Muzak - anno III - n.01 - aprile 1975

Perilmovimento, contro l'establishment Movimento (o movement, se preferite) è parola abusata. E tuttavia mai come oggi in Italia questa parola assume contorni reali. Li assume in rapporto strettissimo agli avvenimenti: dall'esplosione della questione-aborto alla riforma della Rai-Tv, dai decreti delegati al voto ai diciottenni, a (e scusate la presunzione) la nuova apparizione di muzak. Un movimento, cioè, non definito strettamente ma esistente: un'area vastissima la cui parola d'ordine è: gestiamoci la cultura, la morale, la vita. E' cosl che in attivo e in positivo, siamo particolarmente felici dell'uscita di un libro interamente dedicato al femminismo. Ma il femminismo non riguardato come « fenomeno da sociologi » ma visto dall'interno, un femminismo che si esprime e vive (è la parola) la sua dimensione di qualcosa che esiste nel concreto. Parliamo di La poesia f emminista (a cura di M. Gramaglia e N. Fusini - Ed. Savelli - pagg. 304 • L. 1.800) una raccolta di poesie anglo-americane e francesi di femministe, di donne. Dall'introduzione: « non è dunque poesia letteraria, ma poesia " culturale " nel senso antropologico della parola, poesia che ti definisce e ti esprime. E queste poesie sono senza dubbio frutto di una donna nuova». Ma dov'è la « novità » di questa donna? Nel fatto che parla dei suoi rapporti sessuali, dei suoi rapporti omosessuali, delle sue frustrazioni, dell'invidia del pene? Certo, anche in questo. Ma soprattutto ciò che stupisce in questa antologia è il modo in cui questa « donna nuova » parla di queste « vecchie cose». Un modo che si pone anche !etterariamente come « altro ». Perché questa donna che la Gramaglia e la Fusini scelgono « è una donna che ha scoperto, prima del femminismo, e poi di più e meglio con il femminismo, la sua alterità rispetto ai parametri della società di classe » (intr. pag. 9). Quel che è detto e il modo in cui è detto sono in questo libro un tutt'uno: è in questo senso, secondo noi, che questa antologia è nuova. Qualcuno ha scritto che in questa antologia non c'è il senso della poesia. Chi? Un uomo, neanche a dirlo. Un critico, cioè, che ha della poesia un concetto metasociale, un concetto che non gli fa nemmeno lontanamente intravedere la possibilità che gli oppressi creino un'antipoesia. In cui il linguaggio non sia quello sterotipo della poesia tradizionale ma si ponga nuovo in ogni parametro. E così: Sai ho detto a Mark sono infuriata con te. No dice lui sei stufa. Lui faceva il ritratto a Bred addormentato sul letto. Si dissi io sono proprio stufa perdio. Mi sedetti vicino al fuoco tirai fuori i piedi per scaldarli. Cristo pensai tu pensi che sia facile. Eccoti lì l'innocenza in persona. non gli dissi nient'altro. (pag. 87) O ancora: Bimba faccia di luna con braccia di cocaina diciannove estati diciannove amanti angelo apprendista dei drogati conversa dell'umanità penitente sorella nella marijuana sorella nell'hascisc sorella nella morfina (pag. 213) 41 Che come il titolo « Blues per sorella Sally » ha la cadenza classica del blues, cioè di « poesia degli oppressi ». Ma non per questo una poesia ingenua, naif o irrazionale. Ché anzi per tutta l'antologia serpeggia un'impressione ambigua: da una parte i modelli di poesia « impegnata » (Brecht e ancor più Hikmet vengono in mente subito), a volte affiora la poesia « popolare » soprattutto quella negra, a volte ancora si hanno delle esplosioni di raffinatezza poetica che riportano con immediatezza a un altro grande oppresso in cerca di liberazione, a Rimbaud. Un linguaggio dunque per lo più originale, in cui i riferimenti che si son fatti corrispondono più che a coordinate letterarie a coordinate culturali, appunto nel senso antropologico e sociologico della parola. (G. P.) Tra abbondanza e compromesso di Roberto Faenza (Feltrinelli - pagg. 280 - L. 3.000) mette in luce, in una analisi comparata, l'uso dei mezzi di i:omunicazione di massa in vari paesi. Un libro utile, ma diseguale; divertente ma, all'atto pratico, più riassuntivo che propositivo. Carente, soprattutto, l'analisi della situazione italiana: che ci siano dei procedimenti ormai canonici nell'impossessarsi dei mezzi di comunicazione di massa e nel gestirli, non c'è dubbio. Più dubbio è, semmai, che aggiunga qualcosa di nuovo il puro « teorizzare ». In sostanza si tratta di un libro pieno di spunti, quasi una « scaletta », non sufficientemente rimpolpata però di dati e fatti incontrovertibili. L'umore polemico-satirico di Faenza, messo in luce nell'agile Fanfan la Tivù, qui si stempera in una promessa di controinformazione che poi non viene sufficientemente mantenuta. Purtuttavia si tratta di un manuale utile, come punto di partenza. • la fel111inis1a

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