così che il senso dell'opera si allarga fino ad abbracciare tutto l'arco dell'evoluzione del popolo nero simboleggiato nel messaggio di Malcom. Questa operazione di melange cosi avventurosa, appesantisce talvolta il discorso che rischia di perdere in fluidità e di acquistare in retorica. A tratti, cioè, si avverte lo sforzo che è occorso per combinare insieme questo materiale. Sforzo che rimane sempre di tutto rispetto, apprezza.bilissimo, considerando l'estremo bisogno che abiamo di una musica che vada dritta al centro dei problemi politici e sociali senza perifrasi inutili e spesso negative. Tony Esposito « Tony Esposito » (Numero Uno) g.c. La musica italiana continua a crescere e questo di,co del percussionista napoletano Tony Esposito lo dimostra ampiamente. Pur essendo al suo primo disco, Esposito è già piuttosto noto per essere stato il validissimo partner di Alan Sorrenti e per aver collaborato con personaggi del calibro di Bennato e di ·Guccini, oltre che per le sue numerose apparizioni in varie altre sedi. Pertanto che fosse un eccellente percussionista era già risaputo, ma con questo primo esperimento discografico in proprio dimostra di avere notevolissime possibilità creative, riuscendo, cosa molto difficile, a far emergere le percussioni dai ristretti confini dell'accompagnamento fino a farle diventare protagoniste. Dimostra inoltre il suo pieno controllo sull'organizzazione dei suoni e nel- ]'« invenzione » dei pezzi (il termine « comporre » sarebbe improprio in questo caso); tutte cose in cui, in genere, i percussionisti sono limitati. E' evidente quanto Esposito abbia fatto tesoro dell'esperienza con Sorrenti, ed anche l'importanza sostanziale di Paul Backmaster presente come co-arrangiatore e tastierista in due pezzi: « Rosso napoletano », la lunga suite che occupa interamente la prima facciata, e in « Venditore di elastici». Buckmaster è notoriamente nu tecnico della sperimentazione, un professionista eccezionale, oltretutto estrema-
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