un gradino più sù. I Wishbone risentono forse ancora un po' troppo di espedienti da· palcoscenico nella loro struttura sonora anche se molti progressi in questo senso possono essere rilevati dal pur pregevole Wishbone Four. In questo album vediamo dissiparsi molti dubbi sul professionismo dei quattro e tutto il tappeto sonoro appare piì:1 intenso e colorito anche per quanto riguarda i caratteristici riffs strumentali che ci sono sempre apparsi un po' demodé e che qui diventano invece veicolo interessante tra una parte melodica e l'altra. La musica dei Wishbone appare qui spazializzata ma sempre in seno ad un discorso netto e curato con particolare abilità specialmente nel fondere l'acustico con l'elettrico. I brani, in tutto sei, sono sempre piuttosto centrati e questa assenza di evidenti « pecore nere » è un altro punto a favore dell'acquisito professionismo della band. Le interpretazioni di Andy Powell, alla voce oltre che alle chitarre e al mandolino, indicano uno studio per raggiungere la padronanza del mezzo d'espressione che finalmente lo sbarazza delle influenze di altri cantanti inglesi sempre presenti negli altri L.P. Danilo Moroni Steppenwolf Slow flux CBS I tempi di The Pusherman e Born To Be Wild sono passati e in tutti i sensi. Non che quel tipo di musica fosse mai la nostra preferita ma quei brani riferiti al particolare momento storico di tutto il movimento jntorno al rock potevano avere, anche nel loro vestito cosi hard, un qualche senso di ribellione a un sistema anche se già allora (vedi Easy Rider) non era il nostro. Tutto quel viaggio ha oggi ormai avuto la sua apoteosi e il calo precipitoso dopo il miraggio di Woodstock e oggi assai più di ieri certi fenomeni musicali come lo hard a tutti i costi degli steppenwolf appaiono sforzati ed è sempre più difficile individuare motivi ispiratori sempre ammesso che esistano. Ritorni come questo sono un po' tristi e ci ricordano che non tutte le mode nuove in musica, come furono al tempo gli Steppenwolf in America, sono destinate a diventare magari anche serio artigianato. L'album è stanco e i cinque sembrano nella scelta dei brani coscienti di andarsi a rivolgere ad un pubblico differente da quello del loro momento d'oro: un pubblico di discoteca che vuole musica per ballare. Danilo Moroni Neu: Neu (United Artist) Il suono tedesco dell'elettronica: musica psichica e dalla parola metallica, tagliente e cerebrale. Neu sono la rappresentazione scenica dell'avanguardia elettroacustica applicata al rock iterativo e sconvolto, il rock gelido di cadenze costanti e dure, quel suono che sa partire dal corpo per giungere al cervello per via arteriosa e in silenzio... il rock del pericolo per la sanità borghese. Data di nascita Dicembre '71 quadro 47 Amburgo personaggi Klaus Dinger e Michael Rother ... foglie distaccate dal primo albero Kraftwerk e ricordi di una musica ancestrale eppure elettronica sino nei recessi del respiro fatto di generatori ed oscillatori: un primo album; questo che è lo stesso rock elettronico dei Can e dei migliori Hawkind, suoni dal sapore acre, maschere di liberazione sonora e lo scrollarsi di dosso i vermi del sistema. Suites lunghe e velenose, minuti strappati ali'inconscio ed inghiottiti nella spiritualità vera ... ipnosi realtà coerenza di una libertà politica e sociale non conquistata per caso lotta di classe per dar vita al suono di classe e contro i ghetti: mezzi elettronici e notti di Amburgo passate negli studi, nei tempi dello splendore della prima Germania, Amon Duul e Can, Berlino e le comuni ... quando ancora la rivoluzione era per strada ... non ancora nel delirio cosmico di menti intergalattiche e troppo sapienti. Musica prematura e forse un po' informe. Ma vera. Guess Who: Flavours (RCA) M. R. Gruppo canadese osannato e noto anche negli stati, giusto per il linguaggio easy e distensivo, Guess Who alle prese con suoni anni '50 e con il ricordare sinceramente Gram Parsons « Seems like I Can't Live with You, But I Can't Live Without You » e certe frasi di country rock gradevole, nulla più. M. B. B. Royal Philarmonic Orchestra The Orchestrai Tubular Bells (Virgin) Amanti di Tubular Bells allegri! Ecco una nuova forma per ascoltare la ormai familiare sinfonietta di Mike Oldfield che solo un anno fa lasciava interdetti critici e ascoltatori e faceva insistentemente parlare di genio. In realtà quella musica ha resistito assai bene alla usura e si è rivelata colonna sonora congenialissima ai momenti di rilassamento. A poco a poco l'orecchio ha cominciato a legare tra loro i vari movimenti e ora riusciamo a canticchiarla mentalmente quasi dall'inizio alla fine. Abbiamo potuto familiarizzare con l'esecuzione di Mike ai vari strumenti e magari analizzare un po' meglio lo charme dell'opera che pure ha molti difetti di frammentarietà. Bene, se Tubular Bells ha una sua bellezza che si fa perdonare abbondantemente le spezzettature questa sta nello spirito un po' incantato, nella spiccata attitudine naif dell'autore che ha messo insieme queste melodie molto semplici spesso e le ha suona te godendole lui per primo, con la serietà di certi giochi infantili. Ora ecco arrivare la versione per orchestra, come una volta fu per Tommy ma molto più in fretta rispetto all'uscita dell'originale. La Royal Philarmonic diretta da David Bedford con l'aggiunta di Mike alla chitarra esegue nota per nota tutte le differenti arie e i risultati sono a volte interessanti anche
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