Gordon Gay Il fumetto fra i vent'anni (o poco più) di oggi lo ricordiamo in pochi credo. Anzi: nessuno nella sua veste originale che data molti anni prima. Tuttavia un po' grazie a una ristampa limitata della fine degli anni '50, un po' per il fumetto-revival dedegli anni '60 la fama di Flash Gordon è arrivata un po' a tutti, anche se spesso come un nome, qualche drago, spaziale e qualche svenimento di Dale Arden. In questa situazione di fatto il film uscito in questi giorni (Flash Gordon: andata e ritorno dal pianeta Porno) manca un po' il centro. Ci sembra infatti che dal continuo confronto fra il modellofumetto e il modellato-film escano alcuni eleementi non marginali, che riscattano il film dalla leziosità e dalla facile moda erotico-comica. Il fumetto, poteva ben essere interpretato come uno dei tanti aspetti tipici dell'america, e cioè un'ode più o meno sperticata alla funzione di poliziotti del mondo che gli eserciti americani si arrogano da più di mezzo secolo. Il mondo nel fumetto è extra-terrestre, ma non è strano che il perfido Ming, imperatore di Mongo, sia « giallo »? E già il nome del pianeta (Mongo), ricorda molto la mongolia, i mongoli, cioè ancora i « gialli » subdoli e cattivi. Ma il biondoariano americano rimette le cose a posto: muscoli d'acciaio, volontà di ferro, aspirazioni piccolo-borghesi, impone la « sua » legge a quei popoli. Ci voleva il Viet-Nam per dimostrare anche all'americano medio che questa funzione imperialista non paga e soprattutto, non è richiesta. Ma nel fumetto di Raymond l'americano medio si identifica invece prepotentemente nel fustacchiotto-ariano in quella sorta di miscuglio fra 42 ammirazione, invidia, paura e amore propriamente sessuale che è caratteristica, quasi luogo comune del successo del divo americano. Da questa breve delineazione della figura del Gordon di carta, risultano almeno tre livelli a cui il Gordon di celluloide si contrappone: uno ideologico, uno d'occasione, uno che potremo definire « formale ». Cominciamo dall'occasione: un viaggio compiuto su una astronave pe.r raggiungere il pianeta Porno e distruggere la sorgente dei sex-raggi, raggi di cui è periodicamente investita la terra e che genera una sorta di irrefrenabile parossismo sessuale. Il pianeta Porno a cui i nostri (Gordon con una Dale scialbetta e il professor Vaffa) approdano dopo una serie di gags più o meno riuscite è tiranneggiato dal perfido Wang (parola dagli osceni significati in Inglese): un pianeta completamente fondato sul sesso. Con l'andare della storia, che non stiamo qui a riassumere, si vengono a scoprire due comunità clandestine: l'una di amazzoni più o meno saffiche, l'altro di arcieri decisamente omesessuali. E qui ci sembra che si inserisca, se non forziamo troppo, l'aspetto ideologico. Poiché proprio questa ultima comunità è scelta a rappresentare il « buono », l'attore positivo del film. Il racconto è tutto punteggiato da questa contrapposizione: da una parte gli eterosessuali « cattivi » quasi costretti da una condanna (davanti al trono di Wang si svolge una continua orgia che ha tempi tutti suoi e dà un senso di noia e di azione coatta) clall'altra gli omosessuali « buoni » che vivono nelle foreste, in comunità e semplicità (e qui quasi un accenno pasoliniano ...). A leggere il film in questa chiave non colpisce affatto la frase finale del principe Pirla (capo della comunità di arcieri) che suona come un auspicio a un universo pacificato in cui ognuno sia libero di amare secondo le proprie naturali inclinazioni. Al razzismo del fumetto originale si contrappone l'antirazzismo del film, una sorta di invito alla tolleranza sessuale. Un'ultima « parodia » come si diceva, quella formale, è decisamente la parte peggiore del film. O meglio: mentre la fotografia, il colore, gli abiti e la recitazione, colpiscono il bersaglio quasi sempre, il doppiaggio, per non dirne che uno, o la scelta dei nomi ci sembra decisamente al di là del buon gusto. Non abbiamo visto la versione originale: ignoriamo se il cattivo gusto sia del regista o del doppiaggio: rimane il fatto che si evitasse, al pari di tutti i paesi del mondo, di doppiare i film certi problemi non sorgerebbero. Così il mostro che parla in siciliano (e il razzismo uscito dalla porta rientra dalla finestra nel dialetto usato come elemento oggettivamente comico o ritenuto tale), i nomi decisamente sforzati per una lingua così priva del senso della metafora qual'è la nostra. G.P.
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